Santa Caterina Labourè, Figlia della Carità, Serva dei Poveri
SOTTO I L CIELO DI BORGOGNA
Caterina Labouré é una fanciulla di Borgogna, terra di preghiera per eccellenza, smaltata di celebri abbazie, patria di santi e di missionari. Caterina Labouré non è fondatrice di un Ordine religioso, ma un’umile figlia dei campi.
UN PICCOLO VILLAGGIO…
Sporgente appena dagli alberi, un campanile aguzzo, qualche casa raggruppata intorno: è Fain-les-Moutiers, incastonata di praterie e di campi arati. A pochi passi dalla chiesetta, in una muraglia s’incava una spessa volta che dà accesso ad un cortile di fattoria circondata da parecchi edifici: è la proprietà dei Labouré. A destra, una piccionaia massiccia come una torre feudale; a sinistra, la casa di abitazione : la vasta cucina con il pittoresco caseificio e i due camini, in fila qualche stanza rustica. In una di quelle nacque Caterina, il 2 Maggio 1806 quando la campagna non era che una distesa di fiori bianchi.
CATERINA IN UNA FAMIGLIA CONTADINA
I genitori sono di origine contadina, razza robusta ed equilibrata. II padrone Pietro Labouré gode la stima generale. Nel 1793 aveva sposato
una giovane istitutrice dei dintorni : Luisa Gontard ; si era in pieno Terrore. Alla nascita di Caterina egli ha già otto figli ; una bambina, M. Luisa e sette maschi, più tardi il focolare farà ancora posto a Tonina e ad Augusta. In questa famiglia, dove regnano l’unione e l’aiuto vicendevole, Dio ha il suo posto : il primo. Tutti riuniti, lo si prega ogni sera, e il bimbo impara le preghiere assai prima di saper leggere. Infatti, l’istruzione di Caterina è una questione secondaria : la scuola è lontana, non obbligatoria, e la mamma ha tanto da fare! Sfinita dal rude lavoro e dalle vicine maternità, la salute di Luisa Labouré vien meno; ella muore alla giovane età di 42 anni. Privata dalla tenerezza materna, la fanciulla di nove anni si rifugia nell’immenso amore di Maria.
“NOI POSSIAMO MANDARE AVANTI LA CASA”
Dopo un soggiorno di due anni presso una zia a Saint-Rémy, Caterina e la sorellina Tonina ritornano alla fattoria. Ha quasi dodici anni, è alta, robusta, e sa attendere a tutti i lavori domestici. Durante la sua assenza, la maggiore, Maria Luisa, ha conosciuto a Langres le Figlie della Carità scoprendo la sua vocazione. Bisogna partire, lasciare padre, fratelli e sorelle. Caterina, decisa e pratica, risolve la situazione.
– Tonina ed io, afferma al padre, possiamo mandare avanti molto bene la casa ! –
Pietro Labouré finisce per cedere. Maria Luisa seguirà liberamente il suo desiderio e Caterina prenderà il governo della famiglia. Non è cosa da nulla assumere la guida di quella vasta fattoria, e pertanto ogni giorno all’alba si vedrà la fanciulla camminare attraverso i campi, verso la chiesa di Moutiers-Saint-Jean per partecipare alla messa del mattino. Nel 1818 farà la sua prima comunione. Fedele all’osservanza del silenzio che ella si imporrà durante tutta la sua vita, non farà cenno di questi incontri ; a noi sono note solo le parole di Tonina:
“Non era più della terra… era tutta mistica” !
LA CHIAMATA…
Malgrado il lavoro, la fanciulla si infligge dure penitenze. Digiuna il venerdì e il sabato, nello stesso tempo lavora alacremente. Preoccupata per la salute della sorella maggiore, Tonina minaccia di parlarne al padre.
– Ebbene, vacci – risponde Caterina con tono secco.
Pietro Labouré si accontenta di muovere qualche osservazione. Non avendo più paura di essere rimproverata, l’adolescente si rifugia nella chiesetta di Fain, quando il suo lavoro glielo permette. Là, ella prega, in ginocchio sul pavimento, anche quando è ghiacciato dal freddo. Nel villaggio tutti stimano quella coraggiosa fanciulla. Si presenta più di un partito. Caterina è seria, robusta, e il padre ha beni al sole… la risposta invariabilmente è : no!
