Quarta domenica di Pasqua Di p. Giorgio Bontempi c.m.

da | Apr 23, 2015 | La Parola per la Chiesa | 0 commenti

Atti 4,8-12;
Salmo 117;
1Giovanni 3,1-2;
Giovanni 10,11-18

Lectio

Il brano degli Atti degli apostoli che, questa domenica, è proposto alla nostra riflessione, pone in risalto come Pietro sia un buon pastore, seguendo l’esempio di Cristo, di cui parla il vangelo di Giovanni.
Pietro è il pastore che si prende cura delle pecore, in modo particolare di quelle che hanno più bisogno: l’infermo ed i capi del popolo ebraico. Il primo è risanato. Con questo gesto non si vuole soltanto guarire una persona, ma si vuole cambiare impostazione nel rapporto con Dio in Israele. Infatti, ricordiamo che, fino all’avvento di Cristo il povero, il malato, colui che era caduto in disgrazia, era ritenuto un peccatore che, tramite la sopportazione del suo stato, espiava la colpa commessa e così il problema del male era risolto in Israele. Con la morte e risurrezione del Signore e con l’avvento del nuovo popolo si Dio gli ultimi saranno i primi ed i primi gli ultimi.
Pietro è pastore anche nei confronti dei capi del popolo ebraico: i primi. Egli non teme di annunciare Cristo e di porre alle loro responsabilità i capi del popolo. Inoltre Pietro, come vero pastore mette in luce che non è stato lui a guarire l’infermo, ma il Cristo risorto che, nella persona di Gesù di Nazareth, loro avevano condannato alla morte infame la crocifissione. I primi diventano gli ultimi, perché – nella loro presunzione ed alterigia – sono rimasti sordi alle Scritture, in particolare al messaggio degli antichi profeti, che avevano visto in Gesù la pietra angolare su cui doveva rinascere il nuovo popolo di Dio.

Meditatio

Ogni cristiano all’interno della chiesa è pastore, perché è annunziatore del vangelo ai fratelli, credenti e non credenti ma, sempre fratelli.
L’importante però non è essere pastore, ma è essere buon pastore.
Sant’Agostino nella sua lettera ai pastori, si ripropone di stagliare il ritratto del vescovo e del prete. Egli pone in risalto difetti e qualità del clero del suo tempo. Oggi papa Francesco si ripropone la stessa finalità.
Tra il clero ci sono coloro che sono stufi che il papa continui questo cammino di riforma, a volte usando anche espressioni dure.
Ma, se riflettiamo attentamente, noi preti e vescovi siamo l’asse portante della pastorale: quando una celebrazione liturgica (messa, liturgia delle Ore ecc..) è presieduta all’insegna della sciatteria, che cosa ne ricava il popolo di Dio?
Quando un prete è solo, perché non ha collaboratori: significa che non è capace di costruire la chiesa, di applicare il principio di sussidiarietà, di formare il laico adulto. Il vero collaboratore!
Allora notiamo preti si rifugiano nei movimenti ecclesiali, dove trovano la pappa pronta, la chiesa piena; oppure si rifugiano nel culto mariano di bassa lega.
Questo è l’atteggiamento del mercenario, a cui interessa il successo o il risultato con il minimo sforzo. Se un prete o un vescovo, o un qualsiasi cristiano, vuol essere buon pastore, deve dare la vita per il popolo di Dio. Che cosa significa? Significa che dovrà cercare, con l’aiuto dello Spirito Santo di formare il laico adulto. Un cristiano che si senta parte operante nella chiesa, che sia convenientemente istruito in sacra scrittura, in Liturgia, nell’esercizio della carità. Una persona che sia in grado di evangelizzare secondo lo Spirito del concilio Vaticano II. Evangelizzare con rispetto, con serietà e competenza, negli ambienti in cui vive.
Certo questo programma può anche avere un prezzo. La formazione del laico adulto potrebbe essere ostacolata dai cattolici integralisti e autoreferenziali dei movimenti, oppure dai cattolici del devozionalismo mariano di scarsa qualità. Ecco perché al buon pastore potrebbe essere richiesto anche di dare la vita per la chiesa.

In un periodo di passaggio come quello che viviamo dare la vita per la chiesa è anche programmare ed attuare una pastorale che sia fedele alla visione di chiesa del concilio Vaticano II.

Buona domenica.

Prima lettura
At 4,8-12

In quei giorni, Pietro, colmato di Spirito Santo, disse loro:
«Capi del popolo e anziani, visto che oggi veniamo interrogati sul beneficio recato a un uomo infermo, e cioè per mezzo di chi egli sia stato salvato, sia noto a tutti voi e a tutto il popolo d’Israele: nel nome di Gesù Cristo il Nazareno, che voi avete crocifisso e che Dio ha risuscitato dai morti, costui vi sta innanzi risanato.
Questo Gesù è la pietra, che è stata scartata da voi, costruttori, e che è diventata la pietra d’angolo.
In nessun altro c’è salvezza; non vi è infatti, sotto il cielo, altro nome dato agli uomini, nel quale è stabilito che noi siamo salvati».

Salmo responsoriale
Sal 117

Rit.: La pietra scartata dai costruttori è divenuta la pietra d’angolo.

Rendete grazie al Signore perché è buono,
perché il suo amore è per sempre.
È meglio rifugiarsi nel Signore
che confidare nell’uomo.
È meglio rifugiarsi nel Signore
che confidare nei potenti.

Ti rendo grazie, perché mi hai risposto,
perché sei stato la mia salvezza.
La pietra scartata dai costruttori
è divenuta la pietra d’angolo.
Questo è stato fatto dal Signore:
una meraviglia ai nostri occhi.

Benedetto colui che viene nel nome del Signore.
Vi benediciamo dalla casa del Signore.
Sei tu il mio Dio e ti rendo grazie,
sei il mio Dio e ti esalto.
Rendete grazie al Signore, perché è buono,
perché il suo amore è per sempre.

Seconda lettura
1Gv 3,1-2

Carissimi, vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente! Per questo il mondo non ci conosce: perché non ha conosciuto lui.
Carissimi, noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è.

Vangelo
Gv 10,11-18

In quel tempo, Gesù disse: «Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. Il mercenario – che non è pastore e al quale le pecore non appartengono – vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; perché è un mercenario e non gli importa delle pecore.
Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore.
Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio».

Tags:

0 commenti

Invia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

VinFlix

VFO