Come rendere la carità più efficace, dal punto di vista dei poveri?

da | Ott 11, 2024 | Formazione vincenziana | 0 commenti

Nel cammino spirituale e caritativo dei vincenziani, siamo costantemente chiamati a essere non solo “mani che offrono aiuto”, ma anche “cuori che comprendono”, “occhi che vedono” e “orecchie che ascoltano”.

La carità, per essere veramente efficace, deve essere fatta a partire dal punto di vista di coloro che la ricevono: i poveri e coloro che sono ai margini della società. Spesso le nostre buone intenzioni e le nostre azioni, per quanto lodevoli, possono non raggiungere pienamente l’impatto desiderato se non teniamo conto dei reali bisogni e desideri di coloro che serviamo.

In questo contesto, vorrei proporre cinque azioni pratiche per rendere più efficace il nostro aiuto, seguendo gli esempi di San Vincenzo de’ Paoli e degli altri esponenti della via di santità e di servizio che troviamo nella Famiglia Vincenziana, e dalla prospettiva dei poveri stessi:

  1. Ascolto attivo e rispettoso: prima di offrire qualsiasi forma di assistenza, dobbiamo ascoltare le persone che serviamo. Spesso i bisogni più urgenti non sono quelli che immaginiamo. Dobbiamo avvicinarci ai nostri fratelli e sorelle in situazioni di vulnerabilità con un atteggiamento di umiltà e rispetto, lasciando che ci parlino delle loro principali difficoltà, problemi e preoccupazioni. L’ascolto è un atto d’amore e un modo per riconoscere la dignità degli altri: “Carissimi, tenete presente questo: siate pronti ad ascoltare, lenti a parlare e lenti all’ira” (Giacomo 1:19).
  2. Rafforzare l’autonomia: il fine ultimo della carità vincenziana deve essere quello di promuovere l’autonomia delle persone che assistiamo. A tal fine, è necessario sviluppare programmi e azioni che rafforzino l’autonomia di queste persone, offrendo loro non solo risorse materiali, ma anche opportunità di formazione professionale, orientamento nella ricerca di un impiego, attività educative e sostegno affinché possano gradualmente diventare autosufficienti. Un aiuto che perpetua la dipendenza non è carità, ma un servizio temporaneo che deve essere trasformato. “Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza” (Giovanni 10:10). Questo passo ci ricorda che la vita in abbondanza implica crescita, sviluppo e indipendenza.
  3. Creare legami reali: piuttosto che fornire un aiuto impersonale, dovremmo sforzarci di creare legami reali e affettivi con le famiglie che accompagniamo. I rapporti di amicizia e di rispetto reciproco creano uno spazio in cui le persone aiutate si sentono apprezzate e fanno parte di una rete di sostegno. Questo legame di fiducia permette loro di condividere le loro difficoltà con maggiore franchezza, facilitando l’intervento dei Vincenziani in modo più preciso ed efficace. “Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone, ma vi ho chiamati amici” (Giovanni 15:15). Come Gesù ci ha chiamati amici, anche noi dobbiamo creare legami di amicizia con coloro che aiutiamo.
  4. Intervento collaborativo: un’assistenza più efficace richiede la partecipazione e il partenariato con altre organizzazioni sociali, chiese, ONG, rami della Famiglia Vincenziana e persino enti pubblici. La collaborazione con altre organizzazioni ci permette di sfruttare le risorse a nostra disposizione e di ampliare la portata delle nostre azioni. La solidarietà reciproca e la cooperazione sono pilastri fondamentali per una carità che trasformi veramente le vite. “Infatti, come in un solo corpo abbiamo molte membra, ma non tutte hanno la stessa funzione, così noi, che siamo molti, siamo un solo corpo in Cristo, e ciascuno di noi è membro degli altri” (Romani 12:4-5). La collaborazione è essenziale perché il corpo di Cristo agisca in unità.
  5. Accompagnamento continuo e personalizzato: ogni persona che aiutiamo ha una storia di vita unica e le sue esigenze possono cambiare nel tempo. È quindi essenziale offrire un accompagnamento regolare e personalizzato caso per caso, rivalutando frequentemente la situazione e adeguando il nostro sostegno al mutare delle circostanze. Un servizio unico e senza continuità rischia di cadere nell’oblio, senza generare cambiamenti significativi nella vita delle persone che aiutiamo. “E consideriamoci a vicenda, per lavorare nell’amore e nelle opere buone” (Ebrei 10:24). Questo ci ricorda l’importanza di essere continuamente presenti nella vita di coloro che serviamo, incoraggiandoli e sostenendoli sempre.

Queste cinque azioni sono un invito a praticare una carità più consapevole, empatica e trasformativa. Come vincenziani, siamo sfidati ogni giorno ad andare oltre le semplici donazioni materiali, assumendo una postura di vero servizio, in cui i bisognosi non sono destinatari passivi del nostro aiuto, ma protagonisti della costruzione della loro storia.

Così facendo, permettiamo all’amore di Cristo di raggiungere ogni persona nella sua totalità attraverso di noi, rispettando la sua dignità e promuovendo la sua trasformazione integrale. Alla luce del Vangelo e della spiritualità vincenziana, facciamo della nostra carità uno strumento di giustizia e di promozione umana, sempre incentrato sui più poveri.

Socio Renato Lima de Oliveira
16° Presidente generale della Società di San Vincenzo de’ Paoli (dal 2016 al 2023).

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