La Quaresima fa parte di un passato ormai superato? È tra quelle realtà che sopravvivono per tradizione? Oppure un cristiano può ancora attualizzare la quaresima ed essere una testimonianza per i suoi contemporanei? Cercherò, in questo mio contributo di rivisitare la storia di questo “grande” periodo dell’anno liturgico e di trovare le motivazioni teologico spirituali che possano dare un senso alla quaresima.
A. La storia
Fin dai sui primissimi albori, la Chiesa prende coscienza che la Pasqua costituisce il vertice sommo della sua vita, il centro di convergenza della storia e l’unica possibile soluzione in grado di conferire ad essa un senso. I cristiani dei primi tempi restavano affascinati dalla realtà della morte – risurrezione di Cristo che tutto viene a restaurare, uomo e universo. Perciò essi avvertono l’urgenza di una celebrazione unica – quella appunto della Pasqua – dove, in obbedienza all’ordine del Signore, si rinnovi la Cena domenicale, attualizzando la morte – risurrezione di Gesù. Dominato dall’evento pasquale, il popolo cristiano riserva, nel II secolo (dal 100 al 200 d.C.), una domenica particolare alla sua celebrazione. Ma perché ne sia degna, essa dovrà essere preparata nel migliore dei modi: cioè con la preghiera ed il digiuno. Con l’intuizione, frutto dello Spirito, battesimo e iniziazione cristiana (= percorso che conduceva al battesimo, che introduceva nella Chiesa e ammetteva alla celebrazione eucaristica. La confermazione (cresima) era un rito all’interno della celebrazione battesimale) vengono perciò sempre più spesso riservati alla notte di Pasqua. La lettera di san Paolo ai Romani, al capitolo 6, non insegna forse che il battesimo è perfetta conformazione alla morte e risurrezione di Cristo? Perché allora non conferire il battesimo durante le feste pasquali? Nel contempo, il periodo di preparazione intellettuale, morale e spirituale auspicato per tutti i cristiani, assume connotazioni più estensive per i catecumeni (= le persone che compivano il cammino in preparazione al battesimo), in vista della loro prossima iniziazione. In tal modo l’ascesi quaresimale propria di ogni cristiano si apre ai bisogni di coloro che s’incamminano verso la fede battesimale. Quando poi il Giovedì Santo diverrà il giorno fissato per la riconciliazione dei penitenti, costoro, a loro volta, saranno per tutti i cristiani una ulteriore sollecitazione e un rinnovato motivo di ascesi e di preghiera. È quindi normale che questi diversi interessi abbiano comportato, con le loro ricchezze, una progressiva evoluzione.
Prima tappa:
il digiuno infra pasquale del Venerdì e del Sabato Santo.
È verosimile che per la Chiesa antica anche il Venerdì Santo abbia costituito un giorno di celebrazione liturgica. Sull’argomento ci riferisce Egeria (monaca o nobildonna) in pellegrinaggio a Gerusalemme nel IV secolo che annota tutto nel suo Diario di Egeria.
Fino ad allora la liturgia del Venerdì Santo era incentrata sulla proclamazione della parola di Dio. Un’altra fonte antica, che addirittura precede Egeria, è la Prima Apologia di Giustino (160 d.C.) da qui si può vedere lo schema della liturgia del Venerdì Santo, che si celebrava al mattino: letture, canti, omelia e preghiera universale.
Nel IV secolo, dopo i racconti di Egeria e le reliquie della santa croce, portate dalla terra santa, alla liturgia del Venerdì Santo si aggiunse il rito del bacio della reliquia della santa croce.
Prima del VII secolo (600 d.C.) il venerdì santo non ci si comunicava. È interessante scoprire che, fino al XII secolo durante la messa (1100) ci si comunicava tutti sotto le due specie.
Nel 1955 ci fu la riforma di Pio XII, chiamata riforma piana, che introdusse la comunione al venerdì santo. Il Concilio Vaticano II, non se la sentì di toglierla di nuovo dopo pochi anni che era stata istituita.
Il rito ambrosiano (seguito nella diocesi di Milano) segue ancora le norme antiche e il venerdì santo non ci si comunica. Io sono d’accordo con gli ambrosiani, perché la comunione al di fuori della messa si impartisce solo ai malati e agli anziani che non possono, per ovvi motivi, partecipare alla celebrazione eucaristica.
