“A 50 anni dall’indipendenza, il bilancio è cupo per il Madagascar. Dopo una serie di colpi di stato che lo hanno pesantemente indebolito economicamente e socialmente, la Grande isola è ancora in cerca della sua stabilità”: le prime righe di un’editoriale pubblicato dal sito d’informazione ‘Madagascar Tribune’ riassumono così cinque decenni di storia e danno una fotografia della situazione attuale nell’isola africana che conquistò la sua indipendenza dalla Francia il 26 Giugno 1960.
Sarà un anniversario all’insegna della divisione a causa della grave crisi politica scoppiata a fine 2008 e tutt’ora irrisolta tra il presidente dell’Alta autorità di transizione, Andry Rajoelina, e i suoi principali avversari, gli ex-presidenti Marc Ravalomanana, Didier Ratsirika e Albert Zafy che domani boicotteranno le celebrazioni ufficiali. Interrogati dalla stampa locale e africana, i malgasci hanno confidato che quest’anno non sventoleranno bandiere alle proprie finestre in segno di scontento per una situazione socio-economica in stallo che sta ulteriormente peggiorando le loro condizioni di vita. Per alcuni ex-combattenti, “nonostante la povertà e l’instabilità, non deploro mai la nostra indipendenza così cara e preziosa: non ha prezzo” ha detto il colonnello Sabotsy citato da ‘Madagascar Tribune’. In un suo intervento pronunciato a Maggio, lo stesso Rajoelina tracciava un bilancio piuttosto negativo: “Cinque decenni di sottomissione, di lotta senza vittorie, di delusioni e di cattivo governo”. In effetti, secondo il sito internet ‘Jeune Afrique’ “la storia politica del Madagascar si ripete con scadenze regolari: 1972, 1991, 2002 e 2009. Ogni volta i cambiamenti di potere sono intervenuti dietro pressioni popolari” scrive in un articolo dedicato al giubileo dell’indipendenza, nel quale mancano comunque i riferimenti al ruolo, sempre fondamentale in tutti i cambi di potere, giocato dall’ex-potenza coloniale: la Francia. A questo scenario si aggiunge che in media ogni 10 anni il Madagascar ha cambiato repubblica e costituzione mentre “la popolazione ha perso totalmente fiducia nei suoi dirigenti che ad ogni cambiamento criticano e tentano di cancellare le realizzazioni del predecessore: un vero suicido politico ed economico per il paese” secondo Serge Zafimahova, presidente dell’associazione ‘Club sviluppo ed etica’. Secondo i dati diffusi dall’Istituto di statistica del Madagascar, dagli Anni ‘90 due famiglie su tre vivono sotto la soglia di povertà e il tasso di alfabetizzazione dei giovani di meno di 15 anni è diminuito del 10% tra il 1999 e il 2007. A denunciare l’impreparazione della classe politica al potere e la mancanza di una visione globale di sviluppo per il paese è un ricercatore dell’Università di Antananarivo, Lily Razafimbelo mentre per lo storico Ndriandahy Mamoudou ad essere in causa è “la pesante eredità coloniale che ha indebolito il nostro senso delle responsabilità e delle iniziative, alimentando in noi il complesso del colonizzato”. Durante il periodo postcoloniale, la maggioranza dei posti chiave nell’amministrazione pubblica è rimasta in mano ai francesi e fino al 1972 la Grande isola ha ospitato una base militare di Parigi ed era vincolata al livello monetario al franco. Tutti motivi per i quali, secondo alcuni, la ‘vera’ indipendenza malgascia va fatta risalire in realtà al 13 Maggio 1972, quando decine migliaia di manifestanti riuscirono a destituire il presidente Philibert Tsirana, insediato da Parigi nel 1960, e sostituirlo col generale Gabriel Ramanantsoa. L’inizio di una lunga serie di cambiamenti alla direzione dell’isola su pressione della strada e di un sistema nel quale l’esercito viene spesso considerato come l’ultima spiaggia. A 50 anni dall’indipendenza “è giunta l’ora di emanciparsi, di aprirci ad altri paesi: dobbiamo integrarci sia a livello regionale che mondiale” conclude guardando al futuro il vice presidente dell’Università di Antananarivo, Eric Rakotoarisoa.
Fonte: www.misna.it
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