All’avvicinarsi del diciannovesimo compleanno, uno strano sogno le conferma il vero senso della sua vita: si crede in preghiera nella chiesa di Fain. All’altare, un anziano prete, rivestito dai paramenti sacri, celebra la messa. A cerimonia ultimata egli si gira e le fa segno di avvicinarsi. Caterina, spaventata, fugge… ma il sogno continua a svolgersi. Si trova al capezzale di un ammalato. II vecchio prete è là anche lui.
“Figlia mia, le dice, è bene curare i malati. Lei ora mi sfugge, ma un giorno sarà felice di seguirmi. Dio ha i suoi disegni su di lei ! Non lo dimentichi!”
La divina chiamata non resterà senza risposta. La via del sacrificio è tracciata : dono totale di sé a coloro che soffrono.
Nel 1828 Caterina ha 22 anni, Tonina 20. Quest’ultima può ora sostituirla alla fattoria. E’ giunta l’ora di parlare al padre della sua vocazione. Conoscendo le Figlie della Carità che prestano servizio all’Ospizio di Moutiers-Saint-Jean, può sperare di entrare in quella Congregazione?
La risposta è formale “Tu non partirai !” Caterina deve sottomettersi alla volontà paterna. Pietro Labouré vuole a tutti i costi distogliere la figlia da quel suo progetto. Che fare?
Un soggiorno a Parigi presso il figlio Carlo, proprietario di un ristorante, le farà forse cambiare parere. Perché no? Qualche giorno dopo, Caterina, obbedendo con rammarico, sale sulla diligenza per Parigi. Ella non doveva rivedere mai più l’aguzzo campanile di Fain-les-Moutiers.
LA GRANDE SVOLTA…
A Parigi, nel ristorante di suo fratello, Caterina compie coraggiosamente il suo lavoro. Questo servizio che si prolunga per un anno, è per lei sorgente di grande sofferenza. La cognata, la signora Hubert Labouré, dirige, a Chàtillon-Sur-Sei-ne, un pensionato frequentato dalla nobiltà borgognona. Carlo,
mosso a pietà della giovane sorella, prepara senza dubbio la via alla Provvidenza. Ella lascerà subito Parigi per Chàtillon. Nonostante l’accoglienza calorosa, Caterina non si trova a suo agio in quell’ambiente in contrasto con la sua semplicità. Venendo a sapere che nella città si trova una casa di Figlie della Carità, decide di recarvisi ; il suo desiderio di farsi religiosa si afferma sempre più, vuole confidarsi con la Superiora. Viene introdotta nel parlatorio. Un quadro attira la sua attenzione, è il ritratto di un anziano prete ;… ma ha già visto quello sguardo che la fissa con dolcezza.
– II prete, il prete del mio sogno a Fain, nella chiesetta ! E’ proprio lui, ma chi è ? –
– E’ il nostro fondatore, S. Vincenzo de’ Paoli – le risponde la giovane suora che l’accompagna.
Non aveva egli detto: “Lei mi seguirà…” ? Ed ella era venuta. Sarà Figlia della Carità!
I rapporti col padre sono sempre tesi. Egli spera ancora in un ritorno.
La signora Hubert Labouré riesce a convincerlo. Dopo tante alternative finisce per acconsentire. Caterina all’inizio del 1830 incomincerà il Postulato nella casa di Châtillon-Sur-Seine.
SIGNORE, ECCOMI…
Tre mesi dopo, il 21 aprile 1830, bussa alla grande porta della casa Madre delle Figlie della Carità 140, Rue du Bac, per trascorrervi, il periodo di formazione. E’ ancora in costume borgognone, l’ampia sottana e il grembiule di seta, il grande scialle a frange, la cuffietta bianca che racchiude strettamente i capelli… E’, per Caterina un passo definitivo… “Signore, Eccomi…”
UNA NOVIZIA COME TUTTE LE ALTRE…
Caterina, rivestita degli abiti delle novizie, inizia con fervore questa nuova tappa della sua vita di Figlia della Carità.
Quattro giorni dopo il suo arrivo in Seminario ha luogo la traslazione del corpo di San Vincenzo de Paoli dalla cattedrale Notre-Dame di Parigi, dove era esposto dal 10 aprile, alla cappella dei Lazzaristi, rue de Sèvres, a Parigi, non lontana dalla rue du Bac. La domenica 25 aprile, una messa solenne viene celebrata nella cattedrale davanti all’urna del grande Apostolo della Carità. Nel pomeriggio, l’urna portata da trenta preti della Missione è seguita da una folla numerosa : sacerdoti, autorità civili e religiose, poveri, il popolo di Parigi ; la processione è un trionfo in onore del Signor Vincenzo. Ottocento Figlie della Carità precedono il corteo, fra loro, Caterina col cuore colmo di gioia.
