Atti 2, 14.36-41;
Salmo 22;
1Pietro 2,20-25;
Giovanni 10,1-10
Lectio
Il libro degli Atti degli apostoli, scritto tra il 75 e l’85 dopo la morte e risurrezione del Signore, ha come tema la solidità della Chiesa che, nonostante le avversità sopportate dalle istituzioni politiche e militari israelitiche, nessuno riesce e riuscirà ad abbatterla, perché lo Spirito Santo la guida e le suggerisce le parole da proferire. Per questo la prima predicazione degli apostoli risulta così efficace, anche se annunziavamo una figura di Messia che era totalmente differente da quella che si erano costruiti gli ebrei del tempo. Lo stesso tema è sviluppato anche nella seconda lettura, ma in un altro contesto: quello della seconda persecuzione, scatenata dagli imperatori romani contro la comunità cristiana. Il motivo è che i cristiani sostenevano di non aver bisogno di sacerdote, tempio e offerta, perché Cristo è il sacerdote, il tempio e l’offerta. Ora, nell’impero romano una religione che non aveva tempio, sacerdote e offerta, non era ritenuta degna di tale nome. Per cui i suoi adepti erano da ritenersi senza religione e quindi atei. Nell’impero romano l’ateismo era considerato un crimine. Ecco perché i cristiani erano perseguitati e condannati a morte.
Nessuna persecuzione è mai riuscita a cancellare la Chiesa dalla faccia della terra perché, nonostante i suoi limiti e le sue miserie, questa è condotta dall’unico pastore, il Cristo, pronto a compiere la volontà del Padre e a dare la vita per l’umanità.
Meditatio
Cristo il vero ed unico pastore: il brano evangelico pone a confronto il Cristo con scribi, farisei, dottori della legge e sacerdoti del Tempio ma, anche con certi pastori, o pseudo tali, che c’erano all’interno delle prime comunità cristiane. Infatti, Paolo nelle sue lettere, scrive di pastori che dividevano le comunità, o perché le volevano tenere schiave della mentalità ebraica, oppure perché bravi teatranti nell’eloquenza cercavano, invece di porre al centro della comunità cristiana il Signore, di porsi loro come centro di gravità.
Paolo, che sembra essere la persona problematica, perché suscita la questione, non teme di asserire la verità, anche se appare – almeno dalle sue lettere – che egli sia in minoranza, anzi verrà ucciso a causa della sua predicazione. Ma Paolo era il vero pastore, colui che a scapito del suo quieto vivere, della sua fama, ha preferito l’ignominia pur di testimoniare il vangelo. Infatti, noi oggi leggiamo Paolo non gli altri…
Auguriamoci di essere dei pastori per i nostri fratelli, prima con l’esempio e poi con la parola.
Buona domenica.
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