Lettere: Volontariato Giustizia; un “carcere della resistenza” perché le leggi siano attuate

da | Set 7, 2010 | Uncategorized | 0 commenti

Come Cassandre inascoltate avevamo da anni previsto, annunciato e denunciato l’ingestibile situazione carceraria attualmente in atto, inevitabile in assenza di correttivi giuridici e sociali. I trofei ideologici delle campagne contro poveri, migranti, tossicodipendenti, disagiati, trovano compiutezza nello sfacelo dell’attuale situazione, nelle condizioni in cui vivono i detenuti, nella tragica conta dei suicidi e delle morti in carcere. Il volontariato della giustizia non è certo avvezzo a false speranze, ma non potevamo immaginare che così poca umanità potesse permeare l’anima e la coscienza di che è deputato a gestire l’universo carcerario.

I tentativi di affossamento di quelle leggi che larga parte del mondo ci invidia – dalla riforma penitenziaria, alla Gozzini, alla riforma psichiatrica – offrono il polso della attuale situazione: le campagne per la sicurezza hanno prodotto maggiore insicurezza.
Le carceri sono piene di consumatori di droghe, di persone in attesa di giudizio, di migranti, e paiono dirigersi in un viaggio, che pare senza ritorno, lontano dal buon senso e dall’umanità.
In perfetto stile bipartisan i politici si sono alternati in un carosello di divisioni, scambi di accuse, ridefinizioni, temporeggiamenti, competizioni di visibilità intorno ad un decreto ormai così stralciato da risultare quasi inutile.
Eppure, nemmeno quello è passato, nessuno si è assunto la responsabilità di offrire un seppur minimo di respiro e di speranza ad una popolazione detenuta stremata. Solo visite ferragostane. Viene tristemente in mente la Marcia di Natale di qualche anno fa, anch’essa densa di presenze politiche, organizzata dopo un mese dall’approvazione della legge ex Cirielli. Veramente la realtà di una politica così cieca e sorda alle voci del sociale supera ogni fantasia. In una materia come questa, che tocca corde sostanziali del diritto, non andrebbero espresse timidezze; bisognerebbe operare con forza sul fronte delle riforme legislative e sulle politiche sociali; servirebbe una chiara azione riformatrice.
Vedremo alla ripresa dei lavori parlamentari se gli impegni, assunti sull’onda dello sdegno vissuto nelle visite in carcere, saranno realistici o rimarranno la solita carta straccia, come del resto ogni altro impegno della politica per una vera riforma delle carceri. Il timore è che, ancora una volta, assisteremo ad indignazioni passeggere. Le più difficili da tollerare saranno di coloro che hanno potere decisionale che non sarà messo a servizio della tutela dei diritti ma per deliberare in funzione del carcere, ma non per i carcerati. La Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia si adopererà perché queste visite non siano un’altra occasione perduta, una sfilata di personaggi più o meno noti, ma servano a rilanciare una piattaforma unitaria tra i protagonisti reali del cambiamento: tutti coloro che ogni giorno, si impegnano in prima persona nella direzione di una pena costituzionalmente orientata.
Quando si discute del carcere, si dovrebbe discutere di questo: di camere oscure e oscurate al mondo, di luoghi ciechi, muti, privati di diritti. Dove le parole della Costituzione rimangono solo modi di dire.
Noi ci siamo. Ci siamo sempre stati. Ora ci attendono ancora tempi di mobilitazione e protesta pacifica per tenere accesa la fiaccola della ragione. Già molti gruppi della Cnvg si sono attivati con iniziative volte a sollecitare l’attenzione delle istituzioni, della politica, della cittadinanza. Sono state realizzati incontri, conferenze stampa, autosospensioni dal servizio, l’allestimento della “Cella in Piazza” ed una serie di altre iniziative per richiamare una nuova e diversa attenzione delle istituzioni centrali e territoriali sul problema del carcere, chiamando in causa anche gli Enti Locali. Andrebbe immediatamente attivato un “Piano sociale straordinario per le carceri” di sostegno al reinserimento sociale per coloro che escono o che potrebbero uscire dal carcere, attraverso la formazione, il sostegno lavorativo, l’attivazione del terzo settore e dell’associazionismo.
Sosteniamo l’invito e l’appello rivolto alla Cnvg da Alessandro Margara al “carcere della resistenza”. Questa espressione può riferirsi anche a quegli istituti che, nonostante le difficoltà ed il vento contrario, cercano di attuare la legge, dimostrando che un altro carcere è possibile, quello appunto che la legge descrive. Il volontariato è parte di queste “sacche di resistenza”. La mobilitazione proclamata a livello nazionale dalla Conferenza Nazionale Volontariato della Giustizia, che continuerà ad articolarsi nei prossimi mesi, ne è testimonianza diretta e concreta.

Elisabetta Laganà, Presidente della Cnvg

(tratto da: Ristretti Orizzonti, 30 agosto 2010)

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