India. La notte del 2 dicembre scorso, nelle stesse ore in cui 25 anni fa avveniva la perdita di gas velenoso dall’impianto della ‘Union Carbide’, una fiaccolata con centinaia di persone ha marciato per Bhopal chiedendo giustizia per le vittime rese invalide dal più grave incidente industriale della storia. Si stima che almeno 3500 persone in quelle ore e 20.000 nei giorni seguenti morirono avvelenate dalla nube di gas metilisocianato, formatasi per il riversamento di acqua in un serbatoio della fabbrica di pesticidi, che invase la vicina baraccopoli.
Secondo il ‘Bhopal group on information and action’, oltre mezzo milione di persone ha subito ferite o danni permanenti per l’esposizione al veleno, molti con conseguenze gravissime sulla qualità di vita, e altre continuano ad ammalarsi a causa dell’inquinamento della zona. “Ancora non è fatta giustizia! . ha detto alla Radio vaticana l’arcivescovo di Bhopal monsignor Leo Cornelio – Tante persone soffrono ancora, soprattutto i poveri. Certamente dopo questi 25 anni il ricordo di quella tragedia rimane, perché anche l’ingiustizia rimane”. Il presule ha ricordato la fiaccolata e le molte iniziative di protesta realizzate di questi anni ma “non fanno notizia. Si tratta di poveri e quindi non hanno voce” ma a Bhopal “ci sono tanti problemi che non sono stati ancora risolti”. Provando sconcerto tra la popolazione, ieri, l’Alta corte di Japalpur, capitale del Madhia Pradesh, lo stato indiano dove si trova Bhopal, ha respinto la richiesta delle vittime di rivedere l’accordo firmato nel 1989 tra governo e ‘Union Carbide’ per un risarcimento di 470 milioni di dollari inizialmente destinati a circa 105.000 feriti e ai parenti di 3000 morti, ma poi, dopo accertamenti sul campo tra le persone esposte al veleno e loro parenti, il numero dei risarciti fu alzato a 600.000 persone, che ricevettero ognuno in media 12,410 rupie, pari a 269 dollari. Le vittime del disastro industriale, assistite da organizzazioni per i diritti umani, nel 2004 sono riuscite ad presentare alla Corte Suprema di New Delhi una richiesta di riapertura del caso, seguita tre anni dopo da una sentenza che evidenziava un difetto di competenza e rimandava la questione all’alta corte di Japalpur. Alla notizia delle sentenza negativa, gli attivisti hanno dichiarato alla stampa che torneranno a rivolgersi alla Corte Suprema di New Delhi. La gente di Bhobal chiede inoltre a gran voce la completa bonifica dell’impianto e dell’area circostante, ricevendo dai governi locali e nazionali solo promesse, mentre la ‘Down Chemical’, che nel 2001 ha acquistato la ‘Union Carbide’, respinge ogni addebito sostenendo di non avere responsabilità di quanto avvenuto prima dell’acquisizione.
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