Finisce il Giubileo, ma non dimentichiamo il carisma

da | Gen 26, 2018 | carisma, Formazione vincenziana | 0 commenti

Una scheda di formazione per gruppi della Famiglia Vincenziana per verificare cosa ha significato celebrare il Carisma Vincenziano nel suo 400° anniversario

La Famiglia Vincenziana nel 2017 ha celebrato il 400° anniversario del Carisma, ossia il ricordo storico di un dono di Grazia che lo Spirito Santo ha voluto concedere a Vincenzo de’ Paoli e a coloro che ne seguono le orme. Siamo stati convocati a Roma per festeggiare, con Papa Francesco, la gioia del dono di Grazia che il Signore ha voluto concedere ai vincenziani. Fare memoria del Carisma è stato un ritornare a quell’evento unico in cui lo Spirito Santo direttamente ha comunicato ad un uomo, Vincenzo de’ Paoli, e a coloro che costruirono con lui comunità, i doni necessari per arricchire la Chiesa e renderla segno e strumento di unità e salvezza in Cristo. Festeggiare un carisma significa anche ringraziare il Signore per il dono ricevuto e impegnarsi a “restituirlo” alla Chiesa universale.

La storia di Vincenzo de’ Paoli –  come la vita di coloro che ricevono lo Spirito di Dio – subisce un cambiamento drastico nel 1617.  In quell’anno, il 25 gennaio, dopo una predica rivolta al povero popolo della campagna di Folleville, una moltitudine chiede di fare la confessione generale, che induce il santo a coinvolgere altri sacerdoti nell’opera di salvezza che vede compiersi davanti ai suoi occhi. (vedi tab1)

 

TABELLA 1

La vergogna impedisce a molti buoni campagnoli di confessarsi di tutti i loro peccati al parroco e rimangono così in uno stato di dannazione. A questo riguardo, qualche tempo fa, venne domandato ad una fra le personalità più eminenti del nostro tempo, se queste persone si sarebbero potute salvare, data la vergogna che toglieva loro il coraggio di confessarsi di certi peccati. Egli rispose che indubbiamente, morendo in quello stato, si sarebbero dannate. Mio Dio, dissi tra me, quante se ne perdono allora! È quanto è importante la pratica delle confessioni generali, che rimediano a tale sventura, poiché queste ordinariamente sono fatte con vera contrizione!

Quel contadino, pervaso da sincero spirito di penitenza, diceva ad alta voce che si sarebbe dannato; e quando un’anima è piena di tale disposizione, concepisce orrore per il peccato in modo tale che non solo se ne confessa al sacerdote, ma sarebbe disposta ad accusarsene pubblicamente, se fosse necessario per la sua salvezza. Ho conosciuto alcuni che, dopo la confessione generale, volevano manifestare pubblicamente i loro peccati, e facevo fatica a trattenerli; e sebbene proibissi loro di farlo: “No, Padre, mi rispondevano, li dirò a tutti. Sono un miserabile e merito la morte”. Osservate in questo, vi prego, l’effetto della grazia e la forza del dolore! Ne ho visti molti con questo grande desiderio e se ne incontrano spesso. Sì, quando Dio entra così in un cuore, gli fa concepire tanto orrore per le colpe commesse, che vorrebbe manifestarle a tutti. Alcuni, infatti, toccati da questo spirito di compunzione, non hanno difficoltà a dire ad alta voce: “Sono un uomo perfido, perché in tale e tale occasione ho fatto questo e questo: ne chiedo perdono a Dio, al signor parroco e a tutta la Parrocchia”. Vediamo che anche i più grandi santi hanno agito così. Sant’Agostino, nelle sue Confessioni, ha reso pubblici i suoi peccati, ad esempio di san Paolo, il quale nelle sue lettere ha dichiarato apertamente e senza alcun ritegno di essere stato un bestemmiatore ed un persecutore della Chiesa per rendere maggiormente manifesta la misericordia di Dio. Ecco l’effetto della grazia che opera in un cuore: getta fuori tutto quello che le è contrario!

Questa grazia spinse il contadino di Gannes, in presenza di madame de Gondi di cui era vassallo, a fare la pubblica accusa dei gravi peccati commessi nella vita passata. “Ah! Padre, che cos’è mai questo? – disse allora al santo la virtuosa dama -. Che cosa mai abbiamo udito? Senza dubbio avverrà lo stesso per la maggior parte di questa povera gente. Se quest’uomo che era stimato come persona dabbene si trovava in uno stato di dannazione, che sarà degli altri che vivono peggio di lui? Ah! Padre, quante anime si dannano? Come rimediarvi?”.

