150° Anniversario dell’Unità d’Italia

da | Mar 17, 2011 | Storia e cronaca | 0 commenti

L’Italia ha scelto di celebrare oggi, 17 marzo 2011, il 150° anniversario dell’Unità d’Italia.

Ma quanti di noi conoscono gli eventi che portarono ad un’Italia unita nel 1861?

Sito ufficiale delle celebrazioni
www.italiaunita150.it

Di seguito pubblichiamo un breve riassunto degli eventi storici che portarono all’unità che oggi celebriamo…

La strepitosa campagna italiana di Napoleone del 1796/97 accese le speranze dei patrioti italiani, che lo acclamarono come un liberatore. Dopo la vittoria sugli Austriaci, Napoleone fondò la Repubblica Cisalpina: la quale diede all’Italia il Tricolore e fece il suo centro a Milano, nonostante includesse gran parte del Nord e del Centro della Penisola . Arrivò presto la delusione: nello stesso 1797, con il trattato di Campoformio, Napoleone si appacificò con l’Austria e rinunciò a liberare Venezia, come aveva sperato e sognato Ugo Foscolo.

I patrioti dovettero rendersi presto conto che la Repubblica Cisalpina si trovava in un rapporto di vassallaggio rispetto alla Francia e a Napoleone stesso, il quale riassunse i propri interessi in due punti: prelevare risorse materiali dall’Italia, anche attraverso il saccheggio e disporne contravvenendo totalmente ai principi della Rivoluzione Francese.

A lui, tuttavia, dobbiamo riconoscere il merito della modernizzazione delle strutture amministrative, sociali e politiche delle regioni assoggettate alla Francia. Dopo il Consolato e l’Impero, le immense conquiste prima e la sua definitiva sconfitta nel 1815 a Waterloo, si giunse al Congresso di Vienna e alla Restaurazione degli antichi sovrani.

Ciò segnò la fine di tutte le aspettative di libertà e indipendenza che si erano accese con la campagna napoleonica. L’Italia finì sotto la dura egemonia austriaca.

Fra la fine dell’700 e l’inizio dell’800 si era andato diffondendo in tutta Europa il movimento romantico, che influenzò filosofia, letteratura, arte e che , in contrasto con l’Illuminismo, risaltava i valori del sentimento, dell’ individualità e del diritto di ogni popolo all’indipendenza.

Le opposizioni politiche durante la Restaurazione, non avendo alcuna possibilità di organizzarsi in modo legale, si riunirono in società segrete limitate e mal organizzate prendendo esempio dalla Massoneria con i suoi rituali e la sua gerarchia. La più importante società segreta che agì in Europa negli anni 1820/30 fu la Carboneria: si diffuse in Italia tra gli intellettuali, aristocratici, professionisti e studenti, lasciando completamente fuori il proletariato e i contadini (per la maggior parte analfabeti). Proprio per questo motivo, si intende facilmente che tutti i moti carbonari finirono tragicamente, per l’assoluta mancanza di appoggio popolare.

Seguendo l’esempio della Spagna, i primi moti carbonari in Italia avvennero nel 1820 nel Regno delle Due Sicilie, a Napoli e a Palermo. Nello stesso anno a Milano, Silvio Pellico e Maroncelli furono scoperti e imprigionati. Nel 1821 scoppiarono moti in Piemonte. Nel 1830/31 fu la volta di Modena.

Giunto alla conclusione che la Carboneria non potesse ottenere i traguardi sperati, Giuseppe Mazzini, fondò nel 1831 la Giovine Italia, che come fine aveva l’unità repubblicana e come mezzi la propaganda educativa e l’insurrezione popolare, anche se il popolo era in quel momento ancora troppo lontano dagli ideali mazziniani.

Nel 1833 in Piemonte, sotto il re Carlo Alberto, 12 cospiratori furono giustiziati e molti altri ripararono all’estero(tra cui lo stesso Mazzini, insieme a Gioberti e Garibaldi). Nel 1844 fallì la spedizione in Calabria dei fratelli Bandiera, ufficiali della Marina Imperiale austriaca, legatisi alla Giovane Italia. Nonostante l’ opposizione di Mazzini, essi convinti di poter sollevare la popolazione contadina continuarono nel loro proposito, ma una volta sbarcati in Calabria, rimasero isolati, caddero prigionieri della gendarmeria borbonica e furono fucilati insieme ad altri 7 compagni.

