Lettera di Quaresima 2022 di P. Tomaž Mavrič, CM, alla Famiglia Vincenziana

da | Mar 2, 2022 | Formazione vincenziana | 0 commenti

Roma, Quaresima 2022

A tutti i membri della Famiglia vincenziana

MISTICI DELLA CARITÀ PER IL 21° SECOLO E OLTRE

Cari fratelli e sorelle,

La grazia e la pace di Gesù siano sempre con noi!

Dopo sei anni, il mio mandato volge al termine. Con questa lettera per la Quaresima, vorrei sintetizzare le riflessioni di Avvento e Quaresima degli ultimi sei anni, a partire dal mio primo messaggio alla Famiglia Vincenziana in occasione della festa di san Vincenzo de’ Paoli nel 2016. È in questa lettera che, per la prima volta, ho riflettuto dettagliatamente sul titolo di “mistico della Carità” che si attribuisce al nostro Fondatore. A partire da questo titolo, a me così caro, ho cercato di scoprire per me stesso, pur condividendolo con voi, ciò che ho ardentemente desiderato approfondire, cioè, che cosa significhi diventare un “mistico della Carità”.

La ricerca di questi sei anni è ben lontana dall’essere finita; infatti, è solo un inizio e una chiamata a continuare ad immergerci nella ricchezza e nella profondità di ciò che significa diventare “mistico della Carità”. Ci invita a cercare l’unione più profonda possibile con Gesù, a divenire come «Apostoli in campagna, e Certosini in casa»[1], «contemplativi nell’azione e apostoli nella preghiera»[2].

Mentre leggiamo la lettera per la Quaresima di quest’anno e studiamo le riflessioni condivise negli ultimi sei anni, siamo invitati a scegliere un punto o un ambito al quale ci sembra che Gesù ci stia chiamando a ritornare, in modo più deciso e radicale, e per il quale avvertiamo un particolare bisogno della sua grazia e misericordia affinché Egli possa realizzare il Suo sogno su di noi.

Il teologo Karl Rahner, alla fine del XX° secolo, aveva pronunciato queste parole profetiche: «I cristiani del XXI° secolo o saranno mistici o non saranno cristiani». Perché possiamo dire di san Vincenzo de Paoli che era un “mistico della Carità”?

Noi tutti sappiamo che Vincenzo era un uomo d’azione, potremmo dunque essere sorpresi nel sentir parlare di lui come di un mistico. In realtà, era la sua esperienza mistica della Trinità e, soprattutto, dell’Incarnazione che hanno motivato tutte le sue azioni in favore dei poveri. Giuseppe Toscani, CM, unì il misticismo e l’azione andando al cuore della questione definendolo «un mistico della Carità». Vincenzo ha vissuto in un secolo di mistici, ma lui si è rivelato il mistico della Carità.

Essere un mistico implica un’esperienza, quella del mistero. Per Vincenzo, questo significava una profonda esperienza del mistero dell’amore di Dio. Sappiamo che i misteri della Trinità e dell’Incarnazione furono al centro della sua vita. L’esperienza dell’amore inclusivo della Trinità per il mondo e l’abbraccio incondizionato del Verbo incarnato per ogni persona umana ha modellato, condizionato e infiammato il suo amore per il mondo e per tutti, soprattutto per i fratelli bisognosi. Guardava il mondo con gli occhi del Padre (Abba) e di Gesù, e ha accolto tutti con amore incondizionato, calore ed energia dello Spirito Santo.

Il misticismo di Vincenzo era la fonte della sua azione apostolica. Il mistero dell’amore di Dio e il mistero dei poveri erano i due poli dell’amore dinamico di Vincenzo, ma il suo cammino aveva anche una terza dimensione: il suo modo di considerare il tempo che era il mezzo attraverso cui la Provvidenza di Dio si manifestava a lui. Egli agiva secondo il tempo di Dio e non secondo il proprio ritmo. «Facciamo il bene che si presenta», consigliava. «Non scavalcare la Provvidenza».

Un altro aspetto del tempo per Vincenzo era la presenza di Dio qui e ora – «Dio è qui»! Dio è qui nel tempo. Dio è qui nelle persone, negli avvenimenti, nelle circostanze, nei poveri. Dio ci parla ora, in e attraverso loro.

