E’ urgente imparare ad ascoltare

da | Ago 16, 2018 | Formazione vincenziana, Per la meditazione | 0 commenti

Ascoltando ci guardiamo in faccia, e guardarci in faccia è cominciare ad amarci. Il Vangelo vuole orecchie che ascoltano: “Chi ha orecchi per intendere, intenda!”

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Ascoltare nel dialogo

È diventato famoso il Testamento spirituale di santa Luisa: “abbiate grande cura del servizio dei poveri e soprattutto di vivere bene insieme con una grande unione e cordialità, amandovi le une le altre, per imitare l’unione e la vita di Nostro Signore” (p. 1005). Perché l’unione è così essenziale alla sopravvivenza delle Figlie della Carità tanto che i Fondatori hanno dato come modello niente meno che l’unione trinitaria. E per per avvicinarci alla santissima Trinità, essere un cuor solo e agire con un medesimo spirito come [fanno] le tre divine Persone, diceva santa Luisa (A 85). Ma l’unione tra le suore della Comunità sarà possibile solo se vivono relazioni basate sul dialogo, convinte della necessità di condividere le esperienze di Dio, le preoccupazioni apostoliche, le tristezze, le gioie, le speranze, come diceva Paolo VI: “Noi daremo a questo interiore impulso di carità, che tende a farsi esteriore dono di carità, il nome, oggi diventato comune, di dialogo” (Ecclesiam suam, 66).

Più importante, ma più difficile, del dialogo è saper ascoltare. L’importanza che dava san Vincenzo all’ascolto, la modellò in una frase alle Suore: “Portate soprattutto gli occhi e le orecchie, ma lasciate la lingua a casa” (IX, 247). Simile alla massima popolare: saper parlare è un dono di molti. Saper tacere è virtù di pochi. Saper ascoltare è generosità di pochissimi. Se è urgente saper tacere, più urgente è saper ascoltare in atteggiamento umile. Tuttavia, l’atteggiamento di ascolto è difficile nelle comunità e nella società. Nella società attuale i governanti ascoltano solo quelli del proprio partito e i politici a chi gli da il voto senza accogliere critiche costruttive.

L’ascolto è il grande problema che si presenta nelle relazioni tra residenti e immigrati. Non si ascoltano per comprendere la posizione di ciascun gruppo, per conoscere il motivo per cui abbandonano case e famiglia, per conoscere i motivi per cui possono essere rifiutati.

Nella società ed anche in comunità, al condividere esperienze e informazioni, propendiamo a comunicare noi più che ascoltare gli altri, di fare monologhi sulle nostre ragioni senza interessarci di quelle degli altri. Quante volte, mentre ci parlano, pensiamo a quello che risponderemo! Quante volte interrompiamo chi ci parla, quante volte rifiutiamo quello che sta dicendo, quante volte ci crediamo tanto esperti da avere già la risposta al problema che espongono prima di averne raccontato la metà! Quante volte tendiamo a pensare che l’altro si sbaglia, incapaci di metterci al posto suo per comprenderlo, e quante altre ascoltiamo soltanto le opinioni che coincidono con le nostre! Ascoltare l’altra persona implica saper aspettare pazientemente finchè termini.

L’ascolto: accoglienza e amore

Se si dovesse dare una immagine sociale all’ascolto, la migliore sarebbe la farmacia. L’ascolto diventa una farmacia a disposizione dei clienti. Ascoltandoli li si invita a fidarsi e insieme a superare le difficoltà. Ascoltare è accogliere le ricette di chi viene. Parla o tace a seconda di come sembra il gusto del cliente. Ascoltare una persona è fare propri i suoi problemi. Non si tratta di udire, ma di prestare attenzione, dire all’altro che gli interessa ciò che vive o dice.

Se una Figlia della Carità non sa ascoltare, sta usando la sua vocazione come bene per sè, si chiude in se stessa, distrugge il carisma e si impoverisce. Disposta ad ascoltare tutti coloro che sentono il bisogno di condividere le loro gioie e tristezze, è sempre disposta ad ascoltarli e riempirli di speranza. Una Suora che è disponibile, che ascolta il povero e le compagne, riconosce che ascoltare gli altri è lasciare entrare la luce e l’aria fresca che rigenera questa tendenza sfrenata a cercare esclusivamente i nostri interessi asfissianti. Per una Suora disponibile, ascoltare il povero e la compagna conta tanto come la luce e l’aria.

