2 novembre – Commemorazione di tutti i fedeli defunti
Vidi poi un nuovo cielo e una nuova terra
A cura di p. Giorgio
Prima messa: Gb 19,1.23-27; Sal 26; Rm 5,5-11; Gv 6,37-40
Seconda messa: Is 25,6.7-9; Sal 24; Rm 8,14-23; Mt 25,31-46
Terza messa: Sap 3,1-9; Sal 41; Ap 21, 1-5.6b-7; Mt 5,1-12
Teologia e origini
La commemorazione di tutti i fedeli defunti viene vissuta dalla li¬turgia all’interno dello stesso orizzonte teologico in cui si colloca la solennità di Tutti i Santi: la profonda ed essenziale comunione in Cristo tra tutti i credenti (la comunione dei santi). Sembra che le origini di tale commemorazione vadano ricercate nell’ambito monastico celtico. Nel calendario romano si trova già all’epoca carolingia. Circa un secolo fa, nel 1915, Benedetto XV permise di celebrare le tre sante messe.
I testi del Lezionario delle tre sante messe che la liturgia propone per la prima messa sono: Gb 19,1.23-27; Sal 26(27),1.4.7-9.13-14; Rm 5,5-11; Gv 6,37-40. Per la seconda messa: Is 25,6.7-9; Sal 24(25),6 – 7.17-18.20-21; Rm 8,14-23; Mt 25,31-46. Per la terza messa: Sap 3,1-9; Sal. 41(42),2-3.5; Sal 42(43),3.4.5;Ap 21,1-5.6b-7; Mt 5,1-12.
La prima messa
I testi biblici della prima messa hanno come tema fondamentale l’affermazione di Gesù: «questa è la volontà di colui che mi ha mandato, che io non perda nulla di quanto mi ha dato, ma lo risusciti nell’ultimo giorno».
Il Vangelo (Gv 6,37-40) è un brano tratto dalla lunga riflessione sull’eucaristia fatta da Gesù nella sinagoga di Cafarnao. La volontà salvifica del Padre è la fonte primigenia della salvezza. Da essa sgorga la missione del Figlio, nasce l’incontro tra l’uomo e Gesù Cristo, scaturisce la certezza che chiunque crede nel Figlio ha la vita eterna. Il profondo rispetto che il credente deve avere per l’eucaristia (Gv 6,12: raccogliere gli avanzi del pane perché «nulla vada perduto» – ìna me ti apòletai) è lo stesso profondo rispetto che Dio ha per noi (Gv 6,39: il Padre ha stabilito che Gesù «non perda nulla» – ìna me apolèso – di quanto il Padre gli ha dato). Sotto questo profilo, poeticamente parlando, dovremmo dire che noi siamo l’eucaristia di Dio.
La seconda messa
I testi biblici della seconda messa hanno come tema fondamentale il giudizio divino sull’umanità (Mt 25,31-46) riletto, però, alla luce della salvezza universale per tutti i popoli (prima lettura: Is 25,6.7-9):
Dio eliminerà la morte per sempre (Is 25,8). In altre parole, senza nulla togliere alla giustizia e alla misericordia di Dio nel giudizio ultimo, la liturgia preferisce sottolineare l’aspetto positivo del giudizio stesso.
Il Vangelo (Mt 25,31-46) presenta in una visione possente il giudizio della fine del mondo. «Tutte le genti» verranno giudicate sulla misericordia avuta nei confronti dei bisognosi, più precisamente nei confronti dei «fratelli più piccoli» (v. 45): gli affamati, gli assetati, i forestieri, i nudi, i malati, i prigionieri. Nel testo evangelico questi non sono opposti ai benefattori. Alla destra e alla sinistra di Dio si può trovare chiunque. La severità del testo evangelico è stemperata dalla prima lettura (Is 25,6.7-9): nel giorno ultimo tutti i popoli (gli stessi che compariranno davanti al Figlio dell’uomo) si raccoglieranno attorno a Dio («Ecco il nostro Dio»), dolore e umiliazione scompariranno e il titanico nemico, la morte, verrà eliminato.
