Di p. Giorgio Bontempi c.m.
Malachia 3,19 – 20a
Dal salmo 97
2 Tessalonicesi 3,7 – 12
Luca 21,5 – 19
Lectio
La prima generazione cristiana, come abbiamo detto più volte, ma è bene ricordarlo, era convinta che il Signore tornasse per il giudizio finale, prima che essa scomparisse, per cui era necessario evangelizzare, prima della sua venuta, tutto il mondo allora conosciuto.
Al tempo di Gesù, ed anche in seguito, ogni tanto appariva uno pseudo messia, che sistematicamente veniva ucciso dall’autorità costituita, con l’accusa di sobillare il popolo contro il potere imperiale.
L’evangelista ricorda alla sua comunità l’evento drammatico della distruzione di Gerusalemme per mano della legioni romane: un fatto terrificante!! I cristiani vedranno in quella catastrofe il destino del popolo ebraico per non aver accolto il messaggio evangelico.
Infine l’autore menziona la situazione corrente: la persecuzione da parte degli ebrei verso la comunità cristiana. Si tratta della prima persecuzione. I capi del popolo d’Israele sobillarono i romani affinché agissero contro i cristiani.
Infatti questi erano accusati di ateismo, perché la comunità cristiana sosteneva giustamente di non aver ne tempio, ne sacerdote, ne vittima, perché il Cristo era il tempio, il sacerdote e la vittima. Naturalmente questo discorso era incomprensibile per la società greco romana. Una religione che non avesse un tempio e dei sacerdoti che sacrificassero alla divinità, non era degna di essere tale, per questo i cristiani erano tacciati, nelle città dell’impero, di ateismo e quindi passibili della pena capitale.
La cosa più terribile era che le denuncie scattavano anche all’interno dei nuclei familiari.
La situazione narrata nella pericope evangelica di questa domenica è rispecchiata anche nella seconda lettura. Infatti nella comunità cristiana di Tessalonica, città della Grecia antica, c’erano persone che credevano che il ritorno del Signore fosse questione di mesi e quindi non lavoravano più, non s’impegnavano a migliorare la società. Paolo li rimprovera, ammonendoli che fino a quando il Signore verrà i cristiani devono dar l’esempio di onestà e laboriosità, come ha fatto e sta facendo anche lui.
La prima lettura è una messa in guardia del profeta verso i tiranni: il Dio d’Israele sarà spietato contro chi ha abusato dei poveri e degli indifesi.
Meditatio
Il Concilio Vaticano II° afferma che non sappiamo, quando e come il Signore tornerà dalla sua gloria per porre fine alla storia umana.
La Bibbia non ci offre informazioni sulla fine del mondo, ne parla con il linguaggio degli autori dei relativi libri.
Certo la storia finirà. Quello che è importante per il cristiano è vivere il presente. Cioè accogliere il Signore che viene ogni giorno nel volto dei fratelli. Solo così lo si potrà riconoscere nella celebrazione dell’eucaristia.
Anche oggi sette (vedi i Testimoni di Geova) e una certa religiosità mariana di basso profilo, tentano di riproporre la paura di Dio e il castigo. Coloro che praticano queste forme di religiosità sembrano più preoccupati della “collera” di Dio, dell’esistenza dell’inferno – dove mandano tutti coloro che non condividono il loro pensiero – che felici di avere un Dio “genitore”, che ama le persone di amore infinito e si adopera perché l’umanità di ogni tempo prenda parte alla sua gloria.
Il cristiano non deve temere la morte, la fine. Il cristiano sa d’incontrare il Padre, perché lo ha già trovato nel volto di ogni fratello, specialmente di chi soffre.
Il cristiano forte di questa certezza non teme la persecuzione, specialmente quella che si attua all’interno della Chiesa – che è la più dura da sostenere -, non teme la calunnia, il “per sentito dire”, la presunzione di coloro che sanno sempre tutto, ma non hanno il coraggio di confrontarsi con gli altri. Il cristiano sa, per esperienza, che il Padre – tramite lo Spirito Santo – conduce con amore la Chiesa e la storia, che è lo stesso Spirito, di cui siamo strumenti, che compie tutto il bene che facciamo.
Questa è la tranquillità di fondo che alberga nel cuore del cristiano che ha accolto il Risorto e che nulla e nessuno potrà mai togliergli la gioia di tale esperienza quotidiana.
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