La tradizione continua: il Patriarca va alla Giudecca
Come ogni anno, il 5 gennaio il Patriarca di Venezia, cardinal Angelo
Scola, era nel carcere femminile della Giudecca per la Santa Messa,
seguita da un incontro informale con le donne detenute. Suor
Gabriella, volontaria da molti anni in quel carcere e grande
organizzatrice di “giornate diverse”, ci ha raccontato come si è
svolta quella giornata di grande emozione per tutte le ospiti.
Sapendo
che le festività sono per le persone recluse momenti di grande
tristezza e sofferenza, si potrebbe dire quasi di depressione, suor
Gabriella porta dentro in quei giorni alcune giovani volontarie.
Quest’anno erano 12 studentesse universitarie che hanno organizzato
giochi, canti, lavori artigianali per 4 giorni e che hanno partecipato
insieme alle detenute all’incontro con il Patriarca. Il cardinal Scola
nella sua omelia ha parlato di “luce” e di “verità”: che la luce entri
nel nostro cuore e permetta la verità su se stessi. Attraverso questi
due passaggi si riesce ad arrivare al cambiamento che, dice il
Patriarca alle detenute, non dev’essere iniziato quando si esce dal
carcere, ma da subito. Le donne devono prendere coscienza subito,
senza attendere.
La messa è stata preceduta da una breve danza di accoglienza preparata
ed eseguita dalle 16 detenute provenienti da diversi paesi africani, e
il cardinale è rimasto piacevolmente sorpreso nel vedere come la
preparazione della chiesa rispecchiasse un ambiente tutto femminile e
fortemente multietnico. Sono infatti 43, su 86, le donne straniere
alla Giudecca e naturalmente non mancano i bambini che al momento sono
5. La messa è stata concelebrata con i cappellani don Mauro Haglich e
don Antonio Biancotto, padre Andrea Cereser, parroco del Redentore e
storico cappellano di varie carceri e il diacono Tiziano Scatto. Scola
ha lanciato un messaggio: «Davanti agli occhi abbiamo il diritto
calpestato, la pace vilipesa, l’emarginazione non condivisa. Non
dobbiamo lasciarci impadronire dallo scetticismo e dalla tristezza. È
possibile aiutare la nostra società cambiando i rapporti al suo
interno».
Le donne poi hanno portato dei doni che illustravano il significato
della luce secondo loro: due ragazze, una rumena e una Rom che seguono
i corsi nel laboratorio di sartoria, hanno confezionato una spilla di
stelle fatta con dei pannolenci, un’altra ragazza rumena ha scritto
una poesia sul significato di sé e della luce nel cuore scritta su un
cartoncino dorato, le ragazze africane hanno fatto un’altra danza
sulla luce, Katarina ha disegnato il modello di un abito da sposa che
si chiama “La luce delle stelle”, Cristina ha fatto una composizione
di fiori che sembra una stella. Altre donne poi hanno scelto un altro
modo per descrivere la “luce”: una semplicemente mostrando la foto dei
suoi figli, la sua luce, e un’altra quella dei suoi genitori. Quando
il Patriarca se ne è andato la festa è continuata con panettoni,
cioccolata calda, bibite e dolci.
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