La terza messa
I testi biblici della terza messa ruotano attorno al tema della gioia e della ricompensa nel regno dei cieli: «Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli». Il Vangelo delle Beatitudini (Mt 25,31-46) è già stato commentato per la solennità di Tutti i Santi. Il testo evangelico, attraverso forme diverse, dopo aver dichiarato chi sono gli amati da Dio, annuncia per loro il premio escatologico (di essi è il regno dei cieli; saranno consolati; erediteranno la terra; saranno saziati; troveranno misericordia; ecc.). Il testo della prima lettura, Sap 3,1-9, amplifica, semplificando, la dimensione escatologica dei giusti, già ampiamente annunciata dal Vangelo. I giusti, mentre vivevano nella tribolazione, avevano fatto dell’immortalità la loro speranza. Questa, nell’escatologia, diventa il loro premio. Il testo dell’Apocalisse,Ap 21,1-5.6b-7, presenta la realtà escatologica. Essa è vista come cieli nuovi e terra nuova ed è vissuta in profonda comunione: Dio sarà per sempre insieme agli uomini (adempimento escatologico dell’Emmanuele: Dio con noi); Dio farà nuove tutte le cose, sottraendovi la morte, il lutto, il lamento e l’affanno. Il giusto, chiamato vittorioso, erediterà tutta questa nuova realtà e avrà con Dio un legame di alleanza personale: «lo sarò il suo Dio ed egli sarà mio figlio».
Un giorno per dire grazie e per invocare
Il giorno dei morti è un giorno per dire grazie. Ripercorriamo la nostra vita e ritroviamo innumerevoli volti di uomini e donne che hanno lasciato un segno indelebile nella nostra esistenza. Uomini e donne che non hanno preteso diplomi e onorificenze, ma si sono accostati a noi con semplicità e con amore, donandoci quello che avevano di più nobile e grande. La loro presenza è stata per noi una vera «benedizione». Noi non ci stancheremo mai di ringraziare Dio per averceli donati.
Questo senso di riconoscenza non è disgiunto da una certa tristezza. Perché avvertiamo la pena di non poter vedere più queste persone, di non poterci specchiare nei loro occhi, stringere le loro mani, udire la loro voce.
E tuttavia proviamo una saggezza nuova, ci sembra che la loro morte ci aiuti finalmente a vedere quello che vale, quello che conta veramente nella nostra esistenza umana.
«lo ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi».
Le parole di Gesù sono estremamente chiare: sono i gesti dell’amore, della fraternità, della solidarietà che impreziosiscono la nostra vita e la rendono degna del Regno, di quel mondo nuovo che Dio prepara per noi. Nessuno di questi gesti va perduto. Anzi, ognuno di essi illumina la nostra esistenza della luce stessa di Dio.
In coloro che ci hanno preceduti nella casa del Padre noi possiamo riconoscere quest’amore che si è fatto concreto, reale, nel dipanarsi dei giorni. E proprio per questo diciamo grazie a Dio per tutto quello che ci è stato donato.
Ma nello stesso tempo non possiamo fare a meno di vedere anche la fragilità, gli aspetti oscuri ed opachi, che pur sono stati presenti nei
nostri defunti. Ed è per questo che la nostra preghiera diventa un’invocazione e una supplica. Perché sia affrettato il tempo della loro purificazione. Perché la misericordia di Dio li trasfiguri e li liberi da ogni traccia di peccato. Perché venga presto per loro il giorno in cui potranno godere della bellezza e della bontà di Dio, contemplando il suo Volto, nella sua pace.
Gratitudine e supplica, invocazione e riconoscenza, ecco i sentimenti che abitano il nostro animo nel giorno dei morti. E trovano fondamento nella nostra fede, nella certezza che non siamo abbandonati ad un cieco destino, ma veniamo condotti, talora attraverso sentieri tortuosi, all’abbraccio di Dio. È lui che prepara per noi cieli nuovi e una nuova terra. È lui che si impegna a spazzare via tutto ciò che attenta alla nostra felicità. È lui stesso che, con gesto affettuoso, toglie dal nostro volto ogni lacrima e ogni traccia di sofferenza e di peccato. nostri defunti. Ed è per questo che la nostra preghiera diventa un’invocazione e una supplica. Perché sia affrettato il tempo della loro pu¬rificazione. Perché la misericordia di Dio li trasfiguri e li liberi da ogni traccia di peccato. Perché venga presto per loro il giorno in cui potranno godere della bellezza e della bontà di Dio, contemplando il suo Volto, nella sua pace.
Gratitudine e supplica, invocazione e riconoscenza, ecco i sentimenti che abitano il nostro animo nel giorno dei morti. E trovano fondamento nella nostra fede, nella certezza che non siamo abbandonati ad un cieco destino, ma veniamo condotti, talora attraverso sentieri tortuosi, all’abbraccio di Dio. È lui che prepara per noi cieli nuovi e una nuova terra. È lui che si impegna a spazzare via tutto ciò che attenta alla nostra felicità. È lui stesso che, con gesto affettuoso, toglie dal nostro volto ogni lacrima e ogni traccia di sofferenza e di peccato.
Fonte: La Parola per la Chiesa, EDB, 2006
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