“Felice, mi sembrava di non essere più di questa terra !” doveva scrivere più tardi.
Dopo la traslazione, le feste si prolungano per tutta la novena nella cappella dei “Preti della Missione” dove la cassa è esposta. Le suore vengono a pregare tutti i giorni davanti alle sante reliquie.
“Provavo tanta pena a lasciare San Lazzaro.. Ma ritrovai San Vincenzo, o meglio il suo cuore, là dove esso mi appariva ogni volta che rientravo. Avevo la gioia di vederlo al di sopra della piccola urna nella Cappella delle suore… Mi apparve per tre giorni di seguito in tre modi diversi : rosaceo, annunziante la pace, la calma, l’innocenza, l’unione; poi rosso fuoco, per accendere la carità nei cuori ; ed ancora l’ho visto rosso cupo, tale da infondere una grande tristezza, causata dal cambiamento di governo”.
Tre mesi più tardi, il re Carlo X viene rovesciato dal trono e la Francia è abbandonata agli orrori della Rivoluzione.
Suor Caterina mette al corrente di questi fatti straordinari il suo confessore, Padre Aladel, giovane missionario vincenziano. Egli ascolta con scetticismo le parole della sua penitente e la esorta a continuare umilmente e serenamente il suo noviziato.
Caterina, che pure sembra simile a tutte le altre novizie, scriverà più tardi: «Ero oggetto di una grande grazia : quella di vedere Nostro Signore nel Santissimo Sacramento. L’ho visto per tutto il tempo del mio seminario fuorché nei giorni in cui ho dubitato…”
Ella conduce una vita oscura, è soltanto una suora fra le suore. “L’umiltà delle brave ragazze di campagna è il motivo della loro mancanza di ambizioni, diceva San Vincenzo. Esse sono contente di ciò che Dio ha dato loro e non desiderano maggior ricchezza o maggior grandezza di quella che già posseggono…” ed aggiungeva – una delle principali virtù delle ragazze di campagna e, che le Figlie della Carità devono imitare, è la santa Obbedienza!”
PRIMA APPARIZIONE (notte dal 18 al 19 luglio 1830)
Un mese e mezzo più tardi Caterina narra al suo confessore il seguente racconto …E poi venne la festa di San Vincenzo…
“La nostra Madre Marta ci fece un’istruzione sulla devozione ai Santi e in particolare sulla devozione alla S.S.ma Vergine. Da tanto tempo desideravo vederla ! Mi addormentai con questo pensiero, sicura che San Vincenzo ne avrebbe ottenuto la grazia.
Verso le undici e mezza mi sento chiamare per nome… Guardo verso la parte da cui proviene la voce, tiro la tenda : vedo un bimbo sui quattro o cinque anni, vestito di bianco, che mi dice: “venite in cappella, la Sante Vergine vi attende”
Immediatamente mi viene da pensare : “mi sentiranno !”. II fanciullo mi risponde : “state tranquilla, sono le 11,30 tutti dormono profondamente, venite, vi aspetto”.
Mi affrettai a vestirmi e seguii il bambino. Le luci erano accese dappertutto. La porta della cappella si aprì appena il bambino l’ebbe toccata con la punta delle dita. I ceri ardevano come alla Messa di mezzanotte. Però non vedevo la Madonna. II bimbo mi condusse nel Presbiterio e là mi inginocchiai. Verso mezzanotte egli mi disse “Ecco la Santa Vergine, eccola !”
Udii un rumore, come il fruscio di un abito di seta… una Signora molto bella si sedette sulla poltrona del Direttore. II fanciullo mi ripeté a voce alta: “Ecco la Santa Vergine”.
Allora sono balzata vicino a Lei, ai suoi piedi, sui gradini dell’altare, e ho posato le mani sulle sue ginocchia. Sono rimasta così non so quanto tempo; mi è parso un momento, il più dolce della mia vita… La Santa Vergine mi disse come dovevo comportarmi con il mio direttore spirituale e mi confidò parecchie cose… Di tali cose, rivelate più tardi, ecco l’essenziale in un racconto scritto da Caterina nel 1876, qualche mese prima di morire.
