Venticinquesima domenica del Tempo Ordinario A Di p. Giorgio Bontempi c.m.

da | Set 19, 2014 | La Parola per la Chiesa | 0 commenti

Isaia 55,6-9;
Salmo 144;
Filippesi 1,20-24.27;
Matteo 20,1-16

Lectio

Il quadro che propone il brano del vangelo è quello dell’universalità della chiamata al battesimo per ogni persona: ebrei e non. Questo per il popolo ebraico era sconvolgente, perché si riteneva il popolo eletto e, soltanto facendone parte si poteva essere graditi al Dio dei Padri. I pagani (= i Gentili), in modo dispregiativo i cani, non avrebbero avuto nessuna speranza di salvezza. Gli ultimi sono coloro che non facevano parte di Israele e coloro che in Israele appartenevano a categorie di persone che vivevano ai margini della società: pastori, pescatori, prostitute, malati, vedove, orfani…ora se i primi saranno ultimi e gli ultimi i primi, quale rivoluzione e quale divisione ha portato il vangelo in Israele! Si comprende il perché della prima persecuzione contro i cristiani scatenata da scribi, farisei, sacerdoti del tempio di Gerusalemme e dottori della legge di Mosé.

Infine il vangelo sottolinea come l’essere chiamato a servire nella chiesa sia una grande fortuna e un grande privilegio. Vivere questo come un dare ed avere è non aver compreso nulla.

Meditatio

Torniamo a meditare sul cristiano felice e il cristiano triste. Quest’ultimo è raffigurato da quegli operai che s’ingelosiscono per la bontà del padrone. Inoltre a questi ha pesato il lavoro giornaliero, perché svolto come un dovere. Quindi, se è per dovere si fa solo il dovuto e si cerca la ricompensa.
Questo cercare la ricompensa è un atteggiamento da primi che saranno ultimi. Si sfrutta il vangelo come mezzo per raggiungere delle mete, dei posti. Si usa il vangelo per dividere e accusare di divisione, coloro che, facendo parte dei cristiani felici, non temono di porre in luce questi comportamenti distorti.

Il cristiano felice si rallegra della bontà del padrone (= il Padre), perché si ritiene fortunato per essere stato chiamato a lavorare dal mattino, perché il tempo trascorso al servizio di Dio, compiuto per amore è tempo di salvezza. Per questo egli ha il sogno di vedere in paradiso l’umanità intera, perché sente di non aver meritato tutto ciò che ha.
Allora si chiede: perché io Signore? Il cristiano felice è vicino a coloro che i primi hanno relegato all’ultimo posto e, come è scritto nella lettera ai Filippesi, ritiene una fortuna soffrire per il vangelo, perché egli ha incontrato il Risorto e sa, per esperienza, che la vita non è tolta ma trasformata. Vi auguro di essere cristiani felici!

Buona domenica.

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