Quest’ultimo continuò: “Nel mese di gennaio 1617, il giorno 25, festa della conversione di San Paolo, quella dama mi pregò di fare una predica nella Chiesa di Folleville per esortare gli abitanti alla confessione generale; e lo feci. Ne mostrai l’importanza e i vantaggi, insegnando poi il modo di farla bene. Dio gradì con tanta benevolenza la fiducia e la buona fede di questa dama (perché il gran numero e l’enormità dei miei peccati avrebbero impedito il frutto di tale azione) che benedisse la mia predica, e quei buoni campagnoli furono talmente toccati da Dio che si presentarono tutti per fare la confessione generale. Continuai ad istruirli e a disporli ai sacramenti. Poi cominciai ad ascoltarli. Ma la ressa era tanta che, non potendo farvi fronte con un altro sacerdote che mi aiutava, madame de Gondi mandò a pregare i reverendi padri gesuiti di Amiens di venire in nostro aiuto. Scrisse al reverendo padre rettore che venne lui stesso, ma non potendosi trattenere che per poco tempo, mandò al suo posto il reverendo padre Fourché della medesima compagnia, il quale ci aiutò a confessare, predicare, catechizzare e, per misericordia di Dio, non gli mancò il lavoro. Andammo poi in altri villaggi di quel territorio, sempre appartenenti a madame de Gondi, e facemmo come nel primo. Vi fu gran concorso di gente e Dio dette ovunque la sua benedizione. Ecco la prima predica della Missione e il buon esito che Dio le dette nel giorno della Conversione di San Paolo. E di certo la cosa non accadde proprio in quel giorno senza un disegno prestabilito di Dio.

(Conferenza di San Vincenzo de’ Paoli ai Preti della Missione n. 2)

E nell’agosto dello stesso anno, dopo che venne informato dell’estrema povertà di una famiglia, egli coinvolse il popolo per soccorrerla e, il 23 agosto, nasce la Charité, un gruppo di donne impegnate al servizio della carità organizzata, che sarà poi ufficialmente fondata l’8 dicembre di quell’anno.

Sembrerebbero degli accadimenti di routine per un sacerdote: una predica da un pulpito a Folleville, una messa in Parrocchia a Chatillon. In realtà, come la Vergine Maria ricevette la visita dell’Angelo in casa sua (Lc 1,26-38), nel suo vissuto quotidiano, così anche per Vincenzo l’irruzione dello Spirito accade nell’esercizio quotidiano e fedele del suo ministero sacerdotale, ma che ha trasformato un ambizioso  sacerdote in un evangelizzatore consegnato alla vita delle persone povere e scartate del suo tempo.

La vicenda di San Vincenzo ci fa capire che il carisma è tale se è restituito alla Chiesa universale. Il dono non può essere custodito gelosamente e nascosto per paura, ma è necessario che sia “speso” quotidianamente a servizio della Comunità. Ecco perché la Compagnia della Carità, fin dalle sue origini, non rimane una intuizione personale di un parroco di campagna, ma un dono di Dio a servizio di tutta la Chiesa. (vedi tab. 2)

 

TABELLA 2

Trovandomi in una cittadina presso Lione, dove la Provvidenza mi aveva chiamato a fare il parroco, una domenica, mentre mi vestivo per celebrare la messa, vennero a dirmi che, in una casa isolata ad un quarto dl lega di distanza, tutti erano ammalati senza che rimanesse una sola persona per assistere gli altri, e tutti erano in una miseria da non dirsi. Ne fui grandemente commosso, e non mancai dl raccomandarli, nella predica, con tutto l’affetto, al mio popolo; e Dio, toccando il cuore di quelli che mi ascoltavano, fece si che tutti fossero presi da compassione per quei poveri sventurati. Nel pomeriggio tenemmo un’adunanza in casa dl una buona signorina della parrocchia per vedere quali soccorsi fosse possibile portar loro, e ognuno si disse disposto ad andare a consolarli e ad aiutarli secondo i propri mezzi. Dopo il vespro, presi con me un galantuomo della parrocchia e insieme ci mettemmo in cammino verso quella casa. Per la via incontrammo diverse donne che ci precedevano, e un po’ più avanti, altre che tornavano. Poiché era estate e faceva molto caldo, alcune di quelle signore si erano fermate lungo la via per riposarsi e rinfrescarsi. Per dirla in breve ve n’erano tante che l’avreste detta una processione. Appena arrivato visitai gli ammalati e andai a prendere il Santissimo Sacramento per quelli che mi erano sembrati in uno stato più grave, quando Ii ebbi confessati e comunicati si trattò dl vedere che cosa fare per soccorrerli nelle loro necessità. Proposi a tutte le buone persone che la carità aveva spinto a recarsi colà, di impegnarsi, un giorno per una, a far da mangiare ad essi, e non solo ad essi ma a quanti in avvenire si fossero trovati in una simile necessità. È cosi che è nata la prima “Carità”. In seguito fui chiamato a venire qui. Dopo qualche tempo, andando in missione a Villepreux, che i un villaggio a cinque o sei leghe da Parigi, avemmo l’occasione dl stabilirvi la Carità: fu la seconda. Quindi fu data la possibilità di istituirla anche a Parigi, e San Salvatore fu la prima parrocchia ad averla. Dopo vennero le altre principali parrocchie.

