Il problema di preti suore e religiosi, che militano nei movimenti ecclesiali integralisti
p. Giorgio Bontempi C.M.
È ormai un dato di fatto che in Europa, le Diocesi, gli Ordini, le Congregazioni e le Società di vita apostolica (come Missionari di san Vincenzo e Figlie della Carità), siano attanagliati dalla crisi delle vocazioni.
Questa situazione è iniziata – come tutti sappiamo – nel 1968. Anche la Chiesa italiana ha vissuto i suoi momenti drammatici. Infatti mentre in politica si fronteggiavano l’estrema destra e l’estrema sinistra, giungendo in alcuni casi alla guerriglia urbana e l’era del post Concilio Vaticano II° aveva fatto cadere parecchie certezze (non i dogmi, ma tradizioni consolidate) ed erano in cantiere la Riforma Liturgica, i nuovi studi biblici, storici e dogmatici, si assisteva impotenti allo svuotamento dei seminari e all’abbandono del ministero presbiterale da parte di un numero consistente di preti e anche nel mondo delle suore si condivideva la stessa sorte del clero. Questo ha avuto conseguenze gravi sul morale del clero e delle suore, che hanno trascorso quel periodo in uno stato d’incertezza e anche d’instabilità, nel senso che non si sapeva bene, come e quando utilizzare metodi nuovi di evangelizzazione, inoltre, come ho accennato sopra, anche in campo liturgico tutto era ancora provvisorio….
Di conseguenza, anche le parrocchie e l’Azione Cattolica furono vittime di quel momento difficile. Le prime hanno compiuto un lungo cammino di riassestamento, nonostante le molte traversie, mentre l’Azione Cattolica versa ancora in una crisi di cui non s’intravede una soluzione.
Fu in quel contesto che nacquero i movimenti ecclesiali dell’integralismo cattolico. Dapprima sembrarono un dono dello Spirito Santo alla Chiesa. Si pensò che, tramite essi, si potessero attuare i documenti promulgati dal Concilio Vaticano II°.
In queste nuove realtà ecclesiali si rifugiarono quei preti e quelle suore, che stavano vivendo momenti di seria difficoltà – all’interno delle diocesi, delle comunità religiose e di vita apostolica – certo non intendo generalizzare, ma molti sono stati coloro che sono entrati a far parte dei movimenti ecclesiali.
Questi erano costituiti da persone giovani ed entusiaste, i fondatori erano ancora in vita: tutto sembrava bello!!
Invece la vita all’interno delle comunità religiose e delle diocesi si rivelava sempre più problematica, specialmente per le cause sopra citate. Inoltre, anche l’attualizzazione del carisma risultava difficile all’interno di una società in continuo cambiamento.
Così divenne naturale, per questi preti, religiosi e suore rifugiarsi nel movimento ecclesiale ed esserne sempre di più assorbiti.
Questo fenomeno si potrebbe paragonare alla situazione che si crea tra i coniugi, quando nella coppia s’inserisce la terza persona: l’amante! Cosa accade? Accade che all’amante si riversa l’amore, l’attenzione, si vive per lei, si pensa a lei, diviene il nuovo centro della vita. Mentre la moglie rimane colei con la quale ci si presenta in pubblico, con cui si vuole far vedere all’esterno una stabilità di facciata, ma di fatto la moglie non è più la donna amata.
Se noi sostituiamo l’amante con il movimento ecclesiale e la moglie con la comunità religiosa o la diocesi, possiamo constatare che il rapporto è lo stesso.
Il religioso coinvolto dal movimento ecclesiale fa di questo il perno della sua vita. Il fondatore che lui ama, non è più quello della comunità religiosa, ma quello del movimento. All’interno della comunità religiosa, colui che ha aderito al movimento, tende a trasportarne lo spirito nella congregazione, cogliendo tutte le opportunità, per cui, in ogni iniziativa che i superiori affidano a questa persona: riviste, parrocchie, predicazioni ecc…diviene un’ occasione propizia per portare avanti lo spirito del movimento, anche se, all’esterno “sembra” che sia quello della congregazione. Questo risalta in modo eclatante nell’attività parrocchiale, specialmente nelle parrocchie affidate alle comunità religiose.
Infatti diventa lampante come il movimento riesca – tramite l’azione di questi religiosi “annacquati” -, a prendere in mano la pastorale parrocchiale senza una soluzione di continuità.
