Trentaduesima domenica del Tempo Ordinario C, di p. Giorgio Bontempi c.m.

da | Nov 8, 2013 | La Parola per la Chiesa | 0 commenti

2Maccabèi 7,1-2.9-14
Dal Salmo 16 (17)
2 Tessalonicesi 2,16 – 3,5
Luca 20,27-38


Lectio

Il vangelo di questa domenica pone in risalto come il matrimonio cristiano sia superiore a quello ebraico, in cui la donna è merce di scambio, è cosa che si prende, per fornire una discendenza al nucleo familiare.

Ecco: di questo tipo di matrimonio non ci sarà traccia in paradiso. A differenza del matrimonio cristiano, in cui i due s’impegnano ad essere uno nel Signore. infatti il matrimonio  è una vocazione da ricuperare. Quindi in paradiso due sposi, che sono stati uno nel Signore, si reincontreranno e vivranno così per l’eternità. È questo lo scopo della vita umana, come ci ha fatto intendere la prima lettura. Anche se dovessimo subire la morte, a causa della nostra fede, noi sappiamo che il senso della vita terrena è dato dalla vita eterna. Altrimenti la vita umana non ha senso di per sé.

Meditatio

Sarebbe profondamente sbagliato persare che due sposi che si sono amati  nel Signore: che hanno condiviso ogni istante della loro vita, g nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, in paradiso vivessero come due estranei, senza riconoscersi come sposi: è assurdo.
Il matrimonio è una vocazione, che lo Spirito Santo dona, come la vocazione ad essere prete o alla vita comunitaria in una comunità. Allora anche il matrimonio è una vocazione, e non qualcosa che dobbiamo subire. Il Signore si è riferito alle nozze, per farci comprendere che Cristo ama la Chiesa, sua sposa e di questa facciamo tutti parte come battezzati.
Preghiamo perché i vescovi inaugurino una nuova pastorale matrimoniale, in cui si educhi al fatto che l’altro coniuge è il Signore, che la psicologia femminile è molto più complicata di quella maschile ed è molto intuitiva. Un cammino in cui coloro che si presentano per il matrimonio, debbono essere coscienti che sarà la comunità cristiana, per mezzo delle persone deputate dal vescovo, a verificarne la vocazione, cioè se sono stai chiamati a sposarsi nel Signore, altrimenti potranno contrarre il matrimonio, in altre modalità, ma non nel Signore.
Questo permetterebbe di ritrovare le coppie sposate nel Signore, all’interno delle comunità parrocchiali, per contribuire a costruire la Chiesa.
Si eviterebbe, come accade al presente di far finta di sposare le persone, che a loro volta fanno finta di assumersi gli impegni del matrimonio cristiano, per poi alla prima occasione divorziare o convivere con un’altra persona . Sono ancora troppe le persone che pretendono di sposarsi in chiesa senza sapere che cosa vanno a ricevere.

Buona domenica.

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