(Conferenza di San Vincenzo de’ Paoli alle Figlie della Carità, 13 febbraio 1646)

Il carisma

Per conoscere l’origine del significato della parola carisma, è necessario andare indietro alle prime comunità cristiane e in particolare alle comunità paoline che usarono per prime questo termine. Gli episodi che riguardano quelle comunità e i racconti della Pentecoste ci fanno intendere come un gruppo di persone impaurite e sfiduciate sia stato trasformato dalla Grazia di Dio, per intervento diretto dello Spirito Santo, in una comunità di persone che con coraggio portavano la loro testimonianza fino all’effusione del sangue. Il Carisma per eccellenza, il dono ricevuto dalla prima ekklesìa, è innanzi tutto una persona concreta: lo Spirito Santo, lo Spirito di Cristo, Colui che era stato promesso da Gesù stesso, durante la preghiera sacerdotale, nell’ultima cena (cfr. Gv 14, 16.26; 15,26; 16,7). Egli si effonde sulla Chiesa, con potenza a Pentecoste, al fine di confermare l’opera stessa compiuta da Gesù, anche attraverso segni concreti (cfr. At 2,34). Tale segni vengono operati nel nome di Cristo, ma anche a partire da doni concreti che vengono elargiti ai credenti: essi sono appunto i carismi.

Gli Atti degli Apostoli documentano questa Pentecoste, che realizza la predizione di Gioele di un popolo tutto profetico, spirituale (At2,17-22). Non c’è una sola grande Pentecoste, ma l’effusione dello Spirito è un evento che si ripete, che caratterizza il nuovo corso della storia, dopo Cristo, a qualificare l’essenza dell’opera e del dono di Cristo: At 6,8 (Stefano); 8,5-8 (Filippo); 9 (Saulo); 10,44-46 (Cornelio e la celebre pentecoste dei pagani); 19,5-6 (ad Efeso)… è all’interno di questa effusione generale e abbondante dello Spirito che emergono anche gli elementi di struttura e d’istituzione della chiesa: apostoli, profeti, dottori, diaconi, presbiteri…

