Triduo Pasquale, di p. Giorgio Bontempi c.m.

da | Mar 27, 2013 | La Parola per la Chiesa | 0 commenti

La celebrazione eucaristica in Coena Domini apre il Triduo Pasquale che, come ormai sappiamo è il centro dell’Anno Liturgico. È il momento in cui si ricorda l’istituzione dell’eucaristia da parte del Signore nell’ultima cena. In questa celebrazione si ripresenta – tramite il gesto della lavanda dei piedi – il concetto di chiesa e di autorità nella chiesa.
Infatti al tempo di Gesù, colui che lavava i piedi era lo schiavo. Ora, uno schiavo non era ritenuto una persona, ma una cosa, di cui il padrone poteva decidere che cosa farne. Proviamo a riflettere: il Signore, Gesù, la seconda persona della Santissima Trinità che compie il gesto dello schiavo! Questa è la vera autorità che la Chiesa, lungo i secoli, ha tentato e tenta tenta di porre in atto. Nella storia lo Spirito santo ha inviato i profeti che, nella loro vita hanno servito per amore, come fece Cristo, i loro fratelli.
La chiesa cerca di essere la comunità dei fratelli (cfr. Atti 2,42 – 48) in cui l’ultimo, il povero, l’inascoltato, il debole è al posto d’onore: e quindi gli vengono lavati i piedi. Certo lungo i secoli questo cammino è stato duro a causa dei  fratelli che non hanno seguito il vangelo e, di conseguenza: arrivismo, ricerca della fama, del denaro e altre miserie. Ma lo Spirito santo, che guida la comunità cristiana dal suo nascere, le ha fatto sempre superare le situazioni più difficili, perché lo Spirito ha reso coscienti i cristiani di essere stati e di essere al presente amati da Dio. Questo amore del Padre si è reso visibile nella persona di Cristo che si è incarnato in Gesù di Nazareth. Egli ha annunciato con la sua vita il vero volto di Dio: Dio è Padre di tutti. Egli è presente in tutti, soprattutto in coloro che l’avarizia, la cattiveria e il potere degli uomini ha reso infelici.
Quest’annuncio è costato a Gesù la morte infame della croce, da parte di coloro che pretendevano di essere i custodi della legge di Dio. Oggi diremmo l’integralismo e l’autoreferenzialismo cattolico.

La croce diventa il segno della gloria di Dio: l’ultimo posto diventa il primo. Per Gesù compiere la volontà del Padre è il vero tesoro, quello per cui tutto il resto è spazzatura al suo confronto. Ecco perché – anche all’interno della chiesa – ci sono cristiani che preferiscono essere scartati, vilipesi, trattati per persone strane (non mi riferisco ai visionari e nemmeno alle pseudo apparizioni che, anche qualche giorno fa, come succede spesso, appaiono in televisione), come seccatori, perché hanno il coraggio, non a parole, ma con i fatti, di denunciare l’ingiustizia, la menzogna, l’arrivismo e i vari abusi di autorità, sapendo che finiranno sulla croce: quella dell’esclusione, dello sbeffeggiamento ecc…Quando durante la liturgia della passione del Signore ci recheremo a baciare devotamente la croce, chiediamoci che tipo di cristiani siamo, vedremo come tale gesto diventa eloquente e non rimane nell’ambito devozionale del povero Gesù morto per noi al quale andiamo a baciare il crocefisso, ma poi tutto procede come sempre e…anche il venerdì santo è passato…..

Nella grande veglia pasquale saranno i cristiani che sono in croce per le cause sopraddette che potranno celebrare con verità questo rito: hanno seguito a loro rischio e pericolo Cristo luce del mondo vivendo con gioia il loro battesimo, avendo quotidianamente incontrato il Risorto nei fratelli, canteranno il Gloria e si accosteranno entusiasti alla mensa della Parola e dell’eucaristia.

Auguro a tutti noi di essere tra questi cristiani!

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