IL NOSTRO CONTRIBUTO ALLA NOSTRA EVANGELIZZAZIONE COME GIOVENTÙ MARIANA VINCENZIANA

da | Nov 25, 2012 | Formazione vincenziana, Giovani, Notizie sulla Famiglia Vincenziana | 0 commenti

Relazione tenuta da P. Gregory Gay CM, Direttore Generale della Gioventù Mariana Vincenziana al convegno europeo dell’associazione (Napoli, 23-24 novembre 2012)

 

Nella Giornata Mondiale della Gioventù, celebrata a Madrid (2011), alla quale molti di noi hanno partecipato, il Papa Benedetto XVI disse con grande chiarezza che i giovani «dovevano essere i protagonisti della nuova evangelizzazione». In questo modo faceva eco a ciò che nel 1987 Giovanni Paolo II aveva detto a Buenos Aires: «Dovete essere gli apostoli della nuova evangelizzazione».

Il medesimo Papa Giovanni Paolo II, parlando alla conferenza dei vescovi di America Latina e Caribe il 9 marzo 1983, segnalava che questa nuova evangelizzazione era nuova nel suo ardore, nei suoi metodi e nelle sue espressioni.

 

Nuova nel suo Ardore: perché colui che annuncia è convinto. Come i primi discepoli, che predicavano con tale convinzione da convincere la gente e per questo oggi siamo cristiani. Si tratta dell’entusiasmo, dell’allegria, del vigore, della convinzione con la quale noi annunciamo il messaggio del Vangelo. Non è una parola, è la vita. È la parola che si è fatta viva nel mondo e in noi e il nostro cuore arde per la sua presenza e arde perché altri sentano questa presenza.

 

Nuova nei suoi metodi: si tratta di un vero rinnovamento pastorale che lascia da parte i metodi di sempre e cerca il modo di uscire all’incontro con i più lontani. Si tratta di passare da una pastorale della mera conservazione ad una pastorale missionaria, si tratta di cercare processi autenticamente evangelizzatori. Il documento di Aparecida (Documento della quinta conferenza dei vescovi in America Latina) ci parla della necessità di una vera conversione pastorale nella quale bisogna dare un grande spazio ai laici e soprattutto ai giovani. Allo stesso modo il recente sinodo celebrato a Roma, segnala il desiderio di una Chiesa vicina ai giovani, che considera una parte rilevante del presente e del futuro dell’umanità e della Chiesa.

 

Nuova nelle sue espressioni: vuol dire che bisogna cercare un linguaggio che sia comprensibile al mondo di oggi, che si adatti alle nuove situazioni e alle diverse culture, le quali pretendono che sia qualche cosa di vitale, in cui la testimonianza di colui che evangelizza è assolutamente necessaria.

 

Dinamica di lavoro

In piccoli gruppi rispondere alla seguente dinamica di lavoro

Immaginate di essere un gruppo di astronauti su una nave in avaría e di dover tornare alla base: per questo dovete disfarvi della zavorra per lasciare solo ciò che è necessario. Scegliete tre cose dalla seguente lista che secondo voi sono prioritarie:

 

Acqua

Due litri di latte

Tre bombole di ossigeno

Una mappa spaziale

Una bussola

Una radiotrasmittente spaziale

Una pistola

Una cassa di fosforo

Cibo disidratato

Cinque paracaduti

Tre barattoli di capsule di alimenti preparati dalla NASA

 

(dare un tempo di cinque minuti)

Dopo ascoltare due o tre interventi

Per sapere quale è la nostra priorità, bisogna sapere innanzitutto dove siamo.

Per esempio a cosa può servirci una cassa di fosforo in un luogo dove non c’è ossigeno?

A che mi serve tenere ossigeno e cibo sufficiente se non so dove vado o come arrivo?

Sicuramente nella dinamica che abbiamo appena immaginato due cose prioritarie sono una mappa spaziale e una radiotrasmittente: sapere dove sto, dove vado e poter comunicare con la base.

