Alcuni giorni orsono ho aperto il sito della diocesi di Verona e su un link mi sono imbattuto nel nome della signora Maria Clementi Trabucchi. Questo mi ha dato l’idea di scrivere qualcosa su di lei, per ricordarne la memoria.
Maria Trabucchi Clementi era la Volontaria Vincenziana più illustre di Verona, è in paradiso dal 17 settembre 2005, deceduta a 97 anni. Purtroppo ebbi notizia dei suoi funerali a cose fatte, con mio grande rammarico, perché le ero molto affezionato.
Io ebbi la fortuna di conoscere questa volontaria quando, nel 1992, il p. Mulassano – allora Visitatore – mi trasferì dalla Casa della Missione di Udine a quella di Verona. Nella città scaligera fui incaricato di seguire i Gruppi di volontariato vincenziano come assistente.
Ricordo della signora Clementi – d’ora in poi la chiamerò la nonna – questo era l’appellativo affettuoso con cui anch’io solevo chiamarla, la sua autorevolezza, con cui dava l’esempio di come si dovessero servire i poveri. Ella li avvicinava, non come persone a cui si fa la carità, ma come fratelli. Questo sembrerebbe un atteggiamento normale per un cristiano, ma dai fatti si nota che non lo è. Infatti se questo comportamento fosse comune per tutti, anche il servizio della carità sarebbe sempre svolto con lo spirito evangelico.
Ricordo la sua propensione al dialogo e non al potere. Quante volte mi sono recato in casa della nonna, e mi sono seduto di fronte a lei, proprio sotto quel crocifisso che si vede nella fotografia che ho allegato a questo contributo. Quell’angolo è nel mio cuore. Quanto tempo a discutere e a discernere situazioni anche molto complesse. Lei aveva il carisma dell’ascolto e del discernimento. La nonna era una persona che non si lasciava trasportare dalle pre comprensioni, che non dava il torto o la ragione secondo il per sentito dire, o per l’utilità del momento.
Ricordo il rispetto che portava all’Assistente: non si trattava del mero rispetto clericale del laico verso il prete, era il rispetto di una sorella verso un fratello, in un dialogo che teneva conto delle rispettive competenze. Con la nonna si lavorava bene! Ci si sentiva parte della Chiesa! I Gruppi di Volontariato Vincenziano erano realmente una porzione della chiesa locale.
Ricordo il rispetto e la venerazione che la nonna aveva nei confronti delle Figlie della Carità.
Ella riconosceva che le nostre suore erano l’asse portante della Casa di Carità, l’opera che era al centro del suo cuore. La nonna non si sarebbe mai permessa di considerare le suore alla stregua di un qualsiasi volontario….
Ricordo l’attenzione che aveva per rispondere alle povertà incombenti: le case di accoglienza, le case per gli studenti poveri, le visite a domicilio, molte sarebbero le opere da ricordare. Ella era la nostra stella polare.
Ricordo quando mi disse che l’assistente parlava molto bene durante le catechesi alle volontarie, ma non avvicinava i poveri e, questo lo disse in pubblico e aveva ragione!. Io risposi che, appena conclusa la tesi per la facoltà di Liturgia, avrei dato parte del mio tempo per i poveri e così fu. Dimenticavo: negli anni ’90 tenevo sistematicamente le catechesi alle volontarie vincenziane in casa di carità.
Oggi molto è cambiato, quel clima non c’è più. Io non lavoro più con le volontarie vincenziane, bensì con la Caritas diocesana, che mi ha incaricato di coordinare l’attività caritativa della zona pastorale nord ovest, in cui ho organizzato, secondo la richiesta del vescovo, un centro d’ascolto caritas.
Io sono certo che la nonna, dal Paradiso, intercederà per ché si vivano tempi migliori e si riprenda il suo esempio di Volontaria Vincenziana fedele allo spirito di san Vincenzo de’Paoli.
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