Per Vincenzo, le dimensioni orizzontali e verticali della spiritualità erano entrambe indispensabili. Egli considerava l’amore di Cristo e l’amore per i poveri inseparabili. Egli esortava continuamente i suoi discepoli non solo ad agire, ma anche a pregare e non solo a pregare, ma anche ad agire. Di fronte a un’obiezione: «Ma, signore, vi sono tante cose da fare, tanti uffici in casa da compiere, tanti incarichi in città, in cam­pagna; lavoro dovunque; e bisogna lasciar tutto da parte per non pensare che a Dio?» egli rispondeva con forza:

«No, ma bisogna santificare queste occupazioni, cercandovi Dio, e compierle per trovarvelo, piuttosto che per vederle fatte. Nostro Signore vuole che prima di tutto cerchia­mo la sua gloria, il suo regno, la sua giustizia. Perciò, facciamo tesoro della vita interiore, della fede, della fiducia, dell’amore, degli esercizi di preghiera, dell’orazione, della confusione che proviamo, delle umiliazioni, delle fatiche e delle pene, soffrendole per Dio, nostro supremo Signore. Egli vuole che gli presentiamo con­tinuamente l’offerta del servizio e del desiderio perché si estenda la regalità della sua bontà, si procurino grazie alla Chiesa e virtù alla Compagnia. Una volta ben fondati nel ricercare la gloria di Dio, siamo certi che il resto verrà da sé»[3].

Si potrebbe descrivere Vincenzo come un mistico “su due fronti”. In altre parole, egli (vedeva) viveva l’esperienza dello stesso Dio attraverso due lenti diverse, e questo, allo stesso tempo. Una lente era la sua preghiera; l’altra era il povero e il mondo in cui viveva. Ogni angolo della vista ha influenzato l’altro, l’uno approfondiva e affinava la percezione dell’altro. Vincenzo “ha visto” (e sentito) l’amore di Dio attraverso questi due prismi in una sola volta e ha agito in modo energico per rispondere a quello che vedeva.

L’Incarnazione è uno dei misteri centrali della spiritualità di san Vincenzo de Paoli.

Egli ci ha lasciato i seguenti pensieri sull’Incarnazione:

« Come prescrive la Bolla di erezione della nostra Congregazione, nutriremo una specialissima devozione per i misteri ineffabili della SS. Trinità e dell’Incarnazione e la coltiveremo con ogni premura nella maniera più perfetta possibile, soprattutto compiendo queste tre cose:  1°  stimolando il nostro cuore ad emettere atti di fede e di pietà verso questi misteri;  2°  offrendo  ogni  giorno  in  loro  onore alcune preghiere e pie opere, e specialmente celebrando le loro feste con la massima solennità e devozione;  3°  prodigandosi a diffondere   in   mezzo   al   popolo   la   conoscenza,   il   culto   e  la venerazione di questi misteri con le nostre istruzioni e il nostro buon esempio affinché il popolo li conosca, li onori e li abbia in grande venerazione »[4].

La Santa Trinità è un altro dei principali misteri della spiritualità di san Vincenzo. Nelle Costituzioni della Congregazione della Missione possiamo leggere: «Quali testimoni e annunciatori dell’amore di Dio, abbiamo il dovere di nutrire una devozione particolare e di tributare un culto speciale ai misteri della Trinità e dell’Incarnazione»[5]. Gesù ci aiuta a comprendere la relazione che esiste tra le tre Persone, il legame intimo che le unisce e l’influenza che la Trinità ha su ogni singola persona e sulla società nel suo insieme. La Santa Trinità è il modello perfetto delle «relazioni»!

Il terzo pilastro della spiritualità di san Vincenzo è l’Eucaristia. In un passaggio sui fondamenti della nostra spiritualità dove egli evoca l’Incarnazione e la Santissima Trinità, san Vincenzo lascia intendere che nell’Eucaristia è racchiuso tutto. Egli scrive:

«Per onorare nella forma più completa questi misteri, [la Santissima Trinità e l’Incarnazione], non vi è mezzo più eccellente che quello di prestare il debito culto e di fare buon uso della SS.  Eucarestia   nella   sua   realtà   di   sacramento e di sacrificio, in quanto essa racchiude in sé quasi un compendio degli altri misteri della fede e per sua natura santifica e alla fine glorifica le anime di coloro che la ricevono e la celebrano degnamente, rendendo così la massima gloria alla SS. Trinità e al Verbo Incarnato. Per questa ragione nulla ci starà più a cuore che rendere il dovuto onore a questo sacramento e sacrificio. Anzi metteremo in opera tutte le risorse della nostra mente per infondere in tutti sentimenti di onore e di rispetto verso l’Eucarestia, impedendo soprattutto, per quanto è possibile, che si dica o si faccia alcunché di irriverente contro questo sacramento e insegnando incessantemente agli altri ciò che bisogna credere circa un così grande mistero e con quale animo si debba venerare»[6].

