Terza domenica di Avvento anno A

da | Dic 11, 2010 | La Parola per la Chiesa | 0 commenti

Terza domenica di Avvento anno A

p. Giorgio Bontempi c.m.

Isaia 35,1 – 6a.8a.10.

Salmo 145

Giacomo 5,7 – 10

Matteo 11,2 – 11

Lectio

Il brano del vangelo che ci viene proposto in questa domenica, puntualizza la figura del messia, come colui che è stato preannunziato dagli antichi profeti. Quindi, se Gesù di Nazareth è il messia, questi è colui di cui hanno parlati i profeti e quindi secondo la volontà del Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe. Il popolo ebraico che lo ha rifiutato si è posto in contrasto con il Iavhè.

Giovanni il battista, come i suoi contemporanei, ha la concezione di un messia che condurrà Israele al dominio del mondo, sconfiggendo l’impero romano. Gesù mette in discussone, in modo radicale tale concezione messianica e naturalmente il precursore, che era stato recluso da Erode e quindi viveva in una condizione di difficoltà psicologica entra in crisi: Gesù non è il messia atteso! Il profeta forse stava rischiando la vita invano? Si era sbagliato?

L’autore del vangelo di Matteo risolve il dubbio di Giovanni citando un brano del profeta Isaia e il battista comprende che il messia atteso era presente in Gesù.

Infine il vangelo odierno mette in risalto la figura del battista, innalzandolo come primo profeta veterotestamentario. Però il vangelo sottolinea come l’alleanza di Cristo con il mondo – la nuova alleanza – sia superiore all’antica. Infatti un battezzato è più grande di Giovanni.

La citazione del profeta Isaia di cui parla Matteo e narrata per esteso nella prima lettura. Qui Isaia sogna il ritorno del popolo eletto dall’esilio sofferto a Babilonia, al rientro nella terra promessa, Israele vivrà in una condizione ideale, senza violenza, senza dolore e malattia in un territorio fertilissimo.

La lettera di Giacomo pone in luce l’ansia dell’attesa del ritorno ultimo del Signore che, in un certo senso angosciava la prima comunità cristiana. L’autore pone in luce che la vera attesa del cristiano è quella di accogliere il Signore nelle persone che incontriamo ogni giorno. Tale comportamento ci troverà pronti quando il Signore verrà al termine della nostra vita umana o al termine della storia se saremo presenti a quell’evento.

Meditatio

Quale volto di Dio abbiamo in mente? Questa domanda dovremmo porla spesso al nostro cuore, perché dipende da questa risposta la riuscita della nostra vita cristiana.

Siamo integralisti come gli scribi, i farisei, i dottori della legge del tempo di Gesù? Quando si parla d’integralismo cristiano s’intende la vita di quelle persone che hanno le certezze, nel senso che sono convinte di essere sempre nel giusto, che al di fuori del loro gruppo, o del loro modo di pensare non ci sia incontro serio con Dio.

Questo modo di vivere porta gli integralisti a chiudersi in gruppi autoreferenziali. Le altre esperienze di vita cristiana sono guardate con commiserazione. Essi, gli integralisti, rifiutano di collaborare con gli altri, perché ritengono il lorocammino, l’unico all’interno della chiesa. Anche i farisei commiserarono Gesù e…..lo eliminarono. Anche l’integralismo elimina l’avversario.

Il volto di Dio, quello vero, è quello del Padre. Il Padre che ama l’umanità. Ricordo una riflessione del priore del monastero trappista, che negli anni ‘90 con la sua comunità fu ucciso da un gruppo armato che affermò: «noi monaci abbiamo deciso di restare perché Cristo ha versato il suo sangue per amore degli algerini…»

Questa frase racchiude il vero volto di Dio, che il cristiano adulto ha incontrato.

Accogliamo il Signore nel volto del prossimo, specialmente in quello dei poveri.

Buona domenica

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