SS. Corpo e Sangue di Cristo solennità di p. Giorgio Bontempi c.m.

da | Giu 19, 2014 | La Parola per la Chiesa | 0 commenti

Deuteronomio 8,2-3.14-16;
Salmo 147;
1Corinzi 10,16-17;
Giovanni 6,51-58


Nota storica

L’origine di questa solennità, che è celebrata il giovedì dopo la domenica della SS. Trinità, è da considerarsi in rapporto con il possente risveglio della devozione eucaristica che dal secolo XII in poi si sviluppò, accentuando particolarmente la presenza reale di Cristo nel sacramento e quindi la sua adorazione. Però furono le visioni di Giuliana di Cornillon, monaca agostiniana di Liegi (Belgio), ad avere un influsso decisivo nell’introduzione della festività, che per la prima volta si celebrò nella diocesi di Liegi nel 1247. Urbano IV, già arcivescovo di Liegi e confessore di Giuliana, la prescrisse per tutta la Chiesa nel 1264.

Lectio

“Mangiare e bere” il corpo e sangue del Signore, per il vangelo di Giovanni e anche per san Paolo, significa celebrare l’eucaristia nel giorno del Signore: la domenica.
Tale “pane” è superiore alla manna che il popolo d’Israele aveva mangiato durante l’esodo dall’Egitto, perché quella è servita soltanto a saziare la fame causata dalla mancanza di cibo. Anche in quel caso, come poi sarà nella celebrazione eucaristica in modo completo, si poté constatare l’amore di Dio verso il suo popolo, anche quando questi non compie la sua volontà. Questo vale anche per la Chiesa.
L’eucaristia, che noi celebriamo, è anche il segno dell’unità dei fratelli.

Meditatio

In questa solennità dovremmo meditare su come le nostre assemblee celebrano l’eucaristia. Penso che questo sia il modo migliore per rendere grazie al Padre.

Nelle nostre celebrazioni eucaristiche siamo coscienti che è l’assemblea celebrante (= la Chiesa) che chiede al Padre, tramite le parole di colui che presiede, proferite a nome di tutti, di inviare lo Spirito Santo a trasformare il pane ed il vino in Cristo risorto?
Oppure siamo ancora fermi alla concezione del buon cristiano che va a messa, dove un prete celebra e gli altri assistono e con la motivazione principale di soddisfare il precetto?

L’assemblea celebrante è il soggetto della celebrazione. Da essa scaturiscono i vari servizi (= ministeri): quello del presidente (il prete); quello del diacono; quello dell’accolito (= colui che aiuta il diacono); quello dei lettori; quello dei cantori; quello di colui che tiene il contatto tra il coro e l’assemblea, affinché questa partecipi ai canti che sono proposti dal coro ecc….

Questo comporta che ciascuno, durante la celebrazione, è parte di una comunità che prega con parole e gesti, per affermare che in mezzo ad essa c’è il Risorto, presente, in lei ed i ogni partecipante, nella Parola proclamata e nel pane e nel vino.
Tutto questo implica che il cristiano incontri il Risorto nel prossimo e specialmente nei poveri e negli ultimi.
Nella celebrazione eucaristica una comunità cristiana afferma la sua identità.

Siamo coscienti che non esistono, durante la celebrazione, momenti principali, ma ogni momento è principale, perché il Risorto è in mezzo a noi?
Siamo coscienti che durante la celebrazione siamo comunità costituita intorno alla mensa della Parola e dell’Eucaristia, per questo nessuno può compire gesti o preghiere personali, ma tutto deve essere compiuto nella comunità. Durante la liturgia e specialmente in questa celebrazione, il mio e il tuo dovrebbero sparire a favore del nostro.

Buona domenica

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