Di p. Giorgio Bontempi c.m
La celebrazione della Coena Domini apre il Triduo Pasquale. Questo è il culmine dell’anno liturgico.
La celebrazione del Giovedì santo ricorda l’istituzione dell’eucaristia e il tradimento di Gesù (rito ambrosiano).
Quando noi pensiamo all’istituzione dell’eucaristia siamo stati abituati a pensare soltanto al momento delle parole di Gesù (ipsissima verba Jesu), con le quali egli ha mutato il pane nel suo Corpo e il vino nel suo Sangue. Invece dobbiamo superare questa visione limitata, ma pensare alla celebrazione dell’eucaristia.
Ricordo che il verbo celebrare – verbo latino – significa riunirsi insieme in modo di festa!
Infatti, se cogliamo bene il contesto in cui Gesù ha istituito l’eucaristia notiamo che:
si è in un contesto di festa: la cena pasquale ebraica;
Gesù è attorniato dai dodici:abbiamo una la comunità celebrante!
La comunità ascolta la Parola;
La comunità vive in Gesù il servizio ai poveri;
Con il gesto della lavanda dei piedi il Signore anticipa la sua passione, anticipa l’umiliazione della croce, l’abbassamento della croce.
Cristo si pone all’ultimo posto: quello dello schiavo, che al suo tempo era considerato una cosa del padrone e non una persona.
L’atteggiamento di Gesù ci dice che, per celebrare con verità l’eucaristia, il cristiano deve porre i poveri gli ultimi al primo posto. Non si può celebrare il Vivente, se i poveri gli ultimi si cerca di cacciarli, di renderli sempre meno persone con diritti e doveri. Il cristiano non può approvare programmi politici di chi, anche se vuole assurdamente difendere il crocifisso – ma quello innocuo che è appeso ai muri – poi crocifigge quotidianamente il Signore nei poveri.
Buon Giovedì Santo.
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