Tuttavia, non significa pensare o sentire come l’altro. Si tratta di rispettare le sue idee ed emozioni, di interessarsi ai suoi problemi e volerlo aiutare. Ascoltare suppone “metterci nella pelle” dell’altra persona e fargli sapere che “ci facciamo carico” di quello che sente e che sia differente e veda le cose da un altro punto di vista. Abbiamo bisogno di essere ascoltati per guarire il nostro cuore, perchè, se non ci confidiamo con altre persone, possiamo vivere chiusi nelle nostre sofferenze.

Quando ascoltiamo, facciamo sentire le Sorelle della comunità stimate, amate e apprezzate. Come diceva D. Bonhoeffer: “il primo servizio, che un membro deve all’altro dentro la comunità, è ascoltarlo”. È offrire affetto, dimostrando interesse per quello che vive e sente, perchè “solo ascoltando alleggeriamo già il dolore e la sofferenza”. L’ascolto cura ed aiuta a superare le difficoltà, poichè “chi non si sente ascoltato si sente solo, sebbene stia in compagnia: si sente escluso, non interessante per gli altri” (Bermejo)E Arturo Graf: “Ascoltate il consiglio di chi sa molto; ma soprattutto ascoltate il consiglio di chi vi ama molto”.

Ascoltare, però senza rispondere con ricette di consigli, si lamenta uno sconosciuto: “Quando ti chiedo di ascoltarmi e tu cominci a darmi consigli, non hai fatto quello che ti chiedevo, rispetti i miei sentimenti. Quando ti chiedo di ascoltarmi e ti senti in dovere di fare qualcosa per risolvere il mio problema, non rispondi alle mie necessità. Ascoltami! Tutto quello che ti chiedo è di ascoltarmi, non ti chiedo di parlare né di fare. Soltanto che mi ascolti. Consigliare è facile, ma io non sono un incapace. Forse sono scoraggiato o in difficoltà, ma non sono inutile. Per favore ascoltami”. Similmente scrive Borges: “Non posso darti soluzioni per tutti i problemi della vita. Né ho risposta per i tuoi dubbi o timori. Ma posso ascoltarti e cercarli insieme a te”. E Michel Quoist: “Se sai ascoltare, molti verranno a parlarti. A volte, pima di esprimere una parola utile, l’altro se ne sarà andato, felice, libero, illuminato. Perché quello che inconsciamente aspettava non è un consiglio, una ricetta di vita, ma qualcuno su cui poggiarsi”.

Il mondo necessita ascolto, come scriveva Fernández Barrajón: “Come sarebbe tutto diverso se ascoltassimo! Potremmo udire chiaramente il pianto di tanti bambini senza opportunità nè futuro. Le lacrime silenziose della madre che non sa cosa cucinare perché non ha niente. Il battito appena percettibile di un malato di AIDS che sonnecchia steso su una stuoia nei solchi dell’Africa. Lo strepito delle esplosioni quotidiane… c’è molto da udire per non disumanizzarci a forza di pronunciare belle parole… Per farsi udire, a volte bisogna tacere. Alla luce della Parola deve farsi largo una comunità di fede più misericordiosa perché possiamo essere credibili” (VIDA NUEVA 30-08-2008).

Ascoltando ci guardiamo in faccia, e guardarci in faccia è cominciare ad amarci. Il Vangelo vuole orecchie che ascoltano: “Colui che ha orecchie per udire”

Ascoltare la Parola

Dice Bonhoeffer che “l’amore per Dio inizia ascoltando la sua Parola”. Dio è un Dio che parla. Ha parlato prima attraverso i profeti e dopo, attraverso suo Figlio Gesù. Per questo, saper ascoltare è l’atteggiamento fondamentale davanti a Dio che ci parla per mezzo della Sacra Scrittura, delle esperienze e degli avvenimenti della vita. Leggendo o ascoltando la Parola divina ogni uomo o donna sente la presenza dello Spirito Santo dentro di sè. La sua Paola è un seme che conserva la vita e germoglia lungo la storia di ogni persona, illuminando la sua meta e sostenendo la sua volontà.

