2Cronache 36,14-16.19-23;
Salmo 136;
Efesini 2,4-10;
Giovanni 3,14 – 21
15.03.2015
Questa domenica denominata anche dominica in laetare, è cosi definita dalle prime parole dell’antifona d’ingresso, oggi giustamente sostituita dal canto d’ingresso: “Laetare, Jerusalem, et conventum facite …(cfr. Is. 66,10 – 11). Trd. It: Rallegrati, Gerusalemme, e voi tutti che l’amate, riunitevi…
Lectio
La potenza militare persiana, guidata dal re Ciro, sopraffa quella assiro – babilonese e rende la libertà agli schiavi che si trovavano a Babilonia, da quando il re Nabuccodonosor sconfisse l’Egitto, con il quale Israele aveva stretto alleanza, contro l’Assiria.
Ciro è visto dagli ebrei come un nuovo messia, che rende la libertà al popolo di Dio. In realtà gli ebrei che furono deportati in Babilonia avevano consolidato l’arte del commercio e, di conseguenza, aperto attività, per questo motivo rientrò in Israele solo una piccola parte. Infatti non dobbiamo pensare che Nabuccodonosor deportato l’intero popolo ebraico. Egli portò via solo le teste pensanti, cioè coloro che potevano condizionare la massa e volgerla contro Babilonia. La massa non è mai interessata a nessuno, perché va con il vento. Ecco perché il cristiano non deva mai far parte della massa, ma pensare con la propria testa, che il Padre gli ha donato con tanto amore. Questo anche per quanto riguarda la vita all’interno della chiesa.
Il vangelo di Giovanni, scritto neotestamentario più polemico contro i Giudei, dimostra come Gesù di Nazareth sia il vero e l’unico Messia. Egli infatti, nel dialogo con Nicodemo, un fariseo che va da Gesù di notte, forse per paura, o forse perché era notte, cioè nel cuore di Nicodemo lontano dalla vera luce: Cristo, era notte, per cui egli ha assoluto bisogno di essere illuminato.
Cristo illumina Nicodemo mostrandogli il vero volto di Dio: quello di un padre che ama immensamente l’umanità. È il Dio della grande misericordia che, come afferma la lettera agli Efesini, ci ama gratuitamente di un amore genitoriale.
Meditatio
Quanto è difficile far comprendere la misericordia di Dio a coloro che sono convinti di dover meritare il paradiso attraverso le loro opere, i loro digiuni, le loro preghiere ecc…
Anche santa Luisa, di cui noi vincenziani festeggeremo la solennità lunedì 16 marzo – perché il 15 marzo giorno in cui ricorre la solennità, cade la quarta domenica di Quaresima, prima d’incontrare san Vincenzo, era in una condizione simile. Ah, scusate, per coloro che leggono questa Lectio da Fecebook e non conoscono la tradizione vincenziana, Luisa de Marillac è un po’ la nostra santa Chiara. Si potrebbe definire il cuore femminile di san Vincenzo de’ Paoli, con il quale ha portato avanti il cammino che lo Spirito Santo aveva indicato ai nostri due santi nel secolo XVII: i gruppi della carità, le figlie della carità, la collaborazione con i fratelli, i preti della Missione, che san Vincenzo aveva fondato, prima delle suore.
Ebbene anche santa Luisa ha fatto molta fatica a convincersi di essere amata gratuitamente da Dio. San Vincenzo ha visto, come ogni mistico che si rispetti, in questa donna scartata dalla famiglia perché figlia naturale di un Marillac, a tutt’oggi non sappiamo chi fosse la mamma di santa Luisa; scartata, per motivi di salute, dalle monache clarisse cappuccine (che fortuna abbiamo avuto….!!!); obbligata al matrimonio senza amore ecc…ce ne è abbastanza per deprimere una persona qualificata, una grande donna. E Luisa fu davvero una grande donna! Senza di lei san Vincenzo non avrebbe potuto portare avanti il carisma.
