Quindicesima domenica del Tempo Ordinario C, di P. Giorgio Bontempi CM

da | Lug 12, 2013 | La Parola per la Chiesa | 0 commenti

Deuteronomio 30,10 – 14
Dal Salmo 18
Colossesi 1, 15 – 20
Luca 10,25 – 37

Lectio

Il brano del vangelo che ci è proposto per la liturgia della Parola, all’interno della celebrazione eucaristica domenicale, esordisce facendo notare come Gesù sia l’unico capace di rispondere alla domande fondamentali che si ponevano i rabbini del tempo, quali: che cosa debbo fare per avere la vita eterna?; qual è il più grande comandamento?; chi è il mio prossimo?
La risposta a quest’ultimo quesito è la narrazione della parabola del Buon samaritano.
È importante ricordare che, al tempo di Gesù, un ebreo considerava suo prossimo, soltanto l’altro ebreo e non coloro che non appartenevano al popolo d’Israele. Anzi gli ebrei osservanti chiamavano gli altri con il nome dispregiativo di Gentili (questo vocabolo deriva dal latino gens gentium = le genti, gli altri, i pagani, gli esseri inferiori).
Inoltre è bene ricordare che, sempre gli ebrei, erano convinti che il peccato si trasmettesse per contatto, similmente ad una malattia. Ne deducevano che, il peccatore scontava la propria colpa, attraverso la malattia, la cecità e qualsiasi altra disgrazia, secondo la gravità della colpa commessa.
Ecco perché il sacerdote e l’inserviente del tempio di Gerusalemme, non solo non soccorrono il malcapitato, ma passano dall’altra parte della strada perché solo toccando il ferito, sarebbero stati contagiati dal suo peccato.

Allora il vangelo sottolinea alcuni aspetti importanti per il cristiano:

1. ogni persona è il mio prossimo, che devo aiutare se si trova nel bisogno.
2. il peccato non si trasmette per contagio, ma la causa di esso è nel cuore dell’uomo.
3. la disgrazia e la malattia non hanno nulla a che fare con la colpa.
4. lo Spirito santo agisce in tutti coloro che lo ascoltano.

Questo significa che, nel nuovo popolo di Dio, – che è la Chiesa – questa è la strada da percorrere.

Meditatio

Ogni cristiano, in virtù del proprio battesimo, è obbligato ad agire come il samaritano.
Infatti il cristiano non ha l’opzione se occuparsi o meno dei poveri: egli ha il dovere di occuparsi dei poveri, perché in ogni persona è presente il Cristo risorto, specialmente nei poveri. Questo non significa fare l’elemosina, anzi vi suggerisco di non fare l’elemosina, perché:
1. si alimenta la malavita che strumentalizza queste persone e per farsi consegnare a fine giornata l’incasso;

2. questo vale anche per gli zingari

Invece per promuovere i poveri affinché provino ad iniziare una vita degna di un essere umano il cristiano:

contribuirà economicamente e attivamente a far si che il gruppo caritativo parrocchiale possa usufruire sempre di più di mezzi e di persone, per organizzare una carità che risponda ai veri bisogni degli indigenti, per renderli coscienti di essere persone.

Allora le nostre comunità parrocchiali si renderanno sempre più credibili specialmente agli occhi dei nostri giovani, dei nostri adolescenti, dei nostri bambini.

Sempre di meno saranno le persone che, prendendosi gioco anche delle parole proferite da papa Francesco a Lampedusa, non provino vergogna nell’affermare: se un barcone affonda io sono contento!
Come Chiesa preghiamo per questi fratelli sventurati, perché comprendano in quale baratro sono finiti.

Buona domenica.

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