«Devo salvare chiunque mi chiede aiuto» (Suor Rosalia Rendu)
BEATA ROSALIA (GIOVANNA MARIA) RENDU
Figlia della Carità di San Vincenzo De’ Paoli
Confort, 9 settembre 1786 – 7 febbraio 1856
Svizzera del Giura, Jeanne Marie Rendu vive l’infanzia nel clima della Rivoluzione francese. Dopo il Terrore, va a studiare presso le Orsoline a Gex. Qui scopre le Figlie della Carità di san Vincenzo de’ Paoli e il loro aiuto ai malati e ai poveri. Entra nel 1802 in noviziato a Parigi. Prenderà il nome di Rosalia e sarà destinata al quartiere di Mouffetard, dove servirà i poveri per 54 anni. Si prodiga durante il colera. Muore nel 1856.
Martirologio Romano: A Parigi in Francia, beata Rosalia (Giovanna Maria) Rendu, vergine delle Figlie della Carità, che, in una casa situata nel quartiere più povero della città e da lei trasformata in ricovero per i bisognosi, si impegnò con ogni mezzo a visitare i poveri nelle loro abitazioni, riportare la pace durante la guerra civile e spingere molti, soprattutto i giovani e i ricchi, all’esercizio della carità.
———-__________00oo00———-__________
Gex, Francia, 1974. Infuria il terrore della rivoluzione. Cattolici perseguitati, preti e vescovi incarcerati, mandati alla ghigliottina, vittime innocenti dei “democratici” che hanno proclamato “libertà, uguaglianza e fraternità”… senza Dio.
In una casa di nobili, i signori Rendu, la madre, vedova con tre bambine, nonostante i tempi economicamente difficili, ha assunto un domestico, non si sa bene per fare che cosa… si chiama Pietro ed ha un comportamento strano. Almeno così pensa una delle bambine, Giovanna, sette anni, nata l’8 settembre 1787.
Una notte, Giovanna, per tramestii e riflessi di luce, non riesce a dormire. Si alza e vede che Pietro, il “domestico” sta celebrando la Santa Messa.
«Chi è costui?», si domanda la piccola. Qualche tempo dopo, giocando con le sorelline, rompe la loro bambola. La madre, allora, minaccia castighi, ma Giovanna, subito le risponde: «Se mi punisci, dirò a tutti che Pietro non è… Pietro».
La mamma le spiega che “il domestico” è in realtà il Vescovo di Annecy, nascosto nella loro casa. La prima volta che lo incontra quel giorno, Giovanna si inginocchia e gli bacia le mani: ha capito che è perseguitato per Cristo e che rischia la vita per Lui.
Da quel momento, Gesù diventa il suo Unico: Colui per il quale vivono e si sacrificano i buoni e molti immolano la vita, merita tutto il suo amore!
Con questi sentimenti, Giovanna si prepara alla prima Comunione. La mamma pone l’altare con candelabri spenti, in fondo alla cantina, al buio. Giovanna non ha abito né velo bianco, ma solo un grande amore per Gesù. Lo riceve come i primi cristiani, ai tempi delle catacombe.
Quando l’abate Colliex, il parroco del paese, venuto nel palazzo, travestito da contadino, le dà l’Ostia santa, la piccola decide che vivrà solo per Cristo, per amarlo e farlo amare.
Prega per i rivoluzionari che tentano di spazzare via la Chiesa: «Padre, perdona loro, perché non sanno quel che fanno».
Amica e sorella
Passata la bufera, Giovanna va a scuola dalle Orsoline di Gex e qui fa una scoperta che le cambierà la vita. All’ospedale scopre i malati e i poveri. Sente per loro una singolare attrazione. Così, a 15 anni chiede alla mamma di andare a servire in ospedale. Qui incontra la signorina Jacquinet che vuol diventare Figlia della Carità, tra le suore della “bianca cornetta” che si chinano sui malati come sorelle e mamme. Queste suore, fondate da San Vincenzo de’ Paoli e da Luisa de Marillac nel ’600, al tempo di Richelieu, affascinano Giovanna. Poco dopo, ancora quindicenne, si reca a Parigi per essere accettata tra le Figlie della Carità. Dopo alcuni anni di preparazione, diventa Suor Rosalia e viene buttata subito sulla breccia, nel sobborgo parigino di San Marcello, tra vicoli luridi e tetri, case buie e diroccate, soffitte senza vetri, uomini e donne scheletriti dalla miseria, spesso torvi di odio. Anche se sulla Francia domina Napoleone, nel suo cuore solo Cristo domina.
Suor Rosalia va ad attingere la forza per la sua azione nella fornace di carità che è il Tabernacolo. Da qui parte tutta la sua azione che la conduce a considerare i poveri i suoi veri padroni.
In breve, a Parigi tutti la conoscono e le vogliono bene come ad una sorella e ad una madre. I suoi prediletti sono quelli che odiano la Chiesa: li soccorre e li porta a Dio.
La sua figura diventa leggendaria. Un uomo, un giorno, riesce a farsi dare delle coperte che poi vende per bere. Una sera, lei rifiuta di dargliele. Ma durante la notte non può dormire pensando che quel pover uomo forse gela nel suo tugurio. La chiamano a tutte le ore, ed ella va, ricca di Cristo.
