Carissimi ho pensato di scrivere questa riflessione su il Triduo Pasquale, per aiutarvi a vivere le celebrazioni più importanti dell’anno liturgico.
Oggi è il giovedì santo e, in ogni comunità parrocchiale, monastica e dove ci siano persone che non possono partecipare perché impedite da malattie ( ospedali, case di riposo) ci si riunisce per celebrare l’eucaristia nella cena del Signore.
La chiesa non ripete la cena pasquale ebraica, ma attualizza, con parole e gesti la presenza, al suo interno, del Risorto: presente nell’assemblea celebrante, nella parola proclamata, nel pane e nel vino che lo Spirito Santo, inviato dal Padre, su richiesta dell’assemblea celebrante, che si esprime con le parole di colui che la presiede, trasforma nel corpo e sangue del Cristo risorto.
Inoltre nel l’eucaristia solenne del Giovedì santo è inserito il rito della lavanda dei piedi.
Chiediamoci: siamo disposti a servire nella chiesa? Siamo disposti ad occupare, come Cristo, l’ultimo, posto, la pietra scartata, nella liturgia simboleggiata dalla mensa?
Oppure, nella comunità parrocchiale o religiosa, cerchiamo disperatamente di sedere ai primi posti, di dominare gli altri e, per raggiungere i propri scopi si è disposti a tutto, anche alla menzogna?
Così, come ho scritto nella Lectio di domenica scorsa, se viviamo abitualmente l’eucaristia come il segno del nostro servizio alla chiesa, al seguito del Cristo povero ed umile, non soccomberemo nei momenti della difficoltà.
Altrimenti ci si troverà ad impersonare i vari personaggi che nella Passione, per paura, per buon senso e per tornaconto, tradirono Gesú. La liturgia della Passione del Venerdì santo ci pone questi interrogativi e, solo rispondendo a tali domande, possiamo celebrare con verità la grande veglia pasquale, in cui – tramite parole e gesti – diciamo che, ogni giorno, nel volto dei fratelli, incontriamo Cristo risorto.
Il cero pasquale che entra trionfante in chiesa al quale ci accodiamo e dal quale accendiamo il nostro lume, è segno della sequela al Cristo, che è diventato il punto di riferimento della vita.
Così il Cristo che si presenta nella parola proclamata mi ricorda: sono un uditore della parola? Sono una persona che la mette in pratica?
Infine la liturgia battesimale: il battesimo è l’inserimento nella chiesa in cui ci si impegna a vivere il vangelo. In che misura pongo in atto gli impegni del battesimo?
Oppure il battesimo è stato un gesto tradizionale, un fatto culturale?
Ecco che cosa può suscitare la celebrazione del Triduo Pasquale. Un cristiano che vive un cammino serio, è consapevole che non può non essere presente a queste celebrazioni fondamentali della vita cristiana.
Auguri pasquali a tutti.
Riflessione sul Triduo Pasquale, di p. Giorgio Bontempi c.m.
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