II Buon Dio, figlia mia, vuole incaricarvi di una missione. Essa sarà per voi fonte di molte pene, le supererete pensando che sono per la gloria di Dio. Vi avverseranno, ma avrete la grazia. Vedrete certe cose, riferitele, sarete ispirata nelle vostre preghiere… I tempi sono cattivi. Molte disgrazie stanno pe
r abbattersi sulla Francia ; il trono sarà rovesciato… II mondo intero sarà sconvolto da ogni specie di mali… ma… “Venite ai piedi di questo altare. Qui le grazie saranno sparse su tutte le persone che le chiederanno con fiducia e fervore. Saranno sparse sui grandi e sui piccoli…”
“Ignoro quanto tempo trascorse”, doveva dire Caterina. “La Vergine scomparve come una luce che si spegne”.
APPARIZIONE DEL 27 NOVEMBRE 1830
“Dio vuole affidarvi una missione…” aveva detto la Vergine a Caterina. Soltanto il 27 Novembre ella ne conosce la natura.
Ascoltiamo il racconto di Caterina. Era il sabato precedente la prima domenica di Avvento. Erano le cinque e mezza di sera. Nel silenzio, subito dopo la meditazione, mi parve di sentire un rumore venire dalla tribuna e, guardando da quella parte vidi la Madonna. Stava in piedi, vestita di un abito di seta bianca come l’aurora, i suoi piedi appoggiavano su una sfera che vedevo soltanto a metà; nelle mani, levate all’altezza del petto, teneva un globo ; gli occhi erano rivolti al cielo… il suo volto era estrema-mente bello, ma non potrei descriverlo…
E poi, improvvisamente, ho scorto alle sue dita anelli ornati di pietre preziose, alcune più grandi, altre più piccole che mandavano raggi più belli gli uni degli altri…
Mentre stavo contemplandola, la Vergine abbassò lo sguardo su di me, una voce interiore mi parlò: “Questo globo che voi vedete rappresenta il mondo intero ed ogni persona in particolare”.
A questo punto non so esprimere quello che suscitarono in me la bellezza e lo splendore dei raggi così belli !… La voce mi disse ancora: “Sono il simbolo delle grazie che spando sulle persone che me le domandano”.
In quel momento non so se ero o non ero… si è formata attorno alla Santa Vergine una cornice un po’ ovale, che portava queste parole descritte in lettere d’oro:
“O Maria Concepita senza peccato pregate per noi che ricorriamo a Voi”.
Allora si fece udire una voce: “Fate, fate coniare una medaglia su questo modello, le persone che la porteranno riceveranno grandi grazie; le grazie saranno abbon-danti per coloro che avranno fiducia”. Alcune pietre preziose non mandavano raggi… “Queste pietre che restano in ombra rappresentano le grazie che ci si dimentica di chiedermi”. Subito dopo mi è parso che il quadro si voltasse. Ho visto il rovescio della medaglia : la lettera M sormontata da una croce, e sotto due cuori, l’uno circondato da una corona di spine, l’altro trafitto da una spada. Mi è sembrato di udire una voce che mi diceva: “La M e i due cuori dicono abbastanza!” Maria, Gesù… due sofferenze unite per la nostra Redenzione”. “Questi raggi che vedi sono le grazie che io spando sulle persone che me le domandano”.
DIFFUSIONE DELLA MEDAGLIA
Padre Aladel rimane scettico a questo nuovo racconto, credendo sempre ad un effetto dell’immaginazione da parte della giovane novizia. Di nuovo le stesse cose sono dette e mostrate da Caterina che insiste : “La Santa Vergine non è contenta!”
Alcune settimane dopo, turbato dall’insistenza della sua penitente, il Padre Aladel ha un colloquio, a questo riguardo, con l’Arcivescovo di Parigi. Quest’ultimo non trova, in tutto ciò, nulla che non sia conforme alla fede e autorizza il conio della Medaglia. Nel maggio 1832 vengono diffuse le prime Medaglie. Si parla ben presto di numerose guarigioni e di conversioni.In una lettera pastorale, l’Arcivescovo di Parigi esorta a portare la Medaglia che la fede popolare chiama “Medaglia Miracolosa”.
SUOR CATERINA DOPO LE APPARIZIONI
Apparentemente nessuna vita religiosa fu più comune e più semplice della sua. Ella pregava, obbediva, si sottometteva senza commenti. Era veramente, come dichiarò Pio XII al momento della Beatificazione: “La Santa del dovere e del silenzio!”
