Isaia 9, 1 – 6
Salmo 95
Tito 2,11-14
Luca 2,1-14
Lectio
Nel brano, tratto dal libro del profeta Isaia, al capitolo nono, si annuncia la venuta del messia come sovrano di pace, che sarà ristabilita sconfiggendo le potenze che avevano condotto in esilio Israele dopo la sconfitta subita dall’Egitto, suo alleato, per mano degli Assiro Babilonesi.
Quella immagine del messia atteso non è la stessa predetta dalla predicazione profetica ma, il denominatore comune è che Cristo sarà portatore di pace, non solo per Israele, ma per il mondo intero.
L’autore del vangelo di Luca che, insieme all’autore del vangelo di Matteo, sono gli unici a scrivere sull’infanzia di Gesù, non intendono narrare una cronaca di fatti per quanto riguarda la nascita di Gesù ma, intendono offrire alle loro comunità una catechesi su chi era colui che nacque.
Cesare Augusto indice un censimento per tutto l’impero romano, storicamente il censimento avvenne, non ricordo bene, due o tre anni prima o dopo la nascita di Gesù. L’autore se ne serve per dimostrare che Gesù discende da Davide, perché così doveva essere per il messia, e fa andare Giuseppe a Betlemme, la città di Davide. Ora i vangeli di Luca e di Matteo furono redatti tra il 75 e l’85 dopo Cristo. Questo significa che Gerusalemme, la città di Dio, era già stata rasa al suole dalle legioni romane da qualche anno. Quindi gli autori delle due narrazione dell’infanzia di Gesù è come se dicessero: chi era colui che è nato? Era il messia atteso: annunziato dai profeti e dagli angeli. Che cosa ne ha fatto Israele? Lo ha rifiutato ( …non c’era posto per loro nell’albergo) e egli è dovuto nascere e morire, come i reietti: fuori della città (nacque in una mangiatoia e morì sul calvario crocifisso), fu accolto dagli ultimi in Israele (pastori, pescatori, pubblicani e prostitute e dai pagani = re magi). Questi, al suo seguito formarono il nuovo popolo di Dio: la comunità cristiana. Popolo di uomini nuovi rinati dall’acqua del battesimo e dall’effusione dello Spirito Santo che, nonostante gli errori causati dalle persone al suo interno, conduce la Chiesa e nessuno potrà mai dominarla.
Meditatio
Il tempo di avvento ha verificato, all’interno della vita cristiana, l’accoglienza del Signore nel fratello che incontriamo ogni giorno
In tempo di Natale, che inizia con il giorno della solennità del Natale del Signore e termina con la festa del Battesimo del Signore, ci chiede di verificare come noi amiamo ed accettiamo la nostra vita di persone qualunque.
Questo perché il Signore, al contrario di quello che sosteneva la tradizione ebraica, che era sicura che il messia nascesse in una famiglia di nobili o di ricchi mercanti, scelse di nascere in una famiglia comune: quella del falegname di Nazareth. In pratica che cosa successe: a Nazareth, il paese più malfamato d’Israele, nella casa di Giuseppe il falegname, la moglie dette alla luce un bambino. Questi visse, per trent’anni, come persona qualunque, senza che nessuno sapesse chi fosse. Infatti, nel vangelo di Matteo si narra che, quando in un sabato, durante il culto ebraico nella sinagoga del suo paese natale, egli provò a commentare il brano del profeta Isaia, che era stato proclamato, gli fu comandato di tornare al suo posto perché, essendo il figlio del falegname, non era stato educato alla scuola dei rabbini e quindi non era in grado di commentare il brano tratto dal libro del profeta Isaia.
Tutto questo dimostra che il Signore ha vissuto trent’anni come noi. Non ha voluto condividere la vita dei ricchi e dei nobili, perché spesso quello è un mondo artefatto, ma, stare con gli ultimi, con coloro che hanno il coraggio della verità e questo è pericoloso! Il Signore nella sua vita ci ha dimostrato che questa è la strada da seguire, pagando di persona.
Come vivremo il tempo di Natale nelle nostre comunità parrocchiali?
Apprezzeremo di fatto e, non solo a parole, la nostra vita di persone qualunque? Oppure si continuerà a seguire quel potere che, sotto Ponzio Pilato che si lavò le mani, crocifisse il Signore?
Quante volte il cosiddetto buon cristiano vive all’ombra del non t’impicciare….del preghiamo perché il Signore provveda….e intanto il buon cristiano non si sporca le mani, non si ferma a soccorrere il samaritano, non lotta contro l’ingiustizia, la calunnia, la menzogna…è come coloro che non aprono la porta del loro albergo al Signore, e indossano un costume per inscenare il presepe vivente nella loro parrocchia; oppure per Natale, proclameranno la Parola, canteranno nella corale, presteranno il loro servizio come accoliti, o come ministri straordinari per la comunione eucaristica ecc…ma, non si saranno accorti che il Signore è rimasto fuori della porta del loro albergo, perché la loro logica non è quella del vangelo, ma quella del sacerdote e del levita sulla via che da Gerusalemme conduce a Gerico: non sporcarsi le mani, non andare alla grotta come i re magi, perché è pericoloso. È pericoloso abbandonare la legge di Mosè (= il si è sempre fatto così), l’opinione pubblica: quelli che non hanno fatto mai quasi nulla, i cosiddetti poteri forti, i poteri dell’alto clero, potrebbero criticarli e distruggere la loro fama ecc…allora è meglio non andare alla grotta Erode potrebbe vendicarsi e…..buttarli fuori del suo squallido regno. È meglio andare a vedere una Messa, gustare un buon pranzo e far finta di essere andati alla grotta, quando ci si recherà a baciare un paffuto Gesù Bambino di coccio o di plastica, semmai anche benedetto dal vescovo.
Il vero Natale celebrato dal cristiano è: recarsi alla grotta, dove troverà gli ultimi che sono diventati i primi, dove troverà testimoni del vangelo che non hanno avuto paura di pagare con la vita e la perdita della fama il loro l’incontro avuto con il Risorto. Incontrerà gente come il cieco nato, buttati fuori dalla sinagoga perché ha avuto il coraggio di testimoniare la verità contro le lusinghe della menzogna. Questo è il celebrare il Natale del Signore che viene. Il resto è teatro.
Auguro a tutti di celebrare un vero Natale del Signore.
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