XIX Domenica del Tempo Ordinario C
Di p. Giorgio Bontempi c.m.
Sapienza 18,6 – 9
Salmo 32
Ebrei 11,1 – 2.8 – 19
Luca 12,32 – 48
Lectio
Il brano tratto dal libro della Sapienza, che costituisce la prima lettura, ricorda la notte della Pasqua ebraica, la liberazione del popolo ebraico dalla schiavitù dell’Egitto. L’autore vive il dramma dell’esilio e tale memoria rende Israele sereno, perché la vita nell’adempimento della Legge e nel ricordo dei Padri rassicura il popolo di Dio, che egli è sempre vicino ai giusti.
L’esperienza che i Padri fecero di Dio è riportata anche dalla seconda lettura, il ricordo di questi, che vissero nella fedeltà di Dio deve alimentare la comunità cristiana a cui è diretta la lettera agli ebrei.
La fiducia nell’amore di Dio è anche il tema del Vangelo: la comunità cristiana – piccolo gregge di fronte all’importanza dei capi del popolo ebraico e alla super potenza romana – non deve temere, perché, come Dio liberò Israele dall’Egitto, così proteggerà la Chiesa da ogni pericolo. L’importante che la comunità cristiana e ogni singolo componente vigili pera accogliere il Signore nella quotidianità (Non dobbiamo dimenticare che la prima generazione cristiana era convinta che il Signore sarebbe tornato per il giudizio finale, in capo alla loro generazione. Non li sfiorava l’idea di avere davanti venti secoli di storia).
Condizione indispensabile per questa vigilanza è l’uso dei beni per il profitto di tutti, in particolare per i poveri. L’autore sostiene questa tesi raccontando l’esempio del “fattore”, molto comune nella società ebraica e greco romana.
Meditatio
Vi sono momenti in cui le situazioni contingenti della vita la rendono pesante e allora ci vuole coraggio a restare fedeli al vangelo e alla verità.
In questi casi ci può venire in aiuto il ricordo dei momenti in cui abbiamo sperimentato la vicinanza e l’amore di Dio Padre, oppure l’esempio di coloro che nella Chiesa “ci credono davvero”, di quei cristiani che non sono ricattabili.
Se possiamo usufruire di questi aiuti i momenti difficili divengono “propizi” per una crescita nella sequela del Signore.
Tale atteggiamento – costante nella vita del cristiano – suppone la vigilanza su sé stessi, sull’uso dei beni, sulla scelta dei modelli da seguire.
Su sé stessi: ricordiamo sempre che il bene che compiamo è sempre frutto dell’azione dello Spirito Santo, di cui noi siamo mezzi…
Sull’uso dei beni: non esistono cose cattive, ma il modo di usarle può essere buono o cattivo. Usiamo i beni materiali secondo la logica del vangelo: per l’utilità comune, specialmente per migliorare la vita di chi è in povertà a causa della cupidigia altrui. (pensiamo alla situazione internazionale. Al fatto che il terzo mondo ha soltanto il 20% delle risorse….!!).
È importante la scelta dei modelli per la sequela del Signore, perché questi danno una linea alla nostra vita cristiana, specialmente in gioventù.
Se un cristiano, all’interno della Chiesa, segue coloro che intendono impostare la loro vita alla luce della “carriera” del “prestigio” dell’”integralismo”, sarà certamente una persona triste. Anche se all’esterno potrà sembrare soddisfatta, appagata, riuscita. Perché in realtà la sua tristezza nasce dal fatto che si attribuisce meriti che non sono suoi ma dello Spirito Santo.
Pensate alla figura dell’accentratore: colui che ha le mani in “pasta” in mille ambiti: (es.:predicazione, liturgia, teologia, Scrittura…ecc) e notate come è sempre lui a condurre, lavora da solo (gli altri sono chierichetti), è incapace, ad essere un “vero” capo che crea collaborazione, dialogo, pars conditio, che non teme di perdere la faccia, ma la sua preoccupazione è quella essere sempre sulla cresta dell’onda, anche a costo di nascondere la verità……quali modello ha seguito? Non certo quello del Signore Gesù che sappiamo ci indica una strada che scorre nella direzione opposta a questo modo d’impostare la vita.
La scelta dei modelli è fondamentale nella sequela del Signore.
Buona domenica.
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