Geremia 1,4 – 5.17 – 19
Dal Salmo 70
1 Corinzi 12,31 – 13,13
Luca 4,21 – 30

Lectio

Il brano del vangelo che è proposto alla nostra meditazione è la continuazione di quello che è stato proclamato domenica scorsa.
L’autore pone in risalto la figura di Gesù che, come ogni ebreo osservante partecipa alla liturgia in giorno di sabato.
La novità è nel fatto che Gesù si propone come il messia preannunciato dagli antichi profeti di fronte all’assemblea dei suoi compaesani a Nazareth.
La reazione di questi è uguale a quella che il popolo ebraico ebbe nei confronti dei profeti (prima lettura): il rifiuto! Anzi il rimprovero a Gesù per non impersonare la figura di messia che loro attendevano.
La reazione di Gesù è quella di colui che ricorda come i loro padri rifiutarono i profeti e Yavhè beneficò persone non appartenenti al popolo d’Israele.
Di fronte alla verità, quando non si può controbattere, allora si reagisce con la violenza.
In questo caso Gesù opera la carità nel cercare di far capire ai nazaretani qual è la volontà di Dio e che questa è incarnata nella sua persona.

Meditatio

Il problema che fu, prima dei ebrei al tempo di Cristo e poi, lungo i secoli, della Chiesa è quello di saper cogliere la profezia e di vederla incarnata nei veri profeti.
Il “vero” profeta è una persona che non ha nulla da perdere e che, avendo incontrato il Risorto nel volto dei fratelli, specialmente in quelli che contano meno, sa per esperienza che la vita non è tolta ma trasformata; sa che andrà in paradiso, non per suo merito, ma per l’amore gratuito del Padre.
Ecco perché il vero profeta non teme di dire la verità, anche in ambienti dove questa è direttamente proporzionale alla fama o al gruppo di appartenenza, che è come dire che una persona più è considerata, più è aiutata, più è anche coperta dal potere.
Questo il vero profeta lo sa, è anche cosciente del rischio che si corre quando, dicendo la verità, s’incappa nella violenza dei cosiddetti potenti. Infatti quando queste persone sono scoperte nelle loro malefatte, hanno quasi sempre reazioni violente, come quelle che ebbero i connazionale di Gesù e in particolari quelli che erano i più religiosi, i più osservanti (questo ci dovrebbe fare molto riflettere), per questo il vero profeta tiene presente la vicenda della passione di Cristo, per imitarne il comportamento.
Il vero profeta ha anche compreso l’inno alla carità di san Paolo (2 lettura), che non è un invito a non vedere, non sentire e non parlare per amor di pace. Sarebbe un invito alla vigliaccheria e la Parola di Dio non può fare questo.
La vera carità è aiutare il fratello che sbaglia, con amore, ma aiutarlo a capire lo sbaglio e questo comporta per lui certamente un dolore che è inevitabile ma, se non lo si fa, si è corresponsabili e, quando a patirne le conseguenze è un fratello che, siccome è tra quelli che non contano, che non hanno fama, denaro ecc…, chi tace compie un peccato mortale!!
Dico questo perché ci sono persone che, a causa di una situazione familiare difficile – rapporto fallito con il coniuge o con i figli – vengono a compensarsi nella Chiesa (questo sarebbe una cosa buona) – ma purtroppo esternano il loro disagio, imponendo la loro autorità, trattando le persone, specialmente gli ultimi come fossero cose; servendosi anche dei poveri per aumentare la loro gloria di fronte all’opinione pubblica e…alle volte, creando un forte disagio anche tra i loro collaboratori che, sono da loro trattati più come  servi che come collaboratori.
Di questo pericolo parla san Paolo quando scrive […] se anche dessi il mio corpo per essere bruciato, ma non ho la carità, nulla mi giova […].
Il vero profeta è colui che sta lontano da persone simili. Auguro a tutti di essere veri profeti.

Buona domenica.