TORINO. I tagli ai fondi statali per il sociale, decisi con l’ultima manovra finanziaria, mettono in discussione il futuro dei servizi e degli interventi sociali.

Scorrendo le cifre relative al 2011, i tagli risultano eclatanti: quest’anno saranno destinati circa 300 milioni di euro al Fondo nazionale per le politiche sociali (quello che serve a finanziare la rete integrata dei servizi sociali territoriali). Nel 2009 il bilancio di previsione per i fondi statali di carattere sociale superavano nel complesso i 2 miliardi e 500 milioni. È stato completamente azzerato il Fondo per la non autosufficienza (finalizzato a garantire su tutto il territorio nazionale l’attuazione dei livelli essenziali delle prestazioni assistenziali in favore delle persone non autosufficienti).

Ridimensionate di oltre il 70 per cento rispetto al 2010 le risorse da destinare a politiche famigliari, poco più di 50 milioni, con buona pace di tanta retorica sulla necessità di un welfare più attento alle esigenze delle famiglie. Non va meglio per le politiche giovanili, che subiscono una riduzione di fondi superiore al 60 per cento, mentre il fondo per l’inclusione sociale degli immigrati era già stato azzerato nel 2010.

«La crescita dei problemi sociali non sta solo nei tagli alle politiche sociali ma nel modo in cui i problemi vengono affrontati -sottolinea don Luigi Ciotti-. Nel migliore dei casi con “soluzioni tampone”, che agiscono sui sintomi ma non sulle cause. Nel peggiore con la rimozione, la distorsione, la demagogia. Sull’immigrazione e sul carcere stiamo assistendo a un’impressionante deriva del disumano. Va ribadito che solo le politiche sociali, culturali, educative sono l’antidoto più forte all’emarginazione e quindi spesso alla delinquenza. E’ questo scatto culturale che chiediamo».

«Queste cifre al ribasso -commenta Roberto Camarlinghi, vicedirettore di Animazione Sociale, la rivista che ha organizzato la due giorni di riflessione sul futuro del lavoro sociale- hanno ricadute pesanti sulla vita di molte persone, in particolare sulle vite più fragili. C’è il rischio che i bambini maltrattati o abusati non vengano più inviati nelle comunità di accoglienza perché mancano i soldi per pagare le rette. O che gli anziani non autosufficienti vedano drasticamente ridotti i servizi di sostegno domiciliare».

È importante oggi capire come non arrendersi a questa progressiva erosione dei diritti delle persone a ricevere un sostegno nei momenti di difficoltà della vita. Tanto più in un periodo in cui i cittadini dovrebbero poter contare su una rete di servizi territoriali per affrontare le conseguenze della crisi economica. Per dar voce alla vitalità di questo mondo (fatto di comunità di accoglienza, di cooperative sociali di inserimento lavorativo di persone svantaggiate, di servizi sociali contro il disagio e la povertà… gestito dall’Ente pubblico come dal Terzo settore), che ogni giorno è concretamente vicino alle persone nell’aiutarle a far fronte alle difficoltà del vivere oggi, la rivista Animazione Sociale ha promosso due giorni di confronto e di scambio di pensieri e saperi.

«Non possiamo, come sociale -prosegue don Ciotti- accettare di continuare nel ruolo di “tappabuchi”, delegati a una solidarietà che non incide sulle cause profonde dell’ingiustizia. Solidarietà e giustizia sociale sono indivisibili, devono saldarsi nel segno dei diritti e della Costituzione, carta da trasformare in “carne”, vita quotidiana e legame sociale».

L’Appuntamento nazionale, dal titolo “E’ ancora pensabile un futuro del lavoro sociale? Idee per non arrendersi a un tempo di scarsità”, intende rilanciare il valore del welfare, che è fattore di coesione sociale, di sviluppo economico e fondamento di democrazia. Di fronte al preoccupante aumento delle diseguaglianze nel nostro Paese, è fondamentale non tagliare ma investire in politiche sociali capaci di tutelare la dignità di tutti i cittadini. Scongiurando il ritorno della beneficenza e della carità o l’estendersi di politiche di tolleranza zero per chi vive situazioni di marginalità sociale.

Consapevole del periodo di difficoltà attuale, Animazione Sociale ha proposto due giorni di confronto tra quanti lavorano e sono impegnati nel sociale (assistenti sociali, educatori, psicologi, amministratori pubblici, volontari e non solo. Per costruire una analisi del momento presente e mettere a fuoco idee per pensare un futuro del lavoro e dell’impegno sociale.

Il convegno si è svolto nei giorni 27 e 28 maggio al Cinema Massimo di Torino (via Verdi 18). Sono intervenuti Chiara Saraceno (sociologa dell’Istituto di scienze sociali di Berlino, editorialista de “la Repubblica”), Nadia Urbinati (politologa, docente di scienze politiche alla Columbia University di New York, editorialista de “la Repubblica”), Franca Olivetti Manoukian (psicosociologa dello Studio Aps di Milano), Nerina Dirindin (docente di Economia pubblica all’Università di Torino), Eleonora Artesio (ex assessore alla Sanità della Regione Piemonte), don Luigi Ciotti (presidente del Gruppo Abele e di Libera), Eugène Enriquez (psicosociologo, docente emerito dell’Università di Parigi VII), Pietro Buffa (direttore del carcere “Lorusso e Cutugno” di Torino), Leopoldo Grosso (vicepresidente del Gruppo Abele), Piergiorgio Reggio (pedagogista dell’Università Cattolica di Milano), Giulio Caio (pedagogista dell’Università di Bergamo), Francesco d’Angella (psicosociologo dello Studio Aps di Milano), Franco Floris (direttore della rivista Animazione Sociale).

Fonte: www.volontariatoggi.info

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