A quest’intuizione che nell’Eucaristia è racchiuso tutto si aggiungono altre parole profetiche e ispiratrici, provenienti dalla sua profonda esperienza di vita: «l’amore è inventivo all’infinito»[7]. Una delle frasi più conosciute di Vincenzo, egli ha utilizzato queste parole specifiche riferendosi all’Eucaristia, cercando di spiegare che cos’è l’Eucaristia, che cosa produce l’Eucaristia, che cosa troviamo nell’Eucaristia. Gesù, nella sua fantasia, ha trovato questo mezzo concreto per essere sempre con noi, per accompagnarci sempre, rimanendo con noi fino alla fine del mondo. Il suo amore, inventivo all’infinito, non cessa di sorprenderci oggi, qui ed ora!

Il quarto pilastro è la Beata Vergine Maria.

  1. «Venereremo con speciale devozione anche Maria, Madre di Cristo e della Chiesa. Ella, secondo le parole di san Vincenzo, comprese a fondo, più di tutti gli altri credenti, gli insegnamenti del Vangelo, e li rese operanti nella  sua vita.
  1. Dimostreremo la nostra devozione all’Immacolata Vergine Maria in vari modi, celebrando con sincera pietà le sue feste e invocandola frequentemente, soprattutto con la recita del rosario. Faremo conoscere il messaggio particolare che Ella, nella sua bontà materna, ha rivelato nella Medaglia Miracolosa»[8].

Una delle principali sorgenti a cui Vincenzo ha attinto come mistico della Carità era l’orazione quotidiana. Una delle frasi più citate di san Vincenzo è tratta da una conferenza tenuta ai membri della Congregazione della Missione ed esprime con eloquenza l’atteggiamento di Vincenzo:

«Datemi un uomo d’orazione e sarà capace di tutto. Egli potrà dire con il santo apostolo: “Posso tutto in colui che mi sostiene e mi conforta” (Fil 4, 13). La Congregazione della Missione sussisterà finché l’esercizio dell’orazione vi sarà fedelmente praticato, perché l’orazione è come un baluardo inespugnabile che mette i missionari al riparo da ogni sorta di attacchi»[9].

Vincenzo parlava dell’orazione quotidiana. Egli ha detto ai suoi seguaci:

«Orsù, applichiamoci tutti seriamente a questa pratica dell’orazione, poiché da essa deriva ogni bene. Se perseveriamo nella vocazione, è merito dell’orazione; se non cadiamo nel peccato, è grazie all’orazione; se dimoriamo nella carità, se ci salviamo, tutto è per grazia di Dio e merito dell’orazione. Come Dio non rifiuta nulla a chi pratica l’orazione, così non accorda quasi nulla senza l’orazione»[10].

La direzione spirituale: san Vincenzo spesso ha parlato della necessità della direzione spirituale. «… la direzione spirituale è molto utile. Da essa otteniamo consiglio nelle difficoltà, incoraggiamento nell’avversione, rifugio nella tentazione, forza nell’abbattimento; infine, è una fonte di beni e di consolazioni, quando il direttore è caritatevole, prudente ed esperto»[11].

L’obiettivo di parlare con una guida spirituale, espresso chiaramente fin dai tempi dei Padri e delle Madri del deserto, è semplice: si tratta della purezza del cuore. Vincenzo raccomandava quindi la direzione spirituale almeno alcune volte all’anno[12], specialmente durante i ritiri o i tempi liturgici come la Quaresima.

Il sacramento della Riconciliazione: san Vincenzo considerava la misericordia il cuore della buona Novella. Egli l’ha descritta come «…quella bella virtù della quale è scritto: “La caratteristica di Dio è la misericordia»[13].

Le Costituzioni della Congregazione della Missione ci interpellano a ricorrere frequentemente al sacramento della Riconciliazione «per attendere alla conversione continua e ravvivare la nostra vocazione»[14].

Condivisione della fede: queste Costituzioni la raccomandano[15] e insistono sul fatto che, in un’atmosfera di preghiera «condividiamo la nostra esperienza spirituale e apostolica in un dialogo fraterno tra di noi». Il modo in cui questo viene fatto è lasciato alla comunità a cui apparteniamo. Vincenzo voleva che le condivisioni fossero sincere e concrete. Egli diceva:

«È una buona pratica scendere nei particolari delle cose umilianti, quando la prudenza permette di manifestarli ad alta voce. In tal modo se ne trae il vantaggio dovuto al superamento della ripugnanza che ognuno prova nello scoprire quello che la superbia vorrebbe tener nascosto. Sant’Agostino stesso svelò i peccati segreti della sua gioventù e ne compose un libro, perché tutti sapessero l’insolenza dei suoi errori e gli eccessi del suo libertinaggio. E quello strumento eletto, il grande apostolo san Paolo, rapito sino al cielo, non ha confessato di aver perseguitato la Chiesa? L’ha anche scritto, perché sino alla fine della storia si sapesse che era stato un persecutore»[16].