Appare essenziale soffermarci almeno un momento sul termine greco dal quale proviene la parola italiana. La parola carisma, di formazione tardiva, è entrata nel linguaggio più comune proprio per opera del cristianesimo ed in particolar modo di Paolo, che la usa nelle sue lettere per 16 volte (contro l’unica volta della 1Pt 4,10, e le due varianti utilizzate nel Siracide, che non fanno testo), tanto da poter affermare che l’uso della parola è certamente creazione di Paolo per indicare tutti quei particolari fenomeni e manifestazioni che derivano dalla fede espressa nelle comunità da lui fondate, specialmente a Corinto. Paolo non può aver preso il termine dall’AT, poiché in questi testi vi appare solo come variante. Questa parola proviene dal verbo charìzomai, che implica un dare qualcosa ad un altro, in maniera gratuita e spontanea. Il suffisso ma, invece, esprime, il compimento dell’azione, la sua completa compiutezza. In questo senso chàrisma, sarebbe allora traducibile come “dono gratuito”. Interessante è comprendere l’uso ed il significato di questo vocabolo tecnico a partire da Paolo, ma per farlo, bisogna prima fare qualche accenno al fatto che egli utilizza il termine “carisma” anche in altri contesti (cfr., Rm 5,15-17; 2Cor 1,11, ad esempio), mentre i passi in cui il termine è utilizzato tecnicamente sono pochi, ma mostrano una profonda competenza linguistica ed esperienziale di esso. Va rilevato inoltre che Paolo, parlando delle realtà spirituali, utilizza quattro diverse espressioni per indicare i doni che Dio offre alla sua Chiesa: “doni dello Spirito” (1Cor 12,1;14,1), “ministeri” (1Cor 12,5; 2Cor 9,12 e ss.), “operazioni” (1Cor 12,6) ed infine appunto, “carismi” (1Cor 12,4), con una sinergia linguistica che in certi casi, come già dicevamo, permette di sovrapporre tra di essi i diversi vocaboli, interscambiandoli. All’interno di quest’ultimo termine,“carisma”, egli poi utilizza varie diverse designazioni per indicare il medesimo giro di significato: “manifestazioni dello Spirito Santo”, “spirituali”, “spiriti” (1Cor 12, 1.7; 12,11). Il termine “carisma”, comunque,  esprime sempre un dono particolare, gratuito, che non è uguale per tutti i fedeli, donato liberamente da Dio per edificare la sua Chiesa e dunque per il bene di tutti. In questo senso i carismi non possono essere confusi con i doni naturali o con i talenti umani, essi fanno parte dell’ordine della Grazia, per cui hanno la loro origine nella misericordia e nella gratuità del Dio che li dona. D’altro canto non possono essere nemmeno confusi con i frutti dello Spirito, poiché nel pensiero di Paolo, mentre i frutti dello Spirito appartengono di per sé a tutti i cristiani (cfr., Gal 5,22), i carismi sono dono dello Spirito accordati in vista del bene comune. In particolar modo l’Apostolo delle genti, esprime con tale visione dei carismi tutta una teologia profonda di essi,  attribuendone l’origine ora all’Una ora all’altra Persona della Trinità, seppure evidenzia, un legame molto forte tra lo Spirito ed i carismi, fino ad affermare chiaramente che la presenza di essi, nell’uomo è un’opera dello Spirito (cfr., 1Cor 12,11), creando una sinergia tra la Persona divina ed i suoi doni, di grande rilievo. Essenziale è comunque il discernimento all’interno di essi, che viene attuato attraverso la confessione del Cristo al quale i carismi stessi, devono portare. Sarebbe infatti una contraddizione se lo Spirito di Cristo non riconoscesse in Gesù Messia, il Signore. Tra i carismi, poi, se ne trovano di più “evidenti” (quali il dono delle lingue, il dono delle guarigioni, ecc…), di gerarchici, di ministeriali, ed alcuni finalizzati esclusivamente al compimento d’alcune attività particolari nella Chiesa. Paolo ci consegna in questo senso, nelle sue Lettere,  quattro liste di essi (cfr., 1Cor 12, 8-10; 1Cor 12, 28-30; Rm 12, 6-8; Ef 4,11), ma tali elenchi si presentano tra di esse differenti, lasciando intuire il loro carattere di assoluta non esaustività (del resto nel campo dello Spirito, sarebbe impossibile quantizzare o voler misurare razionalmente ciò che è puro dono).

Nei documenti del Concilio Vaticano II, diversamente dal magistero precedente, c’è un pieno recupero della concezione paolina dei carismi. Infatti l’ultimo concilio supera la concezione dominante nella teologia precedente, anche in quella ufficiale, che puntava sul carisma-miracolo, per stimolare invece la fiducia e l’attenzione nei confronti dei carismi «più semplici e più comuni» (LG 2). In LG 4 (tab.3)  e AG4 (tab.4) si riconosce che lo Spirito Santo con i suoi doni, costruisce la Chiesa profondamente; non solo con l’azione della gerarchia, ma tramite tutte le forze, le persone e i carismi che hanno ricevuto in dono.

