Di p. Giorgio Bontempi c.m.
Deuteronomio 8,2 – 3,14b – 16°
Salmo 147
1Corinzi 10,16 – 17
Giovanni 6,51 – 58
Lectio
Il vangelo di Giovanni non narra l’istituzione dell’eucaristia, perché all’interno della sua comunità era una cosa scontata che il Signore Gesù ne fosse l’autore, ma ricorda quali sono gli effetti della celebrazione eucaristica. L’autore del quarto vangelo pone a confronto la manna dell’antica alleanza con l’eucaristia della nuova alleanza, definendo quest’ultima superiore ed eterna, perché tramite questa si potrà chiamare dio con il nome di Padre, scoprire il suo amore infinito verso l’umanità e far parte del nuovo popolo eletto che è la chiesa.
Nella prima lettura – tratta dal libro del Deuteronomio (= la seconda legge, il quinto libro dei cinque che costituiscono il Pentateuco, con questo termine gli ebrei denominavano la legge di Mosè) – l’autore pone in luce come, anche nell’antica alleanza (con il termine alleanza intendiamo l’azione gratuita di Dio che si comunica all’uomo e la risposta dell’uomo con la fede e l’obbedienza alla sua Parola) è sempre Dio che cura il suo popolo, lo salva dagli avversarie lo nutre con amore.
Tale amore si manifesterà in pienezza con l’evento di Gesù di Nazareth, il Figlio amato del Padre, il suo Verbo, che come Dio, per puro amore s’incarnerà per manifestare agli uomini il grande amore del Padre.
Meditatio
In questo momento storico, in cui si cerca, in alcuni ambienti della chiesa italiana di rimpiangere le cipolle d’Egitto, è importante in questa solennità eucaristica, ricordare il senso profondo del celebrare l’eucaristia.
Nella celebrazione eucaristica noi – comunità celebrante – (scusate la ripetizione), con parole e gesti ripresentiamo (= Cristo è presente: vivo) il Risorto in mezzo a noi.
Tale ripresentazione si attua in alcuni segni:
l’assemblea: la chiesa che si esprime nei vari ministeri (= servizi), quello della presidenza, del lettore, del cantore, dell’accolito e di tutti i presenti.
È la chiesa che chiede al Padre che mandi lo Spirito Santo a tramutare il pane ed il vino nel Cristo Risorto.
La celebrazione dell’eucaristia è composta da due mense: quella della Parola e quella del Pane e del Vino; le due mense non sono separabili, per cui non ha senso arrivare in ritardo alla celebrazione. Sarebbe come giungere ad un pranzo di famiglia dopo che gli altri hanno consumato una o due portate. La celebrazione dell’eucaristia è più importante di ogni pranzo, manifestazione o quant’altro……….!!
Alla mensa della Parola si ascolta la proclamazione delle letture guardando il lettore e non leggendo per conto proprio dal foglietto. Infatti durante la liturgia, che è per sua natura comunitaria, nulla dev’essere fatto per conto proprio. Ascoltare insieme la Parola ci pone la domanda se, come comunità e come singoli cristiani seguiamo la logica del vangelo oppure ci regoliamo diversamente.
La mensa del Pane e del Vino, che andiamo a ricevere in processione, perché siamo comunità che cerca di seguire il Signore dovunque vada, ci ricorda che l’eucaristia non è il premio dei perfetti, ma il cibo per corroborarci nel cammino della vita, il cibo che ci rafforza nelle difficoltà e che ci ricorda che è lo Spirito Santo che conduce la storia e la chiesa e che è l’autore di tutto il bene compiuto e noi siamo soltanto, nelle sue mani, dei manovali al suo servizio. Questo è il vero e sano ottimismo del cristiano!!!!!!!!!
Infine ricordo, ancora una volta, che la Messa antica, è quella che celebriamo dopo la Riforma Liturgica promulgata dal Concilio Vaticano II, perché ricalca lo schema proposto da san Giustino martire nelle sue Apologie che datano 150 d. C., altro che Messa di Pio V che risale al Messale del XII secolo!!!!!!!!!!!
Buona domenica.
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