Poco tempo dopo la sua vestizione Suor Caterina lascia la Casa Madre della Rue du Bac. I suoi superiori la destinano all’Ospizio dei vecchi di Enghien, dove trascorrerà tutta la sua vita. L’ospizio, fondato dalla duchessa di Borbone, era separato dalla casa di carità della rue de Reuilly soltanto da un grande giardino. Una stessa Superiora dirigeva le due fondazioni. Come a Fain-les-Moutiers, alcun lavoro, per quanto duro, ripugna a suor Caterina. Incurante della fatica, ella circonda gli anziani delle sue cure, attente e devote, e questo per circa quarant’anni. Parla poco, vive in uno stato di costante raccoglimento. “Quando vado in cappella, mi metto davanti al buon Dio e gli dico: Signore, eccomi, datemi quello che volete. Se mi dà qualcosa sono molto contenta e lo ringrazio. Se non mi dà niente Lo ringrazio lo stesso, perché non merito di più. E poi Gli dico ancora tutto quello che mi viene in mente, Gli racconto le mie pene, le mie gioie e… ASCOLTO!”
LA SANTA DALLA VITA NASCOSTA
Le ragazze delle nostre campagne, diceva S. Vincenzo proponendole come esempio alle sue Figlie della Carità, vogliono soltanto ciò che Dio vuole e si accontentano della loro vita e dei loro abiti.
Così trascorre la vita di Suor Caterina, in un susseguirsi di azioni modeste: “le mani al lavoro e il cuore a Dio !”
Ella passa continuamente dai vecchi al pollaio, la cui manutenzione rientra nei suoi compiti ; poi, costretta dall’età ad un lavoro più sedentario, la ritroviamo portinaia dell’ospizio, sempre di umore uguale, col viso atteggiato a quella serenità che colpisce le persone attorno a lei. Ella vivrà l’epoca dolorosa della Comune: ma conserverà dentro di sè l’eco delle parole profetiche: “Verrà il momento in cui il pericolo sarà grande. Tutto sembrerà perduto… ma abbiate fiducia!”
Aiutata dalle altre Sorelle, proteggerà la Superiora perseguitata, favorirà la fuga di due gendarmi feriti… e distribuirà Medaglie agli insorti, che le accetteranno. Passata la tormenta, suor Caterina, riprende il suo posto in portineria, le mani all’opera, le labbra chiuse sul suo segreto, il cuore volto all’Essenziale.
PARTENZA PER IL CIELO
Siamo nel 1876.Suor Caterina sente le forze declinare : “non vedrò l’anno che sta per venire” diceva.E’ giunto il momento di parlare, la Santa Vergine la scioglie dal suo segreto.Siccome non ha più il suo confessore ordinario sarà Suor Dufès, Superiora della casa di Rueilly, a ricevere le sue confidenze. II parlatorio è buio, ma la radiosa evocazione di Maria lo illumina…
“Sentii come un fruscio di un abito di seta… la vidi bella nello splendore divino…”
La vecchia suora è trasfigurata. Suor Dufès la considera dapprima con stupore, poi con emozione, e quando lo strano racconto è terminato, lei, la Superiora, s’inginocchia davanti all’umile figlia. Il 31 dicembre 1876, dopo aver ricevuto gli ultimi sacramenti, Suor Caterina pare assopirsi.
“A stento potemmo accorgerci che aveva cessato di vivere, doveva dire più tardi Suor Dufès, non ho mai visto una morte così dolce e serena”.
Suor Caterina Labouré aveva settant’anni.
MORTE, DOV’È LA TUA VITTORIA?
“Resterò a Reuilly, diceva Suor Caterina, vedrete…” E gli altri sorridevano. Eppure, il 3 Gennaio 1877, il corpo, accompagnato da 250 Figlie della Carità, venne trasportato nella Cappella e inumato, con autorizzazione speciale, nella cripta.Cinquantasei anni dopo, il Cardinale Verdier fece procedere alla riesumazione in vista della Beatificazione. Ciò avvenne in presenza di due medici, della Superiora Generale e di altri testimoni. Così, come l’avevano deposta nella tomba il 3 Gennaio 1877, la ritrovarono il 21 Marzo 1933. II corpo era intatto, le membra elastiche. La deposero in un’urna, nella Cappella attuale, in Rue du Bac. Ora riposa sotto l’altare della Vergine del Globo, nel luogo stesso in cui Maria le era apparsa un secolo prima.
II 27 Luglio 1947, Sua Santità Pio XII annoverava fra i Santi quella che egli amava chiamare LA SANTA DEL SILENZIO.
0 commenti