 

TABELLA 3

Lo Spirito santificatore della Chiesa

4. Compiuta l’opera che il Padre aveva affidato al Figlio sulla terra (cfr. Gv 17,4), il giorno di Pentecoste fu inviato lo Spirito Santo per santificare continuamente la Chiesa e affinché i credenti avessero così attraverso Cristo accesso al Padre in un solo Spirito (cfr. Ef 2,18). Questi è lo Spirito che dà la vita, una sorgente di acqua zampillante fino alla vita eterna (cfr. Gv 4,14; 7,38-39); per mezzo suo il Padre ridà la vita agli uomini, morti per il peccato, finché un giorno risusciterà in Cristo i loro corpi mortali (cfr. Rm 8,10-11). Lo Spirito dimora nella Chiesa e nei cuori dei fedeli come in un tempio (cfr. 1 Cor 3,16; 6,19) e in essi prega e rende testimonianza della loro condizione di figli di Dio per adozione (cfr. Gal 4,6; Rm 8,15-16 e 26). Egli introduce la Chiesa nella pienezza della verità (cfr. Gv 16,13), la unifica nella comunione e nel ministero, la provvede e dirige con diversi doni gerarchici e carismatici, la abbellisce dei suoi frutti (cfr. Ef 4,11-12; 1 Cor 12,4; Gal 5,22). Con la forza del Vangelo la fa ringiovanire, continuamente la rinnova e la conduce alla perfetta unione col suo Sposo. Poiché lo Spirito e la sposa dicono al Signore Gesù: « Vieni » (cfr. Ap 22,17). Così la Chiesa universale si presenta come « un popolo che deriva la sua unità dall’unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo » .

(Costituzione Dogmatica sulla Chiesa Lument Gentium 4)

 

TABELLA 4

La missione della Chiesa

4. Per il raggiungimento di questo scopo, Cristo inviò da parte del Padre lo Spirito Santo, perché compisse dal di dentro la sua opera di salvezza e stimolasse la Chiesa a estendersi. Indubbiamente lo Spirito Santo operava nel mondo prima ancora che Cristo fosse glorificato (19). Ma fu nel giorno della Pentecoste che esso si effuse sui discepoli, per rimanere con loro in eterno (20); la Chiesa apparve ufficialmente di fronte alla moltitudine ed ebbe inizio attraverso la predicazione la diffusione del Vangelo in mezzo ai pagani; infine fu prefigurata l’unione dei popoli nell’universalità della fede attraverso la Chiesa della Nuova Alleanza, che in tutte le lingue si esprime e tutte le lingue nell’amore intende e abbraccia, vincendo così la dispersione babelica (21). Fu dalla Pentecoste infatti che cominciarono gli « atti degli apostoli », allo stesso modo che per l’opera dello Spirito Santo nella vergine Maria Cristo era stato concepito, e per la discesa ancora dello Spirito Santo sul Cristo che pregava questi era stato spinto a cominciare il suo ministero (22). E lo stesso Signore Gesù, prima di immolare in assoluta libertà la sua vita per il mondo, organizzò il ministero apostolico e promise l’invio dello Spirito Santo, in modo che entrambi collaborassero, sempre e dovunque, nella realizzazione dell’opera della salvezza (23). Ed è ancora lo Spirito Santo che in tutti i tempi « unifica la Chiesa tutta intera nella comunione e nel ministero e la fornisce dei diversi doni gerarchici e carismatici» (24) vivificando – come loro anima – le istituzioni ecclesiastiche (25) ed infondendo nel cuore dei fedeli quello spirito missionario da cui era stato spinto Gesù stesso. Talvolta anzi previene visibilmente l’azione apostolica (26), come incessantemente, sebbene in varia maniera, l’accompagna e la dirige (27).

(Decreto sull’attività missionaria della Chiesa – Ad Gentes 4)

Ci serve capire, ora,  come il carisma vincenziano interessa alla vita della Chiesa di oggi. Si parla spesso dei segni dei tempi, dell’urgenza di scoprire  quello che oggi lo Spirito dice alle chiese (Ap 2) e quindi del perenne aggiornamento della Chiesa. Poiché il rinnovamento è opera dello Spirito, è necessario fare attenzione ai doni spirituali che oggi la Famiglia Vincenziana porta in dono alla Chiesa.

  •  Consapevoli che i Gruppi di Volontariato Vincenziano sono il frutto di una ispirazione carismatica di San Vincenzo de’ Paoli, come alimenti questo dono di Grazia nella vita personale e del tuo gruppo?
  • Il termine “carisma”,  esprime sempre un dono particolare, gratuito, donato liberamente da Dio per edificare la sua Chiesa e dunque per il bene di tutti. Il gruppo in che maniera si impegna a restituire alla Parrocchia, alla Diocesi, il dono ricevuto dallo Spirito Santo? 
  • Lo Spirito rinnova sempre la comunità. In che maniera il gruppo si lascia plasmare dallo Spirito perché faccia nuove tutte le cose (cf Ap 21,5)?

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