Udire viene da una parola latina obaudire che significa obbedire. È il senso genuino di ascoltare, perché ascoltare lo Spirito divino che ci parla ci porta ad obbedire alla sua Parola. Non basta udire semplicemente il messaggio, bisogna ascoltarlo disposti a compiere la volontà di Dio. Maria è modello di ascolto della Parola di Dio, che conserva e medita nel suo cuore, mentre suo Figlio Gesù Cristo si dichiara il Figlio obbediente al Padre, disposto sempre ad ascoltarlo. Nel Tabor il Padre ci invita ad ascoltare il suo Figlio amato e continua ad invitarci ad ascoltare la sua Parola per essere fedele al progetto di salvezza che ha per noi, come dice San Giacomo: “ricevete con docilità la Parola seminata in voi, capace di salvare le vostre anime” (Gc 1, 21). Senza ascolto, senza uditori, sebbene ci sia la profezia, questa risuona nel deserto. Nella cultura moderna della fretta, bisogna sedersi ai piedi di Gesù, come Maria di Betania, assaporare la sua tenerezza e trasmetterla ai poveri.

Ascoltiamo la Parola per trasmetterla. Lo stato di carità, cui sono chiamate le Figlie della Carità, sarà realtà nella misura in cui passino l’esperienza personale con Dio nel servizio dei poveri. Lo diceva Padre Maloney: “Sorelle, andate nell’amore di Dio. La santità non consiste solo nell’essere devote, non consiste solo nell’essere lavoratori efficaci. Consiste nell’ “essere possedute da Dio”.  La gente ‘tocca’ Dio in voi. Irradia la sua gioia, la sua pace, la sua forza”.

È fondamentale ascoltare amorosamente Dio che vi invia ai poveri, perché sarete credibili e significative nel mondo attuale. L’esperienza di Dio e una vita interiore profonda, sarà ciò che spinge e dinamizza tutto il nostro essere e fare. Von Baltasar sottolinea che: “Colui che non ascolta prima Dio non ha nulla da dire al mondo”.

Indícami il cammino che devo seguire

È nel silenzio interiore dove avviene l’ascolto della Parola dello Spirito divino convertita in preghiera. La mente è a volte così piena di cianfrusaglie, che difficilmente arriva la voce al cuore. Occorre svuotarla perché stia lo Spirito Santo. Lì comincia la vita interiore. San Vincenzo diceva ai missionari: “Cercate, cercate, questo dice, preoccupazione, questo dice azione. Cercate Dio in voi, perché sant’Agostino confessa che finchè Egli lo cercò fuori di sè non lo trovò; cercatelo nell’interiorità della vostra anima, dove egli pone la sua gradita dimora. È su questo fondamento che coloro che lo seguono procurano di mettere in pratica tutte le virtù, e stabilirsi in esse. La vita interiore è’ necessaria e ad essa devono convergere tutti i nostri sforzi: se si manca in questo, viene meno tutto” (X, 449). Riassumendolo con quella famosa frase: “Datemi un uomo di orazione e sarà capace di tutto” (X, 77)

La preghiera è, in realtà, un dialogo in cui la Parola di Dio prende l’iniziativa, e noi ascoltiamo. E questo ascolto attento e obbediente ci invierà con urgenza al servizio del povero. Perché cercare Dio significa incontrarlo negli eventi che vivono i poveri, senza lasciarci portare dall’attivismo, che sarebbe inutile se non è preceduto da un tempo di preghiera. Quando ascoltiamo lo Spirito Santo nella preghiera, conociamo profondamente i nostri limiti, debolezze e qualità.

Per poter ascoltare la Parola, occorre fare un silenzio che ci permetta di assaporare la gioia di sentirci abitati dallo Spirito Santo. A partire dall’ascolto interiore possiamo rendere del nostro servizio ai poveri fedeltà allo Spirito vincenziano di umiltà, semplicità e carità.

Autore: Benito Martínez, C.M.

 

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