Pentecoste C Solennità, di p. Giorgio Bontempi c.m.

da | Mag 15, 2013 | La Parola per la Chiesa | 0 commenti

Atti 2,1-11
Dal Salmo 103
Romani 8,8-17
Giovanni 14,15-16.23-26

Lectio

La Pentecoste era – nella tradizione ebraica – il cinquantesimo giorno, la festa agricola della mietitura, che presso gli ebrei si celebrava cinquanta giorni dopo la pasqua. In seguito vi si aggiunse la memoria della promulgazione della legge che Dio dette a Mosè sul monte Sinai.
In ambiente cristiano diventa il momento conclusivo delle feste pasquali.
Il lunedì seguente inizia la seconda parte del Tempo Ordinario.
Il brano degli Atti degli apostoli che è proclamato come prima lettura nell’eucaristia di questa solennità, puntualizza come – dopo la morte e risurrezione di Cristo – il nuovo popolo di Dio, sarà condotto dallo Spirito Santo, mandato dal Padre per opera del Signore Gesù.
Mediante l’azione dello Spirito la Chiesa, lungo i secoli, avrà persone capaci di inculturare il vangelo ad ogni popolo.
Sarà sempre per l’azione del medesimo Spirito che la Chiesa, non ostante i limiti e le miserie dei suoi componenti, manterrà l’amore e l’unità con il Signore.

Meditatio

Io penso che sia lo Spirito, all’interno della Chiesa, a discernere tra coloro che cercano di vivere il vangelo e, come afferma papa Francesco, gli arrampicatori.
Infatti coloro che seguono l’azione dello Spirito santo sono consci di non essere loro gli autori del bene compiuto, ma lo Spirito. Questo concetto l’ho ripetuto già molte volte, ma lo ritengo fondamentale per la vita cristiana.
Infatti, per non cadere nella logica della carne, come scrive Paolo nella lettera ai Romani, è necessario ricordare l’opera dello Spirito. Quando Paolo parla della logica della carne, non dobbiamo pensare alla lussuria. Il problema è ben più grave. Infatti la logica della carne è quel modo di vivere di chi usa il vangelo, per il proprio successo; di chi usa la carità, per farne un palcoscenico in cui mettersi in mostra; di chi usa e ricatta il povero, per mostrare non l’autorevolezza di Cristo, ma l’autorità degli Scribi, dei Farisei e dei Dottori della legge; di che usa la predicazione, non per annunciare il Cristo, ma per mettere in mostra se stesso, facendo passare colui che segue lo Spirito per un povero illuso! Questo è l’atteggiamento del cristiano arrampicatore.
La tentazione di essere un arrampicatore è sempre in agguato. Ecco perché nel vangelo è scritto di guardarsi dai farisei. Se un cristiano è cosciente di non essere umile, di ambire ai primi posti, di non essere un leone, ma una persona che non ha coraggio e di questo chiede perdono, domandando l’aiuto dello Spirito, il Signore gli concederà quanto chiede. L’arrampicatore, invece, nega ciò di cui il cristiano si accusa, oppure, se ne accusa anch’egli, ma con falsa umiltà. Lo fa perché in quel momento lo si deve fare, ma non per convinzione. L’arrampicatore è un tuttologo, cioè parla di tutto ed è preparato su tutto – così lui pensa -. Infatti è sempre pronto a usurpare i posti degli altri, così da metterli in cattiva luce di fronte ai piccoli don Rodrigo che si annidano, sia nel clero sia nel laicato.
L’arrampicatore è un cristiano che vive lontano dalla logica dello Spirito anche se si mostra pio e sa cantare bene il Veni Creator Spiritus.

Buona domenica.

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