La prima santa nativa degli Stati Uniti nacque nella famiglia Bayley il 28 agosto 1774, due anni prima della Guerra d’Indipendenza contro l’Inghilterra.
I suoi genitori appartenevano a importanti famiglie non cattoliche delle Colonie. Sua madre, Catherine Charlton, era figlia del rettore della chiesa episcopaliana di S, Andrea a Staten Island, e il padre, dottor Richard Bayley, medico famoso e professore di anatomia al King’s College (in seguito ingranditosi per divenire la Columbia University), fu il primo ufficiale sanitario della città di New York. Egli rimase leale alla corona durante la guerra d’indipendenza, servendo come chirurgo nei British Redcoast, che combatterono contro le milizie di Washington.
Morta la madre quando lei aveva solo tre anni, il padre si prese cura della sua formazione, assicurandole, qualche volta in modo poco ortodosso, la miglior educazione possibile, sia in un istituto privato di New York che in casa, dove egli stesso faceva scuola a lei e agli altri figli. Ella leggeva con avidità ciò che trovava nella vasta biblioteca paterna e crebbe con il desiderio di dedicarsi alla cura dei malati, specialmente di quelli poveri.
All’età di vent’anni sposò William Magee Selon, un ricco mercante di navi, da cui ebbe cinque figli, due maschi e tre femmine. Mise in pratica le sue aspirazioni giovanili fondando un’organizzazione a New York, “Soccorso delle vedove povere con bambini piccoli”, che le procurò fama e l’appellativo di “suora protestante della carità”.
I membri dell’organizzazione visitavano i poveri nelle loro case e assistevano i malati. Ella stessa si sarebbe trovata presto in circostanze assai mutate, quando la società mercantile del marito fece bancarotta e molte navi furono affondate in battaglia.
Il marito poi fu colpito dalla tubercolosi, in quel tempo una malattia letale; prese con sé la moglie e la figlia più grande, Anna, e partirono per l’Italia alla ricerca di un clima più mite, ma egli morì subito dopo l’arrivo, nel dicembre 1803.
Elisabetta rimase in Italia fino al maggio seguente, ospite di amici cattolici (la famiglia Filicchi). Sentendo crescere dentro di sé l’attrazione verso il cattolicesimo ritornò negli Stati Uniti determinata a diventare cattolica; ricevuta la debita catechesi, abbracciò la nuova confessione il 14 marzo 1805. Abbandonata dalla famiglia, oppostasi duramente a questa decisione, e dagli amici, Elisabetta si trovò in gravi ristrettezze finanziarie.
Cercando di sbarcare il lunario aprì una scuola a New York, dovendola però chiudere quando i genitori ritirarono i figli perché lei era cattolica. Aprì poi un pensionato per studenti dove ella puliva, cucinava, cuciva e si prendeva cura di 14 ragazzi che frequentavano scuole in varie parti della città.
Questo duro impegno, che la obbligava a lavorare giorno e notte, le fece balenare la prospettiva di trasferirsi in Canada, dove sperava di trovare una vita più facile e meno cara. Prima che iniziasse a concretizzare questo progetto un prete di Baltimora, venuto a conoscenza della sua situazione, la invitò ad aprire là una scuola per ragazze, cosa che fece nel 1808 con grande successo. In tutte le sue tribolazioni e prove si sentì sostenuta da Dio: «La sento proprio la presenza protettrice e la grazia consolatrice del mio Redentore e Dio. Mi sollevò dalla polvere per farmi sentire che io gli sono vicina; ha allontanato da me tutte le sofferenze per riempirmi delle sue consolazioni. Egli è mia guida, mio amico e sostegno. Con una simile guida posso forse temere? Con un simile amico posso non essere soddisfatta? Con un simile sostegno posso cadere?».
Elisabetta raccolse attorno a sé un gruppo di donne che nutrivano le sue stesse aspirazioni, come aveva fatto a New York con la Società delle Vedove; gradualmente emerse la possibilità di erigere formalmente una congregazione religiosa. Il 25 marzo 1809 emise i primi voti nelle mani di don William Duhurg, un amico prete, con la benedizione del vescovo dí Baltimora, John Carroll. Nel giugno dello stesso anno trasferì la scuola e la comunità, che muoveva i primi passi, in una casa di pietra a Emmitsburg, vicino a Baltimora. La comunità vestì un abito religioso e prese il nome di Suore di S. Giuseppe, e da allora Elisabetta divenne famosa con il titolo di madre Seton, titolo particolarmente appropriato: alcuni dei suoi figli stavano ancora con lei alla Storie House (nome con cui il luogo era noto) dove ella era la superiora delle donne che entravano nell’ordine, e la scuola accoglieva bambini poveri fornendo a essi l’istruzione gratuita.
Ella confidava sempre nell’aiuto divino: «Dio è con noi, e se le sofferenze abbondano in noi anche le sue consolazioni abbondano grandemente, molto al di là di quanto si possa esprimere».
La comunità adottò, con alcune modifiche, la Regola dell’Ordine francese delle Figlie della Carità di S. Vincenzo de’ Paoli, diventando note come Figlie della Carità di S. Giuseppe. Nel gennaio 1812 venti donne, tra cui le cognate Harriet e Cecilia, si erano unite alla comunità. L’ordine si diffuse rapidamente: fu aperta una casa a Filadelfia nel 1814; fu assunta la cura dei bambini nell’orfanotrofio S. Giuseppe a Emmitsburg, nel Maryland; tre anni dopo fu inaugurato un orfanotrofio a New York.
