Vorrei condividere con voi qualche dato che che ormai tutti noi conosciamo:
Abbiamo compiuto più di 45 giorni di isolamento o quarantena.
Siamo stati in qualche modo, testimoni di una tragedia che rimarrà per sempre nella nostra memoria: cominciando dall’Italia i casi di persone infettate dal coronavirus sono state più di 175.925, 23.227 sono decedute, ma la buona notizia è che sono guarite 44.927 persone.
A questi dati dovremmo aggiungere quelli di tutte le altre nazioni del mondo, ma a questo punto diventerebbe semplicemente la statistica di un momento storico tragico. Non sono solo numeri, o percentuali, sono persone che hanno avuto una storia, una famiglia una realtà concreta e adesso, o non ci sono più o stanno lottando per sopravvivere.
In tutti questi giorni, noi nella Curia Generalizia, come quasi tutta la popolazione del mondo siamo ancora qui, per curarci e per proteggerci, di questo siamo certi! E prima o poi usciremo e sicuramente torneremo alla normalità. La “normalità” tra virgolette. Perche non sarà tutto normale, perche non vivremo la normalità che abbiamo lasciato il mese scorso.
Non voglio essere “messaggero di cattivi presagi”, ma non troveremo la stessa realtà, ci mancheranno amici, famigliari e perfino confratelli o consorelle, o membri della Famiglia Vicenziana, troveremo persone che soffrono ancora per la dipartita dei propri cari ai quali non sono riusciti a dare neanche un saluto; troveremo poveri più poveri, troveremo delle comunità o delle provincie che soffriranno la povertà, perche troveremo anche una economia crollata. Ma non solo questo.
Troveremo persone più solidali, che non sono indifferenti e che hanno imparato a conoscere la sofferenza in solitudine, hanno convissuto con la mancanza, con l’angoscia e il dolore degli altri. Troveremo delle famiglie che hanno imparato che la Chiesa non è costituita dal Tempio, o dai preti e i consacrati, ma che ogni battezzato ne fa parte e che possono celebrare la parola all’interno della loro piccola comunità; troveremo persone che hanno scoperto che si puo essere chiesa al interno di ogni casa, di ogni famiglia. Sono le chiese domestiche. Forse questo potrà essere la fine del clericalismo che Papa Francesco ha lamentato tante volte.
Troveremo una realtà che puo portare tanto di positivo come di negativo, incontreremo una società più tecnolocizzata, che ha dovuto incorporare nella propria realtà una tecnologia ancora più pervasiva e chi non la usava prima adesso si è visto costretto ad accogliere tutto ciò per portare avanti la propria vita. Con questo penso, che dopo tutti questi giorni, troveremo un mondo completamente cambiato. Allora, ho avuo modo di pensare tanto in questo periodo, e mi sono chiesto quale sia quale il mio ruolo in questo momento, il ruolo della mia missione, ma anche come confratello parte della Curia Generalizia…
Non lo so, ma quello che so e che non ritorneremo allo stesso mondo che abbiamo lasciato e dipende da come ognuno di noi ha vissuto, questo momento e come vivrà il futuro prossimo. Questo isolamento ci ha fatto celebrare la Pasqua insieme, altri anni, siamo stati rispondendo ad altri impegni, avremmo tanto da riflettere o da pensare, in questo tempo di Pasqua e nel Vangelo abbiamo sentito il saluto del risorto – “Pace a voi” – che può sembrare difficile da accettare o comprendere eppure è come se parlasse ad ognuno di noi direttamente e ci dicesse: pace a voi! E per questo penso che davanti a tanta sofferenza, siamo inviati a portare questa pace a tutti.
Papa Francesco ha scritto un “Piano per risucitare”, una meditazione pubblicata per la rivista spagnola “Vida nueva” e nel quale dice che nel vangelo di Matteo il risorto invita le donne a rallegrarsi, e aggiunge che invitare a rallegrarsi in questi giorni può sembrare una provocazione o un scherzo di cattivo gusto, però, continua, è il risorto che vuole risuscitare a una vita nuova sia le donne che l’umanità tutta. Il papà continua affermando che il Signore con la sua novità può sempre rinnovare la nostra vita e la nostra comunità, continuamente.
Il Papà ci offre qualche spunto per affrontare il futuro. Voglio condividere alcuni di questi punti con voi. Egli dice:
- È il soffio dello Spirito che apre gli orizzonti, risveglia la creatività e ci rinnova in fraternità per dire presente o qui sono, di fronte all’enorme e ineluttabile compito che ci attende.
- Questo è il momento propizio per incoraggiarci a una nuova immaginazione del possibile con il realismo che solo il Vangelo può dare.
- Non possiamo scrivere la storia presente o futura con le spalle rivolte alle sofferenze di tanti.
- La globalizzazione dell’indifferenza continuerà a minacciare e a tentare il nostro cammino… Che ci trovi con degli anticorpi necessari della giustizia, della carità, della solidarietà.
- NON abbiamo paura di vivere l’alternativa della civiltà dell’amore: “che è una civiltà della speranza: contro l’angoscia e la paura, la tristezza e lo scoraggiamento, la passività e la stanchezza.”
Vorrei concludere questa riflessione con le parole di un giornalista spagnolo, Carlos Candel: Possiamo continuare a guardare dall’altra parte, come abbiamo fatto finora, possiamo continuare a voler “tornare alla normalità”, a pensare che Covid-19 sia una piccola anomalia nel nostro cammino. Quello che non abbiamo capito è che questo non è più possibile. […]
Per questo vorrei che non tornassimo alla normalità, che non cadessimo nel fatalismo che non si può fare nulla, che tutto è già stato deciso. Può essere così, ma io mi oppongo. E una vita diversa, una vita che garantisca la nostra vera sopravvivenza, che anteponga il benessere delle persone e la cura reciproca all’accumulo di capitale, che scommetta sulla Natura e non sulla sua distruzione, non deve essere peggiore della normalità che abbiamo vissuto prima del confinamento.
Torniamo, ma torniamo con la gioia e la pace del risorto, essendo missionari del Vangelo che porta vita, e vita in abbondanza.
Jorge Luis Rodríguez Baquero, CM
Ufficio Comunicazioni della Congregazione della Missione
Fonte: https://cmglobal.org/
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