Diciottesima Domenica del Tempo Ordinario C, Di p. Giorgio Bontempi c.m.

da | Ago 1, 2013 | La Parola per la Chiesa | 0 commenti

Qoèlet 1,2; 2,21 – 23
Dal Salmo 94
Colossesi 3,1 5 – 5.9 – 11
Luca 12, 13 – 21

Lectio

Il brano del Vangelo che è proclamato nella celebrazione eucaristica di questa domenica non invita ad essere superficiali e anche ingiusti, ma a comporre un scaletta dei valori della vita.
Nella richiesta formulata dal tale che chiede a Gesù di porsi come giudice nella controversia riguardante l’eredità, il vangelo intravede il pericolo della cupidigia. Infatti perché tra due fratelli deve intervenire un mediatore? Perché nel loro cuore alberga la cupidigia, il voler ammassare i beni in una misura maggiore di quelli che potrà avere l’altro.
Questa preoccupazione non è saggia, ma è vanità, è tristezza, perché sottintende che la vita umana sia un assoluto, cioè che al termine di essa ci sia il nulla.
In questa prospettiva l’ammonimento insito nelle parole scritte nella prima lettura cade in proposito.
Invece la proposta contraria a questo modo di pensare è quella della lettera ai Colossesi, che ricorda, all’omonima comunità cristiana, come si debbano comportare coloro che, nel battesimo, sono diventate persone “nuove”:usare le cose per il Regno, ma non vivere per queste, perché, in tal modo, si giunge a comportamenti contrari al vangelo.

Meditatio

Chi è più povero di colui che non crede che, al termine della vita umana, noi andremo in Paradiso? Perché definisco questa persona il più povero: perché non conosce l’amore gratuito del Padre. Perché non ha incontrato nei fratelli e poi nell’Eucaristia il Risorto. Così da non aver sperimentato l’amore di Dio.
Quando una persona non ha sperimentato l’amore di Dio, o teme Dio, oppure lo elimina. In entrambi i casi non c’è stato l’incontro con il Dio di Gesù Cristo: il Padre!

Le conseguenze sono: l’accumulo di beni per se e per la famiglia, la paura che qualche disgrazia possa mutare la buona sorte in cui si vive; la paura per la propria morte o quella dei propri cari, perché oltre la vita umana c’è il nulla.

Invece l’” uomo nuovo” il cristiano che vive il suo battesimo, non il cristiano che si “ritrova battezzato”, ma non vive il proprio battesimo, per esperienza sa che la vita non è tolta, ma trasformata; che andrà in paradiso, non perché lo ha meritato, ma perché il Padre lo donerà a lui gratuitamente.
In questa prospettiva il cristiano si serve delle cose, per il suo bene e quello dei fratelli, ma non diventa schiavo di esse. Per questo non corre il rischio di essere stolto perché è caduto nella cupidigia.

Buona domenica.

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