Ho letto con molto piacere che le Figlie della Carità del Friuli si sono riunite, nella Casa di Mortegliano (UD), per la preparazione alla prossima emissione dei voti il 4 aprile .
La mia fonte è Facebook e dalle foto ho visto volti conosciuti. La mattinata di spiritualità è stata coordinata dal P. Carmine Madalese, superiore della Casa della Missione di Udine.
Mi sono venuti alla mente tanti ricordi: quando, molti confratelli erano impegnati nella preparazione ai voti delle loro consorelle…oggi è diventato un evento raro. I motivi sono diversi: noi missionari stiamo diminuendo ed….invecchiando, come anche le suore.
Queste forse non sentono più la necessità del nostro aiuto spirituale e, si gestiscono autonomamente, anche perché forse non ci ritengono più preparati per svolgere questo ministero e si rivolgono ad altri…
I voti, prima di tutto, esprimono la stabilità di una persona all’interno della propria comunità .
Infatti, se riflettiamo, con l’emissione dei voti una persona entra a far parte della propria comunità per tutta la vita. Questo vale anche per noi figli e figlie di san Vincenzo. Anche le Figlie della Carità una volta emessi i primi voti sono incardinate nella Compagnia.
Allora questo significa che debbo vivere il mio impegno battesimale’ che è quello di essere fedele al Vangelo e di attendere, ogni giorno lo Sposo che viene, all’interno della mia Congregazione.
Infatti l’attesa quotidiana dello Sposo è di ogni cristiano, perché Cristo è lo sposo della chiesa e questa è l’insieme dei battezzati.
I voti mi ricordano qual’è il mio posto nella chiesa: vivere con i fratelli e le sorelle nella mia comunità, per rendere presente la vita delle prime comunità cristiane. Questo era il pensiero di san Benedetto che diede origine alla vita comunitaria in Occidente (cfr. Atti 2,42-48).
Vivere i voti significa costruire ogni giorno la comunità:
1. Attenzione alle sorelle, specialmente se anziane o malate, avere nei loro riguardi una grande tenerezza. Essere attente alla loro pulizia, al loro vitto, al loro svago. Sono le “ultime” della comunità e per questo san Vincenzo c’insegna che, se fosse necessario si dovrebbero vendere i calici della Messa, perché che senso avrebbe celebrare l’eucaristia e poi trascurare il Cristo, presente negli ultimi?
Ecco perché le suore malate debbono, non possono, essere le prime in
comunità, perché in loro vive il Cristo povero ed umile.
2. Attenzione ai momenti di preghiera, specialmente alla celebrazione della liturgia:
Eucaristia, Lodi e Vespri ed altre celebrazioni. Siano momenti ben preparati in cui
la comunità incontra il Risorto nelle parole e nei gesti compiuti, per poi ritrovarlo
nei poveri, prima in quelli che vivono in comunità e poi in quelli fuori della
comunità, perché, a volte è più facile servire i poveri all’esterno e, da sole, che
servire le sorelle malate, nel completo “silenzio” all’intorno.
3. Attenzione che il servizio sia compiuto in comunità, questo per combattere la
tentazione all’individualismo. L’individualista tramuta la Casa o in un ristorante,
o in un albergo, ma non vive la comunità, con la scusa del servizio. In realtà
l’individualista è giunto a costruirsi una vita così e, pur di salvarla, è disposto
qualsiasi compromesso. L’individualista gradisce una comunità mediocre, dove
tutto si trascina, dove tutto si vive all’ombra del si è fatto sempre così, dove la sciatteria è la norma, sia per la vita comune, che per la vita liturgica.
4. Chi costruisce la comunità è povero, perché sa obbedire quando gli
viene chiesto il trasferimento perché non è il giovane ricco del Vangelo che
aveva molti beni, come l’inamovibile, che da una vita è in una Casa e nessuno
riesce a toccarlo, per paura di che non si sa, ed intanto rende amara la vita agli
altri. Oppure, un altro “ricco” colui/ei che si “costruisce” la Casa e tutto deve
girare secondo le sue idee, altrimenti apriti cielo. Allora basta costruirsi una
fama e, prendersi con se persone che non hanno idee e plagiarle ad arte, in
genere i Superiori abboccano, come il caso dell’infermiera di Piombino: grande
lavoratrice, grande donna e moglie e poi? Era un’assassina. Si era costruita
una fama, ma la casa costruita sulla sabbia, sappiamo com’è finita.
Vi auguro care sorelle di rinnovare i vostri voti, con la preoccupazione, costi quel che costi, di “costruire” ogni giorno la comunità in cui vivete, per poter incontrare il Risorto in ogni persona perché, le persone con cui lavorate, possano incontrare delle vere Figlie della Carità, che vivono da care amiche, aiutandosi, sostenendovi, nel lavoro quotidiano e nel celebrare con gioia la liturgia. Costruite la vostra casa sulla roccia che è Cristo.
Auguri! Ricordandovi al Signore,
P. Giorgio Bontempi c.m.
P.s.
Chiedo scusa per la grafica. Ma ho dovuto usare l’IPAD perché ho problemi col il computer’
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