È importante ricordare che ci furono varie correnti di pensiero su come si potesse raggiungere l’indipendenza e, una volta raggiunta, su come si potesse organizzare il paese. Infatti negli anni 1843/46, oltre la corrente mazziniana, prese piede anche la visione neoguelfa di Gioberti che dopo aver abbandonato il programma della Giovine Italia, auspicò una confederazione degli Stati Italiani, presieduta dalla massima autorità morale della nazione: il Papato.

Cesare Balbo, inizialmente contrario all’unità d’Italia, sosteneva che l’indipendenza dall’Austria potesse essere raggiunta solo grazie a una favorevole congiuntura internazionale, e basava il suo programma sull’espansione dello Stato Sabaudo fino a formare un regno dell’ Alta Italia. Qualche anno dopo, anche Gioberti abbracciò il programma di Balbo insieme a Massimo D’Azeglio: entrambi, infatti, erano convinti che il rinnovamento nazionale potesse partire solo dal Piemonte e dai Savoia, unica dinastia “italiana”.

Nonostante queste visioni fossero diverse, contribuirono a far nascere nel popolo una coscienza, se non ancora nazionale, almeno indipendentista.

La rivoluzione scoppiata a Parigi nel febbraio del 1848, assecondata dall’ insorgere delle masse parigine, portò alla fuga del Re, alla formazione di un governo provvisorio e alla proclamazione della Repubblica. In seguito a questi avvenimenti, la Germania insieme con l’Impero Asburgico e l’Italia, furono scossi da una potente ondata rivoluzionaria. Frattanto in Francia, per paura del pericolo rosso, prevalse il partito dell’ordine e la scelta del presidente cadde sul principe Luigi Napoleone Bonaparte, nipote di Napoleone. In marzo scoppiò la rivoluzione a Vienna e in Ungheria, che poi si estese a Venezia e a Milano.

Carlo Alberto di Savoia, temendo uno sviluppo democratico-repubblicano dell’insurrezione e sperando di poter formare un regno dell’ Alta Italia, intervenne nella guerra. I Piemontesi furono sconfitti dagli Austriaci a Custoza (luglio 1848) e Carlo Alberto dovette firmare l’armistizio. Nel marzo del ‘49 ruppe l’armistizo e attaccò nuovamente l’ Austria; sconfitto a Novara, abdicò a favore di Vittorio Emanuele II ed esiliò in Portogallo. Alcune città come Brescia (la leonessa d’Italia) resistettero tenacemente; alla fine la democrazia e il nazionalismo sopravvivevano solo nelle repubbliche romane e a Venezia. Proprio verso quest’ultima si dirigeva Garibaldi quando, durante il viaggio, perse la moglie Anita e dovette rifugiarsi in America. Fini così quella che chiamiamo la Iª Guerra d’ Indipendenza.

Il decennio 1849-1859 è decisivo per il futuro dell’Italia. Il dominio austriaco diventa ancora più repressivo e falliscono vari moti mazziniani, tra cui quello del rivoluzionario Pisacane.

Cavour, prima Ministro dell’agricoltura e del commercio e poi primo ministro del Regno di Sardegna, formatosi in un orizzonte europeo sopratutto inglese e francese, mise in atto profondi cambiamenti economico-sociali mirati a modernizzare il paese. Cercò anche di farsi conoscere nel panorama internazionale inviando alla Guerra di Crimea (1855) un modesto contingente militare a supporto delle truppe di Francia e Inghilterra, contribuendo poi alla vittoria francese.