Seconda tappa:
Preparazione di una settimana.
Nel terzo secolo, nella Chiesa di Roma si constata che la domenica e il venerdì prima di Pasqua erano detti De Passione (di Passione) e che il mercoledì e il venerdì della stessa settimana erano giorni in cui non si celebrava l’eucaristia (digiuno eucaristico). Nel V secolo verrà letto il racconto della passione la domenica, il mercoledì e il venerdì. Indizi questi, a quanto pare, di una prassi molto antica.
Terza tappa
Preparazione di tre settimane.
È nel corso del IV secolo che si organizza questo periodo di preparazione alla Pasqua. La terza domenica prima della Pasqua – escludendo la domenica di pasqua – era intitolata Dominica in mediana che è denominazione tipicamente romana; inoltre questa settimana era riservata alle Ordinazioni.
Durante queste tre settimane si proclamava il vangelo secondo Giovanni. Il fatto è anch’esso sintomatico perché la lettura giovannea era caratterizzata da brani riferentesi alla prossimità della Pasqua e della presenza di Gesù a Gerusalemme.
Quarta tappa
Preparazione di sei settimane.
Questa preparazione, di cui possediamo testimonianze certe, iniziò un po’ prima del 384. Aveva carattere prevalentemente ascetico (= spirituale) e questo si spiega con l’introduzione, il Giovedì Santo, della prassi della riconciliazione dei penitenti che ad esso si erano preparati, secondo le prescrizioni di Pietro di Alessandria († 311), per quaranta giorni.
I penitenti davano inizio a questa preparazione la prima domenica di queste sei settimane (più tardi anticipata la mercoledì immediatamente precedente). Come è stato appena detto, la loro riconciliazione avveniva il Giovedì Santo, quaranta giorni dopo l’inizio della loro preparazione. Da qui il nome di Quaresima.
Quinta tappa:
un prolungamento dei quaranta giorni.
Verso la fine del V secolo (400 d.C.), ha inizio la celebrazione del mercoledì e venerdì precedenti la Quaresima come se ne facessero parte. E si giunge a imporre le ceneri ai penitenti il mercoledì di questa settimana antecedente la prima domenica di Quaresima, cerimonia che verrà poi estesa a tutti i cristiani.
Sesta tappa:
sette settimane di preparazione.
Nel corso del VI secolo (500 d.C.), tutta la settimana che precede la prima domenica di Quaresima, durante la quale era già in vigore con particolare accentuazione la celebrazione del mercoledì e del venerdì, è dedicata alla preparazione pre pasquale. La domenica con cui ha inizio viene chiamata Quinquagesima (dal latino = cinquantesima) – e a giusto titolo – perché è il cinquantesimo giorno prima della Pasqua.
Due altre domeniche, poi verso la fine del VI e agli inizi del VII (600 d.C.) secolo, costituiranno un ulteriore prolungamento della Quaresima, vale a dire la Settuagesima (dal latino = settantesima) e la Sessagesima (dal latino = sessantesima). Queste istituzioni, come del resto quella del mercoledì precedente la prima domenica di Quaresima, denotano una strana tendenza ad anticipare il tempo forte della Quaresima vera e propria e ne svigoriscono in qualche modo la peculiarità. Questa situazione durerà fino alla riforma del Vaticano II.
Ottava tappa:
la riforma del Vaticano II.
L’evoluzione progressiva della Quaresima, talvolta «selvaggia», richiedeva, un rinnovamento coraggioso, soprattutto se, come in passato, si voleva collegare a questo periodo l’organizzazione del catecumenato degli adulti.