Ecco quando le persone scoprono l’amore del Padre cambiano: diventano libere, non solo a parole ma con i fatti: rinascono dallo Spirito. Questo significa che, dopo l’incontro con il Risorto, coloro che sono rinati dallo Spirito affrontano ogni difficoltà, costruiscono realmente al Chiesa, creano armonia e collaborazione, condivisione. Si lavora bene con loro, perché si pongono all’ultimo posto con sincerità e non con falsa umiltà. Hanno superato la paura che era nel cuore di Nicodemo: paura di perdere la fama. I rinati dallo Spirito sono persone a cui non interessa la fama e quindi non interessa neppure perderla.
È molto triste quando un cristiano è preoccupato di non perdere la fama. Si vede che gli interessa non piacere a Dio, ma agli uomini.
Buona domenica
Prima lettura
2Cr 36,14-16.19-23
In quei giorni, tutti i capi di Giuda, i sacerdoti e il popolo moltiplicarono le loro infedeltà, imitando in tutto gli abomini degli altri popoli, e contaminarono il tempio, che il Signore si era consacrato a Gerusalemme.
Il Signore, Dio dei loro padri, mandò premurosamente e incessantemente i suoi messaggeri ad ammonirli, perché aveva compassione del suo popolo e della sua dimora. Ma essi si beffarono dei messaggeri di Dio, disprezzarono le sue parole e schernirono i suoi profeti al punto che l’ira del Signore contro il suo popolo raggiunse il culmine, senza più rimedio. Quindi [i suoi nemici] incendiarono il tempio del Signore, demolirono le mura di Gerusalemme e diedero alle fiamme tutti i suoi palazzi e distrussero tutti i suoi oggetti preziosi.
Il re [dei Caldèi] deportò a Babilonia gli scampati alla spada, che divennero schiavi suoi e dei suoi figli fino all’avvento del regno persiano, attuandosi così la parola del Signore per bocca di Geremìa: «Finché la terra non abbia scontato i suoi sabati, essa riposerà per tutto il tempo della desolazione fino al compiersi di settanta anni».
Nell’anno primo di Ciro, re di Persia, perché si adempisse la parola del Signore pronunciata per bocca di Geremìa, il Signore suscitò lo spirito di Ciro, re di Persia, che fece proclamare per tutto il suo regno, anche per iscritto: «Così dice Ciro, re di Persia: “Il Signore, Dio del cielo, mi ha concesso tutti i regni della terra. Egli mi ha incaricato di costruirgli un tempio a Gerusalemme, che è in Giuda. Chiunque di voi appartiene al suo popolo, il Signore, suo Dio, sia con lui e salga!”».
Salmo responsoriale
Sal 136
Rit.: Il ricordo di te, Signore, è la nostra gioia.
Lungo i fiumi di Babilonia,
là sedevamo e piangevamo
ricordandoci di Sion.
Ai salici di quella terra
appendemmo le nostre cetre.
Perché là ci chiedevano parole di canto
coloro che ci avevano deportato,
allegre canzoni, i nostri oppressori:
«Cantateci canti di Sion!».
Come cantare i canti del Signore
in terra straniera?
Se mi dimentico di te, Gerusalemme,
si dimentichi di me la mia destra.
Mi si attacchi la lingua al palato
se lascio cadere il tuo ricordo,
se non innalzo Gerusalemme
al di sopra di ogni mia gioia.
Seconda lettura
Ef 2,4-10
Fratelli, Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amato, da morti che eravamo per le colpe, ci ha fatto rivivere con Cristo: per grazia siete salvati.
Con lui ci ha anche risuscitato e ci ha fatto sedere nei cieli, in Cristo Gesù, per mostrare nei secoli futuri la straordinaria ricchezza della sua grazia mediante la sua bontà verso di noi in Cristo Gesù.
Per grazia infatti siete salvati mediante la fede; e ciò non viene da voi, ma è dono di Dio; né viene dalle opere, perché nessuno possa vantarsene. Siamo infatti opera sua, creati in Cristo Gesù per le opere buone, che Dio ha preparato perché in esse camminassimo.
Vangelo
Gv 3,14-21
In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo:
«Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.
Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio.
E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».
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