 

Se vogliamo rispondere a una nuova evangelizzazione dobbiamo sapere dove siamo e sapere con chiarezza  in che direzione stiamo andando. Come stiamo in Europa oggi? Dove vogliamo arrivare come cristiani europei? È tempo di riprendere le redini della nostra vita, per anni siamo stati schiavi di un sistema che ci dice come vivere ed abbiamo visto che questo sistema ci ha cambiati lentamente dal punto di vista spirituale e materiale. Un sistema che ha dato più importanza al materiale a scapito della vita spirituale dell’essere umano… un sistema che ha divinizzato l’essere umano e minimizzato Dio, mentre l’uno non può essere compreso senza l’altro. Se vogliamo enfatizzare l’essere umano senza Dio, perderemo l’essere umano perché è immagine sua; se pretendiamo di ingrandire Dio dimenticandoci dell’essere umano, perderemo Dio poiché lo si può amare solo amando il prossimo.

 

La Chiesa universale riunita al Sinodo, ci dice di guardare ai giovani non con pessimismo, anche se con preoccupazione, perché sui giovani confluiscono gli attacchi più aggressivi di questi tempi. Però proprio in questo si rivelano nei giovani le loro profonde aspirazioni di autenticità, di verità, li libertà e di generosità: aspetti che mostrano una sete di Gesù Cristo e una ricerca del Dio della vita.

 

È qui, miei cari giovani, che entra in gioco il nostro contributo come vincenziani alla nuova evangelizzazione, perché noi crediamo che questa nuova evangelizzazione sia un dialogo tra Dio e l’essere umano che ci conduce ad una vita fraterna tra gli esseri umani. È la forma più elevata di rendere culto a questo Dio che ci ama immensamente. Però questo non è possibile se si calpesta la dignità dell’essere umano. Per questo un vincenziano presenta la buona notizia della vita agli impoveriti: gli esclusi e gli emarginati. Sono essi che fanno ardere il nostro cuore, perché quando si comunica loro la Vita, l’umanità si incammina verso una Vita piena nel Dio che l’ha creata. Se essi non hanno vita, allora viviamo nella falsità, in una falsa religione, in un falso Vangelo… Non si può render culto a Dio (che lo si ama nel prossimo), quando questo prossimo non ha una vita dignitosa.

 

Per questa buona notizia dei poveri, saremo capaci di cambiare i nostri metodi; anzi, non solo di cambiare i metodi, ma anche di lottare perché tutta la Chiesa lo faccia, poiché essa stessa è una buona novella per gli impoveriti. E oltre alla nostra Chiesa oseremo lottare contro un sistema che è una gigantesca fabbrica di poveri. Per un vincenziano, la nuova evangelizzazione è animata e accreditata dal sangue dei profeti martiri che ci ispirano a lottare contro le strutture che impoveriscono… sì, a rischio anche di dare la vita.

 

Il messaggio finale del recente Sinodo celebrato a Roma ci ricorda che uno dei simboli dell’autenticità della nuova evangelizzazione è il volto del povero. Star vicino a chi è al margine della strada. Nel mondo che abbiamo fatto, abbiamo lasciato molti al margine del cammino, al margine dei programmi per il “funzionamento della società”. Programmi disumani che causano impoverimento. Come al tempo di Gesù, gli emarginati (coloro che sono ai margini della strada), sono ovunque. Lo stesso Sinodo sottolinea che la nostra vicinanza ad essi non è solo un gesto di solidarietà, ma fa parte della nostra dimensione spirituale, poiché in essi si trova Cristo stesso.

 