Nel 1856, Cavour venne ammesso al Congresso di Parigi e potè così esporre per la prima volta la reale situazione italiana. Due anni più tardi si celebrò a Plombières un incontro segreto tra Napoleone III e Cavour, in vista di una più che probabile guerra contro l’ Austria, avendo cura che l’inizio della guerra apparisse come un’ aggressione austriaca al Piemonte e una risposta francese alla richiesta d’ aiuto di quest’ ultimo. In poco tempo, il Piemonte cominciò ad arruolare volontari e costituì il Corpo dei Cacciatori delle Alpi agli ordini di Garibaldi; in seguito a questo, l’Austria inviò un ultimatum a Torino che venne subito respinto, così, il 26 aprile 1859 ebbe inizio la IIª Guerra d’ Indipendenza.

Il conflitto iniziò con ottime prospettive: Napoleone III sconfisse gli Austriaci nelle battaglie di Magenta, Solferino e San Martino. Insorsero Toscana, Romagna, Marche e Umbria. In seguito però alle sanguinose ultime battaglie Napoleone decise unilateralmente di porre fine alla guerra e firmò, l’ 11 luglio 1859, un armistizio con l’ Austria. Quest’ultima gli avrebbe ceduto la Lombardia, che a sua volta la Francia avrebbe ceduto al Piemonte. Cavour, deluso dalla condotta francese che non aveva rispettato i patti e amareggiato dall’ umiliazione di ricevere la Lombardia dalla Francia e non direttamente dall’Austria, si dimise dall’incarico di primo ministro; salvo poi essere richiamato al governo del regno sabaudo nel 1860. Tra l’11 e il 12 marzo vennero annessi al regno sabaudo tramite un plebiscito, il Ducato di Parma e Piacenza, il Ducato di Modena e Reggio e il Ducato di Toscana. In cambio delle annessione dell’Italia centrale, la Francia acquisiva la Savoia e Nizza dallo Stato Sabaudo.

Il 5 maggio 1860 ebbe inizio la famosa spedizione dei Mille guidata da Garibaldi e preparata con l’aiuto degli esuli siciliani Francesco Crispi e Rosolino Pilo; appoggiata segretamente da Vittorio Emanuele II, questa spedizione venne inizialmente contrastata da Cavour, per paura di una risposta francese. Questa situazione ambigua continuò durante tutta la spedizione: da un lato Cavour inviò uomini ed armi in Sicilia ai Garibaldini, dall’altro mandò un suo uomo di fiducia, Giuseppe La Farina, col compito di controllare le mosse di Garibaldi ed evitare che quest’ultimo passasse al Continente e attaccasse lo Stato Pontificio.

Garibaldi entrò trionfalmente a Napoli il 7 settembre del 1860; frattanto Cavour, sostenuto da Napoleone III, decise di far intervenire l’esercito, occupando le Marche e l’ Umbria.

Un mese più tardi, tra l’1 e il 2 ottobre Garibaldi ottenne la sua vittoria più grande nella battaglia del Volturno. Il 3 ottobre le truppe piemontesi, guidate personalmente dal re, si misero in marcia verso il Mezzogiorno.

Il 26 ottobre 1860, Garibaldi si incontrò a Teano con Vittorio Emanuele e gli consegnò “simbolicamente” tutto quello che aveva conquistato.

Il 17 Marzo 1861, il Primo Parlamento Nazionale proclamò a Torino Vittorio Emanuele II Re d’Italia, per grazia di Dio e volontà della Nazione. Questo è il felice avvenimento di cui quest’anno celebriamo il 150º anniversario.

Tuttavia all’Italia unificata mancavano ancora parti importanti: Roma, Venezia, Trento e Trieste.

Venezia venne liberata poco gloriosamente nel 1866, durante la IIIª Guerra d’Indipendenza. Gli Italiani furono doppiamente battuti per terra e per mare, ma gli alleati Prussiani sconfissero l’Austria a Sodowa e ottennero il Veneto che, attraverso la Francia (nuovamente), cedettero al Regno d’Italia.

Roma venne liberata nel 1870, quando ormai non era più difesa da Napoleone III, attraverso la breccia di Porta Pia che segnò la fine dello Stato Pontificio. Divenne, nel 1871, Capitale d’ Italia.

Trento e Trieste entrarono a far parte dell ‘ Italia solo dopo la Prima Guerra Mondiale, nel 1918.

Fonte: www.casaitaliani.com

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