Quanta strada da quel 1896

da | Gen 14, 2019 | Informazione vincenziana, Uncategorized | 0 commenti

Nell’aprile 1896, il vescovo di Luni Sarzana Giacinto Rossi approvava il primo regolamento delle ‘Dame di carità’ della città di Spezia, primo nucleo del volontariato vincenziano ufficialmente istituito in una città che stava affrontando, nel quadro di una crescita turbinosa, problemi sociali di drammatica rilevanza.

Il regolamento disciplinava con precisione finalità e modelli operativi di una istituzione associativa che, sulla base del carisma di San Vincenzo de’ Paoli, intendeva operare – così sottolineava il vescovo – “per modo che la carità discenda come una pioggia benefica continuamente e regolarmente sul terreno arido e desolato della miseria”.
Centoventitrè anni dopo, quelle pagine e la lunga storia che ne è scaturita venivano in mente, domenica 6 gennaio, mentre il vescovo di La Spezia, Luigi Ernesto Palletti, consegnava l’annuale “premio della solidarietà” al gruppo vincenziano “Colazioni con il sorriso”, che opera da alcuni anni presso la parrocchia e l’oratorio salesiano di via Roma.

Facendo proprio quel “sorriso” del nome, e del logo dell’associazione – ideale simbolo di un “cuore antico” –, veniva da soffermarsi su quanta strada sia stata percorsa da quel 1896, e come siano cambiate le condizioni stesse per vivere, in una simbiosi felice, il duplice carisma spirituale e solidale di san Vincenzo e di san Giovanni Bosco. Perché una cosa è certa: se le “dame di carità” non ci sono più con quel nome, ed al loro posto, nel caso in questione, si vedono volontari giovani e meno giovani, uomini e donne, con gli indumenti “casual” della vita di oggi, di sicuro non sono venute meno le esigenze sociali alle quali già due secoli or sono si doveva far fronte. I “buoni” da consegnare, diceva il regolamento del vescovo Rossi, “saranno sempre di soccorsi in natura: pane, pasta, carne, vino, latte”. A quei bisogni, purtroppo tuttora diffusi, la vita dei nostri tempi ne aggiunge altri, quali la possibilità di usufruire di una doccia, di un taglio di capelli, di un deposito bagagli.

Ma soprattutto, il gruppo coordinato da Anna Iavazzo cerca, anche negli aspetti esteriori e per così dire logistici, di offrire ai senza tetto o comunque a quanti hanno pesanti difficoltà di vita, e a loro manca una casa in tutti i significati del termine, la possibilità di un ambiente sereno, dove trascorrere un po’ di tempo con calma e con amicizia: “il sollievo dei corpi – diceva ancora il regolamento del 1896 – deve essere ordinato alla salute delle anime … Il fine che era nella mente di san Vincenzo de’ Paoli quando istituiva l’associazione era quello di sollevare le anime beneficando i corpi”. Il tutto, ovviamente, con quella discrezione e con quel rispetto che sono quanto mai necessari in una società pluralista e composita come quella di oggi.

Il collegamento con i salesiani – rappresentato domenica scorsa dalla presenza del parroco don Mirko Mochi come concelebrante alla Messa – rimanda anch’esso a pagine importanti della storia religiosa e civile della città. Spezia, nel secondo Ottocento, era passata in pochi decenni dai diecimila abitanti di prima dell’Arsenale a quasi centomila. In più, negli anni Ottanta era stata flagellata dal colera. Il piccolo nucleo urbano della storia più antica si era ingrandito a dismisura, con problemi enormi di carattere igienico–sanitario ed anche morale. Don Bosco, non a caso, mandò qui i suoi “pretini”, dove poi sono rimasti sino ad oggi, sin dal 1877, in uno dei primi nuclei di apostolato giovanile al di fuori del Piemonte. Bisognava unire le classi sociali già presenti (cui appartenevano ad esempio molte delle “dame di carità”) con quelle nuove, in piena espansione. Anche oggi Spezia sta cambiando, forse anche più di allora.

Pensare che il luogo voluto da don Bosco come perno della risposta spirituale ed etica alla complessità sociale rappresenti ancora oggi, insieme a numerosi altri, l’aggiornamento di tale risposta – anche attraverso le “colazioni col sorriso” – non può non essere considerato un valore esemplare per tutti, credenti e non credenti. Lo ha sottolineato, il direttore della Caritas don Luca Palei leggendo la motivazione del premio, reso possibile, come ogni anno, dal generoso contributo del Lions club “Host”. Proprio la Caritas costituisce oggi il terminale primo di una rete diffusa di solidarietà che, spesso nel silenzio, opera, come si dice, H24, senza interruzioni. Salesiani e vincenziani vi sono integrati in pieno. E non è un caso che Spezia esprima oggi, con Gabriella Raschi, ugualmente presente domenica, la presidente nazionale dei Gruppi di Volontariato Vincenziano AIC Italia.

Premio ” Solidarietà 2018″ al Gruppo di Volontariato Vincenziano “Colazioni col sorriso”

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