Sì, cari giovani, questa nuova evangelizzazione in stile vincenziano è tale perché non saremo complici, come forse lo siamo stati in passato, nel mantenere le strutture dei poteri che impoveriscono. Piuttosto, la nostra vita è orientata dalla libertà dei figli di Dio verso la dignità dell’essere umano, che Dio ha tanto amato, fino al punto da dare il suo unico Figlio. Davanti a un Dio così innamorato dell’essere umano non possiamo essere indifferenti. Forse è questo uno dei più grandi peccati dell’umanità: ignorare una persona che ci ama tanto e ci passa davanti (ignorare un Dio che ama, che si sforza di comunicarsi e che è fedele alla sua parola). Come ti senti quando qualcuno che ami molto ti ignora? Certamente molto male… è ciò che Dio sente tutto il tempo… con l’umanità che abbiamo costruito. Possiamo decidere se vogliamo continuare ad essere motivo di tristezza per Dio oppure essere come Gesù Cristo: un figlio nel quale si compiace. Gesù è il nostro modello, il nostro cammino per essere fedele a Dio. Perciò, anche se la nuova evangelizzazione la facciamo con nuove espressioni, non dimentichiamo la massima espressione di Dio nei confronti dell’umanità: Gesù Cristo, regola del vincenziano. Le espressioni cambiano perché i tempi cambiano, ma la domanda vinceziana sempre sarà la stessa: Cosa farà Gesù oggi? Questo è il nostro riferimento per la nuova evangelizzazione.

 

Che faceva Gesù?

Vediamo nei Vangeli:

Gesù guariva i malati: non sarà che la nuova evangelizzazione vincenziana deve orientarsi verso il tema della salute? Se a Gesù interessava che la gente avesse salute, e se al vincenziano si domandasse cosa farebbe Gesù oggi, la logica ci dice che per noi vincenziani il tema deve essere importante. In questo mondo dove la gente non ha molte possibilità di curarsi, perché sono le più grandi case farmaceutiche a detenere il controllo sulla salute, noi vincenziani siamo chiamati a ESSERE BUONA NOTIZIA.

 

Gesù risuscitava i morti: in questo mondo dove la vita è disprezzata in tutti i livelli, dal grembo materno fino alla vecchiaia…. Il vincenziano è chiamato ad essere BUONA NOTIZIA.

 

Gesù accoglieva i peccatori: Gesù accoglieva coloro che la Società emarginava per diversi motivi (religiosi, di salute, professionali, condizione sociali, genere). Il mondo di oggi non è lontano da questo. Viviamo in un mondo che discrimina le persone per la loro condizione sociale, preferenza sessuale, razza, credo. Anche nella Chiesa noi escludiamo molte persone in molti modi, molte volte in nome della difesa della fede e del culto a Dio. Abbiamo gli stessi peccati del popolo d’Israele e forse anche di maggiori. In questo contesto il vincenziano è chiamato ad essere buona notizia.

 

Gesù pregava: con questo Gesù fa vedere chiaramente che il vero artefice del progetto non è lui ma il Padre e si rivolge a Lui per capire se ciò che sta facendo corrisponde a ciò che il Padre si aspetta da lui. La storia ci ha detto che Gesù fu coerente con suo Padre e fece la sua volontà. Per essergli fedele fu capace di dare la vita, poiché il suo agire lo mise di fronte ai poteri religiosi e politici dell’epoca, che lo condannarono a morte. Dio lo resuscita, non lo abbandona e, per questo, si converte in buona notizia per noi. Se vogliamo essere anche noi buona notizia, Lui è il nostro cammino, la Via per fare la volontà di Dio, perché Egli la fece. Per questo il cammino della nuova evangelizzazione deve essere Gesù Cristo.

 

Dove sta la novità allora? Continuiamo a predicare lo stesso messaggio di sempre, perché continuiamo a predicare lo stesso Gesù Cristo di ieri oggi e sempre. La novità sta nel cuore di chi annuncia il Vangelo, cioè deve essere una persona profondamente innamorata di Gesù Cristo, perché lo ha incontrato ed è stato catturato dall’incontro con Lui. Una persona che è riuscita a saziare la sua sete di Cristo, come lo fece la donna samaritana. La sete dell’uomo si placa solo con Gesù. Ci coinvolge nel suo amore, in quell’amore che ci dimostrò sulla croce. Egli è desideroso di colmare la nostra sete, e se lo accettiamo, ci sazieremo del suo Spirito e, come la donna samaritana, correremo a proclamare la gioia di questo incontro.

 

Guardiamo a Maria, Stella della nuova evangelizzazione, che nella nostra associazione abbiamo come Madre ed esempio da seguire. Come discepola-missionaria, ci aiuti ogni giorno a rispondere alle sfide di questo mondo con la buona notizia di Gesù Cristo che è la buona notizia dei poveri.

 

 

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