Seconda domenica di Quaresima A Di p. Giorgio Bontempi c.m.

da | Mar 15, 2014 | La Parola per la Chiesa | 0 commenti

Genesi 12,1-4;
Salmo 32;
2Timoteo 1,8-10;
Matteo 17,1-9

Lectio

Gesù nella sua Trasfigurazione è figura del nuovo Mosé. Infatti, nel linguaggio biblico, andare su di un alto monte significa andare alla presenza di Dio. Il Cristo non va solo, ma con alcuni dei suoi per attestare che egli e la sua chiesa, rappresentata dai discepoli sono una coppia inseparabile. Egli accoglie l’omaggio di Mosè ed Elia, che rappresentano la Legge ed i Profeti, che sono il centro della fede ebraica. È come dire che Gesù è il compimento della Legge e dell’annuncio dei Profeti. Con la sua risurrezione, anticipata nella trasfigurazione, egli inaugura la nuova ed eterna alleanza, che sostituisce l’antica; così il nuovo popolo di Dio: la comunità cristiana, sostituisce l’antico popolo d’Israele.
Gesù è anche la persona che in modo unico e singolare compie la volontà del Padre molto più di quello che ha fatto il padre Abramo e tutti gli altri patriarchi.
La richiesta di Pietro conferma come i discepoli, prima della risurrezione, non avessero compreso chi fosse Gesù di Nazareth e fossero fermi – nel loro rapporto con Dio – all’osservanza dei precetti della Legge di Mosè.

Meditatio

Abramo è il tipo della persona che si fida di Dio. La sacra scrittura lo presenta in questo modo, per far comprendere come la vita umana abbia un senso soltanto se le persone seguono la volontà del Padre. Infatti è lo Spirito che guida la vita dell’uomo, ma questi si deve lasciare condurre dallo Spirito e deve saper cogliere la presenza di questi negli avvenimenti della vita di ogni giorno (= saper leggere i segni dei tempi), altrimenti le iniziative ed i progetti naufragano.
Il cristiano che, a differenza di Pietro, riconosce il Risorto è proprio colui che si fa guidare dallo Spirito per compiere la volontà del Padre, perché egli fa quotidianamente l’esperienza dell’incontro con il Risorto nel volto dei fratelli: questa è la fede.
Attenzione: non intendo affermare che, tutti coloro che servono i poveri, di conseguenza incontrano il Risorto. Infatti la pericope (= brano) del vangelo di Matteo 25,31-46 – quello che narra del giudizio universale – è molto chiaro: non basta servire i poveri per incontrare il Risorto, bisogna servire come manovali nel cantiere delle Spirito Santo (Cfr. P. GIORGIO BONTEMPI, Riflessione su Luisa de Marillac, pubblicata sul sito Famvin.org, Roma 12 marzo 2014) e non come padroni del cantiere.
Coloro che sono respinti fanno notare – con tutto il rispetto – al Signore che forse egli ha commesso un errore, perché loro sono persone molto impegnate nella carità. Ma qual è il problema? Il problema è che costoro esercitano la carità, come i ricchi che gettavano i pezzi d’argento nel tesoro del tempio di Gerusalemme per far vedere come erano bravi, cioè per la loro gloria, per aumentare la loro visibilità, per costruirsi la fama di grandi benefattori. La cartina al tornasole di queste situazioni è quando si chiede a queste persone di collaborare alla pari, di rivedere i loro piani, per il bene della chiesa e, specialmente, dei poveri: il rifiuto è netto!
Nella chiesa è bene saper distinguere coloro che seguono lo Spirito e coloro che si servono dello Spirito Santo per apparire. La superficialità in questo settore porta alla morte delle opere di carità.

Buona domenica.

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