Ovunque andassero aprivano scuole e insegnavano negli orfanotrofi. Madre Seton scrisse libri di testo, tradusse libri dal francese e compose inni e discorsi spirituali, molti dei quali furono pubblicati. Lei e il suo ordine sono giustamente considerati i fondatori del sistema scolastico parrocchiale negli Stati Uniti, che divenne una delle travi portanti della Chiesa cattolica in quel paese. Tutti i loro successi furono attribuiti all’aiuto di Dio: «… la mia anima è libera e soddisfatta come è stata oppressa e afflitta, poiché Dio mi ha concesso la sua grazia per rimuovere ogni ostacolo alla vera fede nella mia anima, e mi ha riempito di forza per affrontare difficoltà e tentazioni dalle quali sono esternamente provata…».
Madre Seton morì a Emmitsburg il 4 gennaio 1821. La prima congregazione a essere fondata in suolo americano si diffuse e raggiunse il numero di venti case negli Stati Uniti, con un impegno e un’influenza crescenti. Attualmente vi sono cinque comunità indipendenti di suore della Carità, e una sesta si è fusa con le Figlie della Carità francesi. Le sorelle operano negli ospedali, in istituti per bambini, case per anziani e handicappati, scuole di ogni livello. Possiedono case sia in America del Sud che in quella del Nord, in Italia e in paesi di missione.
Che madre Seton fosse candidata alla canonizzazione era cosa ovvia per chiunque la conoscesse. La sua causa fu avviata dal cardinale James Gibbons di Baltimora, successore dell’arcivescovo James Roosevclt Bayley, nipote della Madre, e venne introdotta formalmente nel 1907.
Furono attribuiti alla sua intercessione almeno tre miracoli di guarigione, tra i quali uno dalla leucemia e uno da una grave meningite. Giovanni XXIII la dichiarò venerabile nel 1959 e la beatificò nel 1963. Fu canonizzata da Paolo VI il 14 settembre 1975, alla presenza di più di mille suore dell’ordine.
Nella sua allocuzione il papa parlò dei suoi straordinari risultati come sposa, madre, vedova e consacrata, dell’esempio da lei dato alle future generazioni con forza e dedizione, e di «quella spiritualità religiosa che la prosperità temporale (statunitense) sembra oscurare e rendere quasi impossibile».
Il suo corpo è sepolto sotto l’altare nella cappella del santuario nazionale a lei dedicato nella casa provinciale delle Figlie della Carità a Emmitsburg, nel Maryland.
Ecco le parole del papa Paolo VI durante la canonizzazione:
” E’ la prima degli Stati Uniti d’America glorificata da questo incomparabile titolo. Ma che vuol dire: “è Santa”? Noi abbiamo tutti facilmente l’intuizione circa il significato di questa superlativa qualifica; ma ci è poi difficile farne un’analisi esatta; Santa vuol dire perfetta, di una perfezione, che raggiunge il livello più alto che un essere umano possa conseguire. Santa è una creatura umana nella pienezza della sua conformità alla volontà di Dio. Santa è un’anima in cui ogni peccato, principio di morte, sia cancellato, e sostituito da uno splendore vivente di grazia divina. […] La Seton è americana. Lo diciamo tutti con letizia spirituale, e con intenzione celebrativa della terra e della Nazione, da cui la Seton, primo fiore dell’albo dei Santi, meravigliosamente germogliò. […] Poi: la Seton nacque, crebbe e fu educata religiosamente a New York nella Comunità Episcopaliana. A questa Chiesa va il merito d’avere svegliato e alimentato il senso religioso e il sentimento cristiano. […] Noi riconosciamo volentieri questo merito e ben sapendo quanto sia costato a Elizabeth il passaggio alla Chiesa cattolica. […Trovò] naturale conservare quanto di buono l’appartenenza alla fervorosa Comunità Episcopaliana le aveva insegnato, in tante belle espressioni della pietà religiosa specialmente, e abbia sempre attinto fedeltà di stima e di affetto per le persone, da cui tale professione cattolica l’aveva dolorosamente separata. È motivo per noi di letizia e presagio di sempre migliori rapporti ecumenici notare la presenza a questa cerimonia di distinte personalità Episcopaliane, alle quali, quasi interpretando il cuore della nuova Santa, porgiamo il nostro devoto e augurale saluto. […] La Seton fu madre di famiglia e simultaneamente fondatrice della prima Congregazione religiosa femminile negli Stati Uniti. Sebbene non unica e non nuova questa sua condizione sociale ed ecclesiale (…), essa distingue in modo particolare (…) per la sua piena femminilità, tanto che, nel momento in cui una Donna viene elevata ai supremi onori da parte della Chiesa cattolica, piace a Noi rilevare la felice coincidenza tra questo evento e l’iniziativa delle Nazioni Unite: l’Anno Internazionale della Donna. Tale programma tende a favorire la consapevolezza del dovere, che su tutti incombe, di riconoscere la vera funzione della donna nel mondo e di contribuire alla sua autentica promozione nella società. Godiamo, altresì, del vincolo che in tal modo si è stabilito tra questo programma e l’odierna canonizzazione, nella quale la Chiesa esalta al massimo grado Elizabeth Ann Bayley Seton, elogiando il personale ed eccezionale contributo da lei reso come donna: moglie, cioè e madre e vedova e religiosa!”.
Nelle parole del pontefice non possiamo non notare il tono fortemente ecumenico e di grande fraternità, che ci ricorda i risvolti successivi nella dimensione ecumenica della Chiesa Cattolica, presenti nella Ut unum sint di Giovanni Paolo II, che fanno di Paolo VI, oltre che il “cantore dei Santi”, anche, il precursore del cammino ecumenico postconciliare.
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