Sedicesima domenica del Tempo Ordinario C Di p. Giorgio Bontempi c.m.

da | Lug 16, 2016 | La Parola per la Chiesa | 0 commenti

Genesi 18,1-10;
Salmo 14;
Colossesi 1,24-28;
Luca 10,38-42

Lectio

Fino a che non si è potuto studiare la sacra scrittura in modo storico critico: fare la lectio del testo e su questa la meditatio, la p arte migliore era intesa nella risposta alla vocazione al presbiterato (= diventare prete [diminutivo di presbitero, dal greco anziano in sapienza] o suora) in vece la parte migliore è quella dell’ascolto della Parola di Dio, affinché di senso alla vita umana. Solo il vangelo da senso alla vita umana.
Anche Abramo si ferma, accoglie il Dio d’Israele, che gli viene incontro nei tre personaggi, in cui noi possiamo intravedere la Trinità e, da quel momento, la vita di Abramo e Sara cambiò perché erano in attesa del figlio primogenito: Isacco, segno della promessa di Dio, che si attualizzava nel dono della terra e della discendenza.
Anche nella seconda lettura si può intravedere come la comunità cristiana sia in ascolto della Parola e, questa, le dia conforto e forza durante la prima persecuzione, scatenata dai capi del popolo ebraico contro i correligionari che, accogliendo il vangelo, tramite la predicazione di Paolo, si erano convertiti al Signore Gesù scegliendo la parte migliore.

Meditatio

Abbiamo capito, dalla lectio, che la parte migliore è l’ascolto della Parola e la sua messa in pratica. Quindi, prima c’è l’ascolto della Parola, la formazione della Chiesa, e poi l’evangelizzazione, ma sempre con la comunità cristiana. Altrimenti questa diventa un’operazione individualista, un attivismo personale.
Infatti la figura di Marta che rimprovera Maria impersona proprio tale atteggiamento: ciò che è importante è lavorare. Spesso e volentieri – anche nella chiesa – emerge questo grande limite.
Nelle comunità parrocchiali quando le celebrazioni liturgiche sono ridotte al minimo: si leggono le letture con la forma breve, si riduce la minimo lo spazio della celebrazione, togliendo ogni solennità e si pensa che la sciatteria sia semplicità. Oggi questo accade meno, ma negli anni ’70 – 80 c’era alle volte da mettersi le mani nei capelli….

Così anche nelle congregazioni di vita attiva, specialmente in quelle femminili: si deve lavorare e quindi la celebrazione dell’Eucaristia, della Liturgia delle Ore ecc…si riducono a cose che si debbono fare….che squallore. Quando questo succede ti viene il dubbio se le persone di quella comunità e, soprattutto chi la coordina, abbiano la vocazione, oppure si sono trovate in quella congregazione per tanti altri motivi e sono andate avanti, cercando d’imbrogliare se stesse e gli altri e, questo caso non è molto raro. Infatti queste persone sono solite drogarsi con il lavoro, per nascondere la loro miseria.
In genere io, da come si celebra la liturgia riesco a comprendere come gira la vita comunitaria e, vi dirò, il margine di errore è minimo. Infatti quando in una congregazione o in una comunità parrocchiale la celebrazione della liturgia è sciatta, si nota come non funzioni né il Consiglio Pastorale, né la Commissione Parrocchiale degli affari economici, la parrocchia diventa una federazione di gruppi indipendenti e incomunicabili, dove non esiste verifica e tutto va, secondo loro, sempre bene. Inoltre durante le celebrazioni non esiste un’assemblea celebrante, ma si ha una cozzaglia di singole persone che, come al supermercato, pagano – cioè assolvono al precetto festivo – e quindi, durante le celebrazioni, si arrogano la facoltà di fare e muoversi come e dove vogliono. La parrocchia è solo un territorio segnato da confini, ma in realtà non esiste.

Nelle congregazioni, quando la liturgia si celebra come una cosa da fare (che tristezza) ne consegue che le relazioni tra le persone sono improntate alla durezza, al comando, alla falsità.
La conseguenza è che, quelli che non sono d’accordo con questo stile di vita scadente, sono considerati i peggiori, mentre sono i migliori e, quelli che condividono per timore dell’autorità, che in questo caso è la prima che avere vocazione, per questo vive male e domina gli altri, sono considerati i migliori.
Poi c’è la figura del portaborse che ha spazio quando chi coordina non ha vocazione, questi sono considerati la crema della comunità.
Infine ci sono persone che, per non vedere, sentire e parlare, si sono drogate con il lavoro e si fanno grandi per lo stipendio che portano in comunità. Ma la comunità non è il luogo del quale mi servo per esercitare una professione, perché nessuno mi ha voluto e mi ritrovo con un carattere difficile ed asociale, e allora riesco a nascondermi, a superiori scadenti, all’ombra dell’essere dottore /a.

