Non è solo “una mia piccola idea”, come modestamente la chiama il Guardasigilli Paola Severino, è già un progetto concreto su cui è al lavoro il vertice delle carceri italiane.
Che potrebbe impegnare, come conferma il direttore del Dap Giovanni Tamburino, tra i cento e i duecento detenuti. Dell’Emilia-Romagna, ma non solo. Potrebbe diventare operativo in sette – dieci giorni.
A Bologna nel penitenziario della Dozza, dove il ministro della Giustizia fa tappa nella sua visita alle carceri colpite dal terremoto, racconta come “la popolazione carceraria potrebbe diventare protagonista di un’esemplare ripresa”.
Condannati in via definitiva, “già in semi libertà e non pericolosi” precisa subito, verrebbero utilizzati per contribuire alla ricostruzione post-sisma. Com’è successo a Roma, seppellita lo scorso inverno dalla neve, dove sei detenuti, abbigliati in arancione, furono ripresi da Repubblica Tv mentre pulivano la scalinata del Campidoglio.
Dice Severino: “Ho sempre pensato che il lavoro carcerario sia una risorsa per chi sta in cella, un vero modo per portare queste persone a risocializzare e a reinserirsi nella società”. Il terremoto, per il ministro, può essere “l’occasione giusta”. Quasi a prevenire le obiezioni di chi è contrario, Severino fa l’esempio del carcere di Bologna dove verrebbero ovviamente esclusi i 101 reclusi che oggi si trovano in massima sicurezza in quanto pericolosi, mentre verrebbero considerati come candidati al lavoro esterno i 246 tossicodipendenti e gli extracomunitari.
Il Guardasigilli racconta che giusto durante la sua visita lungo le celle, dove ha trovato persone “serene e motivate”, uno ha lanciato la proposta “di essere mandato a lavorare nella ricostruzione”. Idea che aveva avuto, scrivendole una lettera, anche un gruppo di carcerati di Civitavecchia.
Inevitabile una voce contraria, quella del leghista Roberto Calderoli, che agitalo spauracchio di “far uscire persone pericolose” e propone invece di “far tornare dalle varie missioni all’estero le migliaia di nostri soldati”. In compenso si registrano opinioni a favore come quelle dei finiani Fabio Granata e Giuseppe Consolo. Ma soprattutto c’è l’adesione piena del direttore delle carceri Tamburino e dei magistrati di sorveglianza, che saranno i primi “controllori” di chi esce.
Dice Tamburino”: “Il mio giudizio è pienamente positivo. È realistico pensare a piccoli gruppi di lavoro”. Partirà immediatamente il monitoraggio su chi può uscire, sulla provenienza, su come saranno controllati i singoli gruppi, su quanti agenti saranno necessari. Aggiunge Tamburino: “I presupposti giuridici ci sono: le regole della semilibertà e quelle che disciplinano il lavoro esterno”.
Delegati i magistrati di sorveglianza a sobbarcarsi onere di “scegliere” chi può uscire e chi no. Dice il presidente della sezione dell’Emilia-Romagna Francesco Maisto: “Con la direttrice di Modena Rosalba Casella ci stavamo già muovendo in questa direzione e ci ha fermato solo l’ultima scossa. Bisogna però rassicurare l’opinione pubblica, i detenuti usciranno a squadre, dove l’uno controlla l’altro”. Tutti insistono, nessuno sarà “pericoloso”.
Severino, del resto, ha voluto sfidare l’umore anti-detenuto che pur si respira, soprattutto mentre si continuano a verificare episodi di sciacallaggio nelle case abbandonate. Lei invece annuncia di aver dato disposizione di “lasciare le celle aperte”. E spiega: “Una cosa è reggere all’emozione di una scossa, un’altra è quella di un continuo scuotimento che tutte le notti accompagna chi è dentro”. Ancora: “Non possiamo aggiungere anche l’angoscia della claustrofobia”. Quindi detenuti liberi di muoversi all’interno dei penitenziari nelle zone del terremoto.
Non solo: via anche i reclusi in manifesto eccesso, 350 tra gli ospiti della Dozza e della casa di Modena saranno trasferiti altrove. Allo stesso modo sarà potenziato l’organico degli agenti di custodia “in modo da dare turni di riposo più rasserenanti che consentano di stare vicino alle famiglie”. Chiosa Severino: “È quello che si può fare dal punto di vista umano di fronte a un fenomeno sovrumano”.
Liana Milella – La Repubblica, 5 giugno 2012
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