Quarta domenica del Tempo Ordinario A

da | Gen 29, 2011 | La Parola per la Chiesa | 0 commenti

Quarta domenica del Tempo Ordinario A

Di p. Giorgio Bontempi c.m.

Sofonia 2,3;3,12 – 13

Salmo 145

1Corinzi 1,26 – 31

Matteo 5,1 – 12°

Lectio

Il vangelo di Matteo è datato tra l’80 e il 90 dopo Cristo, così come il vangelo di Luca. Il vangelo di Matteo è rivolto ad una comunità giudeo – cristiana, cioè di ebrei convertiti al cristianesimo. Il linguaggio adottato dall’autore è quello della tradizione ebraica, rifacentesi all’Antico Testamento, specialmente alle profezie. Lo scopo di questo vangelo è di presentare Gesù di Nazareth come il messia atteso, colui di cui hanno parlato gli antichi profeti, il nuovo Mosè. Questa premessa serve per comprendere meglio il brano evangelico e le altre letture che la liturgia di questa domenica ci propone.

La prima beatitudine è quella che riassume tutte le altre. Infatti il povero in spirito è colui che, ogni giorno, si preoccupa di compiere la volontà del Padre. Anche in momenti difficili come quello in cui si scatena la prima persecuzione contro i cristiani da parte dei capi del popolo ebraico, che intendono uccidere gli apostati, coloro che hanno abbandonato la fede dei padri per seguire Gesù di Nazareth.
Infatti al versetto 17 risulta chiaro quanto è stato scritto sopra.
Il vangelo espone ai cristiani quale comportamento adottare durante la persecuzione. Si tratta dell’insegnamento del nuovo Mosè, il Signore Gesù che, dopo la sua risurrezione, ha fatto sì che anche noi possiamo salire sulla montagna, cioè parlare a Dio come Padre e seguire l’esempio di Cristo che si è seduto sulla cattedra di Mosè ed ha insegnato con autorità, non come scribi e farisei.
Il cristiano deve adottare l’atteggiamento non violento anche nella sofferenza, come il suo Signore durante la sua passione. Non deve temere di soffrire per la giustizia, ma piuttosto deve temere, la falsa testimonianza, una vita coperta dalla menzogna e protetta da coloro che detengono il potere….!
Il tutto perché la vita non è tolta ma trasformata. La vita ha senso soltanto se termina in paradiso.
Il concetto dei poveri in spirito era già stato annunciato dal profeta Sofonia verso il 640 a.C.
Questi vede le classi disprezzate all’interno d’Israele come coloro che saranno i privilegiati da Dio. È un’anticipazione della logica evangelica.
Infine il brano della prima lettera ai Corinzi – autografa di Paolo – considera l’estrazione sociale all’interno di quella comunità cristiana, in cui la maggior parte delle persone è di estrazione sociale umile. Paolo sottolinea come il Signore porti avanti la sua opera, senza bisogno dell’aiuto dei potenti.

Meditatio

Beati i poveri in spirito. Noi, cristiani praticanti, possiamo affermare di essere poveri in spirito?
Lo possiamo nella misura in cui ci preoccupiamo giornalmente di compiere la volontà del Padre: Signore che cosa vuoi tu che io faccia?
Compiere la volontà del Padre significa entrare nella logica del vangelo: quella dell’ultimo posto, quella della preoccupazione per coloro che hanno meno; quella che non fa preferenza di persona, quella che non teme le conseguenze per aver proferito la verità, anche quando questa potrebbe ferire una persona cosiddetta intoccabile o protetta dal potere politico o religioso….
Ecco la logica del vangelo. Naturalmente l’integralismo, anche quello cattolico, è condannato dal vangelo, perché perseguita i cristiani come fecero gli ebrei al tempo di Paolo.

Auguro a tutti noi di essere poveri in spirito.

Buona domenica

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