In questo clima di apparenza si attua quello di cui sopra ho scritto riguardo alle comunità parrocchiali, ma in un modo diverso: qui si attua il sistema, condannato dal vangelo e da papa Francesco: quello dello scarto. Si vedrà in queste comunità dove non si cerca la parte migliore, ma l’apparenza che chi non ha potere: l’anziano e il malato sono lo scarto: nel vitto, nell’essere curati e vestiti e nelle varie attenzioni che si devono loro. Naturalmente chi può e non vi pone tempestivamente rimedio è come il sacerdote e il levita del tempio di Gerusalemme che passarono oltre, ma il Signore non fu contento di loro…….

Ho vissuto all’interno della mia comunità in Case dove si viveva bene e si celebrava bene e, l’anziano e il malato erano al centro della comunità, come Gesù fece con i malati che guarì.

Facciamo sempre in modo di scegliere la parte migliore, che non ci sarà tolta, per vigilare sulla nostra vita ed essere quotidianamente poveri di spirito.

Buona domenica.

Prima lettura
Gen 18,1-10

Dal libro della Gènesi
In quei giorni, il Signore apparve ad Abramo alle Querce di Mamre, mentre egli sedeva all’ingresso della tenda nell’ora più calda del giorno.
Egli alzò gli occhi e vide che tre uomini stavano in piedi presso di lui. Appena li vide, corse loro incontro dall’ingresso della tenda e si prostrò fino a terra, dicendo: «Mio signore, se ho trovato grazia ai tuoi occhi, non passare oltre senza fermarti dal tuo servo. Si vada a prendere un po’ d’acqua, lavatevi i piedi e accomodatevi sotto l’albero. Andrò a prendere un boccone di pane e ristoratevi; dopo potrete proseguire, perché è ben per questo che voi siete passati dal vostro servo». Quelli dissero: «Fa’ pure come hai detto».
Allora Abramo andò in fretta nella tenda, da Sara, e disse: «Presto, tre staie di fior di farina, impastala e fanne focacce». All’armento corse lui stesso, Abramo; prese un vitello tenero e buono e lo diede al servo, che si affrettò a prepararlo. Prese panna e latte fresco insieme con il vitello, che aveva preparato, e li porse loro. Così, mentre egli stava in piedi presso di loro sotto l’albero, quelli mangiarono.
Poi gli dissero: «Dov’è Sara, tua moglie?». Rispose: «È là nella tenda». Riprese: «Tornerò da te fra un anno a questa data e allora Sara, tua moglie, avrà un figlio».

Salmo responsoriale
Sal 14

R.: Chi teme il Signore, abiterà nella sua tenda.

Colui che cammina senza colpa,
pratica la giustizia
e dice la verità che ha nel cuore,
non sparge calunnie con la sua lingua.

Non fa danno al suo prossimo
e non lancia insulti al suo vicino.
Ai suoi occhi è spregevole il malvagio,
ma onora chi teme il Signore.

Non presta il suo denaro a usura
e non accetta doni contro l’innocente.
Colui che agisce in questo modo
resterà saldo per sempre.

Seconda lettura
Col 1,24-28

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Colossesi
Fratelli, sono lieto nelle sofferenze che sopporto per voi e do compimento a ciò che, dei patimenti di Cristo, manca nella mia carne, a favore del suo corpo che è la Chiesa.
Di essa sono diventato ministro, secondo la missione affidatami da Dio verso di voi di portare a compimento la parola di Dio, il mistero nascosto da secoli e da generazioni, ma ora manifestato ai suoi santi.
A loro Dio volle far conoscere la gloriosa ricchezza di questo mistero in mezzo alle genti: Cristo in voi, speranza della gloria. È lui infatti che noi annunciamo, ammonendo ogni uomo e istruendo ciascuno con ogni sapienza, per rendere ogni uomo perfetto in Cristo.

Vangelo
Lc 10,38-42

Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, mentre erano in cammino, Gesù entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò.
Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. Marta invece era distolta per i molti servizi.
Allora si fece avanti e disse: «Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». Ma il Signore le rispose: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta».

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