Una notte viene richiesta presso un morente, un vecchio rivoluzionario, un bestemmiatore, che non vuole il prete, ma solo suor Rosalia. La piccola suora, sola, per i vicoli malfamati di Parigi, al buio, va dall’agonizzante. Gli parla, prega Dio con la sua passione di donna e all’alba il vecchio muore con i Sacramenti.
Alle sue suore insegna solo a donare: «Sorella, Dio non è contento di lei. Perché ha lasciato andar via quel povero infreddolito? Procuriamogli subito una stufetta e della legna!».
Un giorno alla settimana, Rosalia accoglie tutti nel suo parlatorio. Riceve dai ricchiper dare ai poveri dai quali impara il coraggio per parlar ai ricchi. Mobilita così Parigi e la Francia.
Un giorno nel suo parlatorio arriva un giovane ventenne, puro e distinto come un angelo, è Federico Ozanam e, insieme ad alcuni amici, vuol fare qualcosa per i poveri, per testimoniare Cristo. Rosalia gli dà un elenco di bisognosi allo stremo: vadano loro, i “signorini”. Ozanam e amici accettano: guidati da lei fondano le Conferenze di San Vincenzo e per tutta la vita sarà “complice” della piccola Figlia della Carità.
Qui non si uccide, si ama
Nel luglio 1830 è di nuovo rivoluzione. I fratelli tornano a uccidere i fratelli. Rosalia continua a salire le scale delle soffitte, e a scendere nei tuguri. Da un suo vecchio amico viene a sapere che presto i rivoluzionari daranno l’assalto all’Arcivescovado. Immediatamente l’Arcivescovo di Parigi trova rifugio nella casa della suora, così come la sua mamma aveva un tempo ospitato il Vescovo di Annecy, il misterioso domestico.
Nel 1832 scoppia il colera. Fa strage nei quartieri più poveri. I ricchi se la danno a gambe. I predicatori della rivoluzione e del progresso senza Dio sanno fare solo discussioni. Rosalia e Federico sono invece instancabili a servizio dei colerosi. La suora organizza i soccorsi, avvicina medici e malati, li fa portare in ospedale.
Quando l’epidemia finisce, qualcuno le dice di pensare a se stessa, ma lei risponde: «Una Figlia della Carità è un paracarro sul quale tutti coloro che sono stanchi hanno il diritto di posare il fardello». Un paracarro che non chiede neppure che gli si dica grazie.
Nel 1848 è di nuovo rivoluzione. Fanno le barricate contro l’esercito. Si combatte disperatamente. Rosalia è presente di qua e di là: le barricate non le hanno diviso il cuore per gli uni o per gli altri. Al quartiere Saint Marcel, la lotta è accanita. Ella nasconde i ricercati dalla polizia e i ricercati dai rivoluzionari. Li difende e li salva. Ma le autorità decidono di arrestarla. Nel parlatorio, il prefetto di polizia attende il suo turno per portarla in prigione. Quando Rosalia se lo vede dinnanzi gli risponde serena: «Devo salvare chiunque mi chiede aiuto». Quello le parla della legge ed ella replica ironica: Salverò anche lei, se ne avesse bisogno, può capitare». Il poliziotto ride, ma vuol farle promettere che non aiuterà più i rivoluzionari. Rosalia gli spiega: «Non posso mancare di carità».
Nelle giornate più sanguinose del 1848, i rivoluzionari stessi fanno la guardia alla casa delle Figlie della Carità, dove sono ospitati e serviti i bambini, i vecchi, le donne e i morenti. La polizia sfonda la barricata. Nella fuga generale, restano solo Rosalia e le sue suore a fasciare i feriti. Un ufficiale della guardia, inseguito dai rivoluzionari furenti si rifugia nel cortile di suor Rosalia. Ella lo difende dagli scalmanati e urla loro in faccia: «Qui non si uccide, qui si ama soltanto!».
Sul cancello del cimitero
Un giorno del 1852, di ritorno dal solito giro, suor Rosalia ha la sorpresa di esser attesa da due nobili, mandati dall’imperatore Napoleone III ad insignirla della Legion d’onore. Ma lei si sente quasi urtata e neppure ci bada. Nel suo parlatorio, intanto, arrivano sempre più i “grandi” della storia, arriva anche l’imperatrice Eugenia. Rosalia chiede loro il più possibile per i bisognosi.
Nel 1856 ha quasi 70 anni: indebolita nella vista è ancora sulla breccia. La sera prima di mettersi a letto per morire è bruciata dal rimorso di aver dimenticato di portare indumenti e coperte ad una famiglia, tutto perché non riesce più a leggere le annotazioni. Quando non può più uscire, tutta Parigi la cerca e chiede di lei.
Si spegne serena il 7 febbraio 1856, dopo giorni di breve malattia. Una folla senza limiti, poveri e ricchi, si riversò nelle strade per renderle omaggio. L’Arcivescovo di Rouen si tolse la croce pettorale e l’appoggiò sulle mani di colei che riteneva santa. Sul carro dei poveri percorse per l’ultima volta il suo quartiere. Quel giorno tutta Parigi si fermò. Quando la deposero nella tomba a Montparnasse, e tutti se ne andarono, i suoi poveri rimasero, quella prima notte, a vegliare la loro mamma sulla porta del cimitero.
Nella Francia del primo e del secondo impero, nella Parigi dei romantici e dei senza Dio, in un mondo violento e putrescente nel suo luccichio, la piccola Suora della Carità aveva rivelato Cristo, luce di verità e miracolo d’amore.
0 commenti