Un primo compito s’imponeva: ridimensionare l’intero periodo, restituendo ai «quaranta giorni» tutto il loro rilievo. Era quindi necessario sopprimere la Settuagesima, la Sessagesima e la Quinquagesima. A questo punto però sorgeva un problema. Non si doveva forse, per ridare alla Quaresima le sue precise dimensioni, sopprimere anche il Mercoledì delle Ceneri, spostando la sua celebrazione al lunedì successivo alla prima domenica di Quaresima? Valutato attentamente ogni cosa, la soluzione migliore parve quella di lasciare immutato il calendario di questo mercoledì poiché la tradizione tanto lunga, nota persino ai non cristiani, non consentiva di operare una modifica così radicale. Logicamente questa scelta doveva comportare alcune conseguenze: il Mercoledì delle Ceneri diventava allora l’inizio della Quaresima e, di conseguenza, i formulari quaresimali, come gli Inni ecc.., che fino allora venivano impiegati soltanto a partire dalla prima domenica, dovevano essere collocati in questo giorno.
La benedizione delle ceneri e la loro imposizione che fino alla Riforma Liturgica del Vaticano II avevano luogo all’inizio della messa, furono integrate alla messa stessa e spostate dopo l’omelia. Infatti, dopo il Vaticano II, fatta eccezione per il sacramento della penitenza, la maggior parte delle celebrazioni sacramentali o delle benedizioni sono state collocate dopo l’omelia della messa.
B. Riflessione teologico – Spirituale
Dopo aver percorso il cammino storico, riguardante il tempo quaresimale, cercheremo di dare a questo un senso teologico spirituale, che il cristiano che vive nel nostro mondo possa attualizzare.
Il numero quaranta nel linguaggio biblico richiama ai quaranta anni che il popolo visse nel deserto, quando era diretto nella terra promessa. Inoltre, sempre il numero quaranta, ricorda i quaranta giorni che Gesù trascorse nel deserto digiunando. Questo significa che la Quaresima è un tempo forte, come il Tempo di l’Avvento, il Tempo di Natale e il Tempo Pasquale, in cui si è chiamati a verificarci su un aspetto della vita cristiana, che dovremmo vivere durante la quotidianità (= Tempo Ordinario).
La Quaresima richiama il cristiano a come vive la sua sequela al Cristo nei momenti tristi o duri della vita.
Chiediamoci: in queste situazioni, mi rivolgo all’esempio di Cristo nella sua passione, oppure mi ribello e lascio il mio posto?
Nelle situazioni difficili, specialmente quelle che si creano all’interno della Chiesa, guardo a Cristo nella sua passione, oppure come i discepoli fuggo per paura di ritorsioni?
Nelle situazioni difficili, guardo a Cristo nella sua passione, oppure mi schiero – per timore o per tornaconto -, con scribi e farisei che sbeffeggiavano Gesù chiedendogli di scendere dalla croce?
Ho il coraggio, come lo ebbe il buon ladrone, di ammettere gli errori commessi, di chiedere perdono e cambiare vita?
Ci rendiamo conto come la quaresima sia una cosa seria e non, con tutto il rispetto, il periodo in cui si gioca a fare i digiuni, a saltare la frutta e cose simili e poi, nelle situazioni pesanti… si fa come i discepoli nell’orto degli ulivi: si abbandona Gesù, per vivere al caldo nelle case delle nostre tradizioni, al caldo con le nostre frustrazioni, che hanno come conseguenza l’insignificanza del nostro lavoro (apostolato, catechesi e liturgia) perché non parla più al mondo circostante.
E allora, avremo le chiese in cui, sempre, con tutto il rispetto, ci saranno tante persone anziane, contente perché possono dedicarsi alle loro devozioni, alcuni tradizionalisti, che vivono in un mondo che non esiste più e pochi bambini e ancora meno adolescenti, che vengono in vista della prima comunione e della cresima ma, poi se ne andranno…..
I grandi assenti: la fascia dai 30 ai sessant’anni ed i giovani! È il segnale che siamo di fronte ad una parrocchia che ha già ricevuto l’Unzione degli infermi, che non ha più nulla da dire, per l’evangelizzazione della nostra società occidentale.
È chiaro, il punto è sempre lo stesso: per vivere seriamente la santa Quaresima è necessario aver incontrato il Risorto e diventare evangelizzatori con l’esempio.
Auguro a tutti noi di vivere una sana quaresima, per diventare s nostra volta luce e sale nel mondo; per diventare evangelizzatori, non del mondo che fu, ma della nostra società, come lo furono, in ogni epoca storica i veri profeti.
Buona santa Quaresima a tutti.
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