XXVII domenica del Tempo Ordinario
Il matrimonio infranto: segno della durezza del cuore
A cura di p. Giorgio
Gen 2,18-24
Sal 127
Eb 2,9-11
Mc 10,2-16
Tematica liturgica
Gesù, rispondendo ai farisei circa la questione del ripudio, articola la sua riflessione su due brani veterotestamentari: Gen 1,27 («Dio li creò maschio e femmina») e Gen 2,24 («Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una sola carne»: cf. la prima lettura, Gen 2,18-24). La pagina della Genesi manifesta il sogno di Dio sulla coppia ed è profezia, ripresa da Gesù per ripristinare i valori fondamentali della coppia, attenuati o spenti dalla legge anticotestamentaria di Mosè a causa della «durezza» del cuore degli uomini.
Dimensione letteraria
Non c’è differenza tra testo biblico originale di Mc 10,2-16 e testo biblico – liturgico, fatto salvo il solito inizio, «In quel tempo». Mentre nel testo breve, Mc 10,2 – 12, il taglio finale è esegeticamente corretto, nel testo lungo, Mc 10,2-16, c’è una forzatura. Si tratta di due testi giustapposti: Mc 10,2-12 (questione sul ripudio o dimensione matrimoniale indissolubile) e Mc 10,13-16 (Gesù e i bambini). La liturgia vuole inserire il tema del bambino dentro al tema dell’amore tra uomo e donna, arricchendoli e completandoli a vicenda.
Esegesi biblico – liturgica
a.La permissività del comandamento mosaico del ripudio non è ordinata al matrimonio, ma alla durezza di cuore. Ogni volta, dunque, che gli ebrei ricorrono a questo aspetto della Legge di Mosè dimostrano a se stessi di essere un popolo dal «cuore duro». Alla luce delle due citazioni veterotestamentarie (Gen 1,27; 2,24), il pensiero di Gesù si può così riassumere. All’origine di ogni uomo e di ogni donna c’è Dio che vuole una umanità sessuata (Gen 1,27). Uomo e donna reciprocamente si attraggono e hanno tra loro un legame che supera il legame che un figlio ha con i rispettivi genitori (Gen 2,24). L’incontro fra questi due esseri sessuati li rende «una sola carne». Ciò non comporta solo una comunione sessuale – corporale, ma anche una unione molto più profonda e personale. Tale unione, dunque, l’ha fatta Dio. Solo lui la può sciogliere. Di conseguenza, «l’uomo non separi ciò che Dio ha congiunto». Questa affermazione di principio garantisce due dati. Il primo riguarda il rapporto tra Torah e Legge. Ciò che Gesù fa non è contrapporre Mosè a Mosè, ma Dio a Mosè (che doveva tener conto della sklerokardia [durezza di cuore] ebraica). Il secondo, invece, riguarda l’incapacità fondamentale dell’uomo a scindere il matrimonio.
b. L’accoglienza dei bambini da parte di Gesù (Mc 10,13-16) rappresenta qualche cosa di straordinario nel mondo palestinese di allora (erano gli «ultimi» della società insieme alle donne, agli schiavi e ai forestieri). Per Gesù la «gratuità» del Regno è più vicina al bambi¬no che non agli altri. Accogliere il Regno come un bambino equivale, da una parte, a rinunciare alla ricerca del prestigio, della potenza, della ricchezza e della sicurezza, dall’altra ad accogliere la proposta di Dio come puro dono, obbedendogli e attendendo il compimento della sua volontà.
L’abbraccio e l’imposizione delle mani hanno un doppio significato. Gesù accoglie nel Regno i bambini e contemporaneamente esaudisce il desiderio di coloro che sono responsabili dei bambini (verosimilmente si tratta dei genitori). La coppia ama i bambini. Nell’amore genitoriale per i piccoli c’è già la premessa esperienziale del Regno: accettare il bambino e tutto il suo mondo costituisce un segno della disponibilità ad accettare il Regno e tutto ciò che esso comporta.
Una sola carne
Il Vangelo di oggi ci pone, senza mezzi termini, di fronte alla durezza del cuore dell’uomo e al progetto di Dio. Questa parola di Gesù non la si digerisce facilmente, ed è comprensibile. Doveva suonare inusuale ed eccessivamente esigente anche a coloro che l’ascoltarono per primi, ma risulta vano ogni tentativo di far rientrare – dalla porta o dalla finestra – la durezza dell’uomo nel progetto di Dio.
No, le due realtà non possono andare d’accordo. Misurare la distanza, lo scarto che esiste è il minimo che si possa fare.
Il disegno di Dio è volto a tirar fuori il meglio che c’è nell’uomo e nella donna. E dunque, quando Dio immagina l’amore che c’è tra un uomo e una donna, pensa da sempre ad un amore fedele ed indissolubile, com’è del resto il suo amore per gli uomini. Dio immagina un amore fecondo, che trasmette la vita proprio perché l’apprezza e la considera un dono prezioso.
La debolezza e la fragilità di uomini e donne infrangono il sogno di Dio e spesso ci si trova a raccogliere i cocci di esperienze coniugali che sono terminate nel modo peggiore oppure si deve riconoscere l’effetto devastante del tradimento, dell’infedeltà, dell’egoismo, dell’incomprensione. In tutti questi casi si prova una grande tristezza e una grande pena. Perché, in ogni caso, separazioni e lacerazioni provocano una grande sofferenza, lasciano aperte ferite difficili da cicatrizzare.
La Chiesa che annuncia la misericordia di Dio non può rinunciare, nello stesso tempo, a presentare un progetto di vita coniugale che fa nascere quel mondo nuovo che il Cristo è venuto ad inaugurare. Non si tratta di una realtà inaccessibile: grazie a Dio, vi sono stati e vi sono tutt’ora coniugi che offrono una testimonianza preziosa di un amore che sfida le incertezze e le tempeste, i disagi e gli ostacoli senza venire meno. Purtroppo «fa più rumore un albero che cade, di una foresta che cresce». E si rischia di spaventare ed essere spaventati dal numero consistente dei divorzi senza tener conto di tanti matrimoni che costituiscono una consolazione e una speranza.
È comprensibile che i cosiddetti «laicisti» vedano nell’amore indissolubile un peso troppo oneroso, un carico e un obbligo eccessivi. Ma per i discepoli di Gesù, «sposarsi nel Signore» significa lasciarsi condurre dallo Spirito ed accettare una possibilità inedita, che Dio rende possibile con la sua grazia.
A quanti, con troppa disinvoltura, irridono alla santità del matrimonio, alla grandezza dell’affetto coniugale, alla nobiltà dell’amore, Gesù rivolge una parola che suona come un monito, un avvertimento molto forte: «L’uomo dunque non separi ciò che Dio stesso ha congiunto». Una frase che la Chiesa ci fa ripetere appena gli sposi hanno pronunciato la loro promessa d’amore per tutta la vita. Chi attenta al matrimonio di una coppia lo sappia: con la sua leggerezza e la sua cattiveria colpisce Dio stesso.
Fonte: La Parola per la Chiesa, EDB, 2005 ”
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