Accogliere lo straniero

Il tema dell’anno giubilare del carisma vincenziano ci accompagna per tutto l’anno. La rappresentazione di San Vincenzo, in un quadro che si trova a Parigi nella chiesa di Saint-Nicolas-des-Champs, ci mette immediatamente di fronte a questo argomento.

Accogliere lo sconosciuto

Vincenzo accoglie un povero, un uomo vestito di stracci, appoggiato a una canna e lo conduce dall’altra parte della strada. L’intero atteggiamento di San Vincenzo esprime invito, apertura, accoglienza e affetto. Il suo volto è completamente rivolto verso il povero, che guarda anche negli occhi di Vincenzo; i loro occhi si posano l’uno sull’altro. L’uomo sembra esausto e pare alla fine delle sue forze. Se la carrozza sullo sfondo, dove la porta è aperta, è pronta per questo povero non è chiaro; ma dall’atteggiamento di San Vincenzo cogliamo la sua disponibilità a portarlo in casa sua in carrozza.

“Accoglienza allo straniero” – qui siamo di fronte ad uno straniero per molte ragioni: uno sconosciuto, un malandato, un povero e impotente che viene da un altro “mondo”. Essere stranieri può avere molti volti, anche oggi! Vincenzo non ha alcun contatto precedente. Non si ferma a parlare, ma lascia che sia il suo cuore a parlare. L’amore diventa in lui azione, perché ha preso sul serio il mistero di Cristo che possiamo incontrare in ogni uomo, anche quando il suo volto è disfatto e irriconoscibile. “Vincenzo de’ Paoli ha vissuto quello che scrive l’apostolo Giovanni: “Figlioli, non amiamo a parole né con la lingua, ma con i fatti e nella verità“.(1 Gv 3,18)

Papa Francesco scrive nel suo messaggio sulla prima Giornata Mondiale dei Poveri il 19 novembre 2017:

1. Queste parole dell’apostolo Giovanni esprimono un imperativo da cui nessun cristiano può prescindere. La serietà con cui il “discepolo amato” trasmette fino ai nostri giorni il comando di Gesù è resa ancora più accentuata per l’opposizione che rileva tra le parole vuote che spesso sono sulla nostra bocca e i fatti concreti con i quali siamo invece chiamati a misurarci. L’amore non ammette alibi: chi intende amare come Gesù ha amato, deve fare proprio il suo esempio; soprattutto quando si è chiamati ad amare i poveri. Il modo di amare del Figlio di Dio, d’altronde, è ben conosciuto, e Giovanni lo ricorda a chiare lettere. Esso si fonda su due colonne portanti: Dio ha amato per primo (cfr 1 Gv 4,10.19); e ha amato dando tutto sé stesso, anche la propria vita (cfr 1 Gv 3,16).

Un tale amore non può rimanere senza risposta. Pur essendo donato in maniera unilaterale, senza richiedere cioè nulla in cambio, esso tuttavia accende talmente il cuore che chiunque si sente portato a ricambiarlo nonostante i propri limiti e peccati. E questo è possibile se la grazia di Dio, la sua carità misericordiosa viene accolta, per quanto possibile, nel nostro cuore, così da muovere la nostra volontà e anche i nostri affetti all’amore per Dio stesso e per il prossimo. In tal modo la misericordia che sgorga, per così dire, dal cuore della Trinità può arrivare a mettere in movimento la nostra vita e generare compassione e opere di misericordia per i fratelli e le sorelle che si trovano in necessità. [ Messaggio di Sua Santità Papa Francesco, Prima Giornata Mondiale dei Poveri , n. 1 ].

“Accogliere lo straniero” – questo invito non solo si riferisce a chi è “straniero” per noi, ma ci permette anche di guardare dentro noi stessi, per così dire. Non siamo anche noi,  a volte,  stranieri? Non solo quando viaggiamo in un altro paese, ma anche nel nostro paese? La nostra abitudine, la nostra diversità come Consacrati, come Laici impegnati, talvolta “estranei”, anche in un ambiente familiare? Come ci vedono le persone che “non hanno niente a che fare con la Chiesa”? Ci sentiamo accolti in tali situazioni? Possiamo sopportare tali situazioni? Forse tali riflessioni ci aiutano a interiorizzare la “stranierità”, a sentirci come loro, e poi ad affrontare le persone e le situazioni in modo diverso.

Un altro aspetto di questo argomento, che vorrei ancora sottolineare, è il seguente: non sono forse straniero a me stesso? Non ci sono situazioni, esperienze, eventi dopo i quali non mi riconosco più, sono estraneo a me stesso? Quanto è importante quando qualcuno mi accetta nel mio essere straniero (mi accoglie) e mi aiuta ad accettarmi; tutto ciò aiuta a sperimentare la propria “stranierità”come opportunità e sviluppo. Questa esperienza può essere utile nella propria vita, per capire altre persone “straniere” e accompagnarle anche sul loro cammino verso se stessi. Essere stranieri ha molti volti per me! Non sono solo i visibilmente poveri che possono essere estranei a me, ma anche persone che sono straniere a se stesse, a cui anche “l’accoglienza allo straniero” vale. Incontrare tutti con cuore aperto è una sfida costante del nostro essere in Cristo.

Nella sua lettera alla Giornata Mondiale dei Poveri, Papa Francesco elogia una cultura così accogliente e vissuta:

Benedette le mani che superano ogni barriera di cultura, di religione e di nazionalità versando olio di consolazione sulle piaghe dell’umanità. Benedette le mani che si aprono senza chiedere nulla in cambio, senza “se”, senza “però” e senza “forse”: sono mani che fanno scendere sui fratelli la benedizione di Dio [n. 5].

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