In questa realtà il parroco dovrà essere o un prete del movimento usurpatore, oppure uno che “cala le brache”, o per paura o per opportunismo e lascia al movimento la gestione parrocchiale. Anche il coordinatore della pastorale giovanile (bambini, ragazzi, giovani) deve essere un prete del movimento usurpatore, anche se fosse un incapace, ma questo non significherebbe nulla, l’importante che sia del movimento….!
In questa situazione la comunità religiosa, a cui la diocesi ha affidato la parrocchia scompare: il carisma è come se non esistesse, il suo mondo diventa una larva impercettibile. La pastorale vocazionale: inattuabile. Tutto è in mano all’integralismo cattolico. La politica diventa fondamentale ed i soldi ancora di più: aiutare e promuovere i “nostri” gli altri non esistono. L’isolamento dalla pastorale della congregazione e da quella diocesana è una conseguenza grave.
Per chiarire meglio cosa intendo dire: nello scorso febbraio i Missionari di san Vincenzo, che compiono il loro ministero nelle parrocchie, affidate alla Congregazione dalle diocesi europee, si sono riuniti a Pacognano (NA), per confrontarsi sul tema la parrocchia vincenziana in Europa. Si è convenuto che in una parrocchia affidata ai missionari di san Vincenzo, la pastorale deve essere incentrata sulla collaborazione dei vari rami della Famiglia vincenziana, di cui i missionari sono i naturali animatori e promotori, al fine di porre i poveri – nostri signori e padroni – al centro della comunità. Il tutto inserito nel piano pastorale diocesano.
Quando queste linnee sono disattese perché un movimento integralista ha preso in mano la situazione, significa che i preti della Missione hanno rinunciato a vivere il loro carisma, o per paura o per appartenenza al movimento.
Mi chiedo che cosa ci facciano ancora nelle comunità religiose e nelle diocesi, persone simili. I movimenti integralisti hanno il loro clero, le loro istituzioni, i loro seminari, perché non si ritirano dalle comunità ed emigrano nei loro movimenti? Che senso ha avere un piede in due staffe? Così lascerebbero vivere in pace coloro che desiderano essere soltanto della loro congregazione, senza surrogati…..
Inoltre, religiosi “annacquati”, in genere, cercano all’interno delle loro comunità, di “ficcarsi” dappertutto e di costringere i confratelli o le consorelle, ad adottare lo “spirito” del movimento. In questo modo, la congregazione muore per mancanza d’ossigeno…
Il grottesco avviene quando questi religiosi “annacquati” sostengono che il movimento li ha aiutati a vivere il carisma della loro congregazione, mentre invece li ha sempre di più allontanati perché, nelle loro scelte, è chiaro che fanno solo gli interessi del movimento.
All’interno della congregazione creano divisione e sospetto. Se, per disgrazia, sono al governo di questa la situazione diventa molto critica, perché è come se a dirigere un convento di cappuccini, ci fosse un monaco benedettino, che cerchi di far vivere ai cappuccini la regola di san Benedetto. Questo è un problema che, a suo tempo aveva affrontato san Francesco di Sales nella Filotea, quando chiedeva a Filotea, interlocutrice immaginaria, che, qual’ora capitasse che il vescovo volesse vivere da certosino e viceversa, questo sarebbe tradire la propria vocazione (=“devozione”).
Il santo vescovo di Ginevra aveva colto questo problema: ogni persona deve seguire la propria vocazione, non si può avere la moglie e l’amante, se vogliamo seguire il vangelo.
Le diocesi, gli Ordini, le Congregazioni e le Società di vita apostolica, che soffrono per la presenza al loro interno della presenza di “annacquati”, se hanno paura di risolvere il problema, moriranno, mentre se coraggiosamente lo affronteranno, potranno rinascere alla luce dello Spirito Santo autore del Concilio Vaticano II.
I movimenti ecclesiali dell’integralismo cattolico remano contro il Concilio, cammuffandosi come istituzioni obbedienti al Papa e al magistero ordinario e spesso imbrogliando i cristiani, facendo loro credere che ogni documento papale sia magistero infallibile (= ex chatedra).
Certo, chi rema contro il Concilio, rema contro lo Spirito Santo e sicuramente perderà la guerra, ma è bene non renderci complici di battaglie vinte a favore dei movimenti integralisti.
Auguri per la fine dell’Anno Liturgico 2008/2009.
P. Giorgio Bontempi C.M.
0 commenti