Un altro fondamento della spiritualità vincenziana è la Provvidenza. San Vincenzo, confidando totalmente nella Provvidenza, divenne lui stesso Provvidenza per gli altri, per i poveri. «Affido tutto alla saggia Provvidenza di Dio. Ho una speciale inclinazione a seguirla e l’esperienza mi fa constatare che è stata lei a fare tutto nella Compagnia, e che siamo noi ad ostacolarla»[17].

Quello che ha fatto di san Vincenzo un mistico della carità è il fatto che la preghiera era al centro della sua vita. Essa diventa allora una forza trasformatrice. La preghiera è uno stato dell’anima, una relazione continua con Gesù. Parlo, ascolto e condivido con Qualcuno che è «l‘Amore» della mia vita e al quale desidero ardentemente assomigliare.

«Credetemi, o miei fratelli, credetemi, è una massima infallibile di Gesù Cristo. Ve l’ho annunziata più volte a suo nome: appena un cuore è vuoto di sé stesso, Dio lo riempie; Dio vi dimora e vi opera. Il desiderio della nostra confusione ci porti a svuotarci di noi stessi. L’umiltà, la santa umiltà! Quando ne saremo stabiliti non saremo più noi che agiamo, ma Dio in noi, e tutto andrà bene».[18]

Le persone ammalate e anziane: san Vincenzo parla in diverse occasioni del ruolo dei malati:

«Ma nella Compagnia, povera Compagnia, non si permetta mai nulla di singolare, né nel vitto, né nel vestito, ad eccezione dei malati, poveri malati, per l’assistenza dei quali bisognerebbe vendere perfino i calici della chiesa.

Dio mi ha dato per loro una vera tenerezza e lo prego di dare questo spirito alla Compagnia»[19].

«Ovunque andranno a visitare un malato, sia in casa che fuori, lo considereranno non come uomo, ma come Cristo stesso, il quale dichiara che quel gesto di pietà è rivolto a Sé»[20].

Vincenzo de’ Paoli, nel diventare un “mistico della Carità”, ha compreso e vissuto il rapporto con i malati e le persone anziane sull’esempio di Gesù.

All’inizio di questa lettera, ho scritto che i sei anni di ricerca di ciò che significa essere un “mistico della Carità” sono ben lontani dall’essere finiti; continuiamo a scavare nella sua ricchezza e profondità.

Per non disperare durante questo pellegrinaggio, ricordiamo che è Gesù che ci ha chiamato a seguirlo nel cammino della nostra vocazione. Egli rimane sempre con noi, come la Madonna della Medaglia Miracolosa, san Vincenzo de’ Paoli e tutti gli altri Santi, Beati e Servi di Dio della Famiglia vincenziana. Continuino a intercedere per noi!

Vostro fratello in san Vincenzo,

Tomaž Mavrič, CM

Note:

[1] Louis Abelly, La vita del venerabile Servo di Dio Vincent de Paul, Domenico Acami 1677 Libro I, cap. XII, p. 53.

[2] Costituzioni della Congregazione della Missione, IV, 42.

[3] SV, Conferenza del 21 febbraio 1659, n. ed. it., X, p. 449 – 450

[4] Regole comuni della Congregazione della Missione, X, 2.

[5] Costituzioni della Congregazione della Missione, IV, 48.

[6] Regole comuni della Congregazione della Missione, X, 3.

[7] SV, Esortazioni ad un fratello moribondo (1645) n. ed. it., XI, p. 131.

[8] Costituzioni della Congregazione della Missione, IV, 49.

[9] SV, L’orazione, n. ed. it., XI, p. 80

[10] SV, Conferenza del 10 agosto 1657, n. ed. it., XI, p. 337-338.

[11] SV, Lettera A Suor Giovanna Lepeintre, in Opere, n.ed it, III, p. 551.

[12] Cfr. Regole comuni della Congregazione della Missione, X, 11.

[13] SV, Ripetizione dell’orazione del 1 e 3 novembre 1656, n. ed. it., XI, p. 303

[14] Costituzioni della Congregazione della Missione, IV, 45, § 2.

[15] Costituzioni della Congregazione della Missione, IV, 46.

[16] SV, Conferenza 36, L’umiltà n. ed. it., XI, p. 47.

[17] SV, Lettera A Bernardo Codoing, in Opere, n.ed it, II, p. 376,

[18] SV, Brano di conferenza (settembre 1655), n. ed. it., X, p. 264.

[19] SV, Conferenza del 5 Dicembre 1659, n. ed. it., XII, p. 683.

[20] Regole comuni della Congregazione della Missione, VI, 2.

Scarica la Lettera di Quaresima 2022:

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