Con san Vincenzo ha fatto scuola nell’avviare un nuovo modo di fare “carità”. Anche a Lei dedicato il prossimo anno nel 350° anniversario della morte.
di P. Bergesio
Sul letto di morte, Luisa de Marillac chiese di poter vedere un’ultima volta colui che
per tanti anni l’aveva guidata: Vincenzo De Paoli. Ma egli le mandò a dire soltanto
queste parole: “Madamigella, voi partite prima di me; se Dio perdona i miei peccati,
spero di raggiungervi presto in cielo”. Era il 15 marzo del 1660. San Vincenzo morirà sei mesi dopo, il 27 settembre. Per questo il 2010 non sarà soltanto l’anno di san Vincenzo, ma anche necessariamente l’anno di santa Luisa per tutta la nostra Famiglia. Per comprendere il carisma di Luisa occorre fissare alcuni punti.
L’INCONTRO CON SAN VINCENZO
È stato determinante per la sua vita spirituale e la sua vocazione. Condotta per mano da lui, a poco a poco Luisa si trasforma in una creatura nuova. Rimuove la figura della nobildonna parigina e assume quella di serva dei poveri. Esce da una casa trasformata in monastero di preghiere e di penitenze e realizza l’invito scioccante del suo Direttore: “Andate dunque, andate nel nome di Dio a incontrare i suoi poveri. Io prego la sua divina bontà che vi accompagni, che sia il vostro sollievo nel cammino, ombra contro l’ardore del sole, riparo dalla pioggia e dal freddo, riposo nella stanchezza, forza nel vostro lavoro, e che vi conduca infine a casa in perfetta salute e piena di opere buone”. E santa Luisa andò. Per dieci anni non fece che viaggiare: a piedi, a cavallo o in barca, per visitare tutte le compagnie della carità e incontrare i poveri. San Vincenzo che aveva faticato a farle intraprendere la vita attiva, le doveva raccomandare ora la moderazione: “Non vogliate far troppo! Abbiate cura della vostra salute per amore di Nostro Signore e dei suoi poveri”. Non fu un incontro facile quello tra i due santi: Vincenzo e Luisa erano come due poli opposti per origine sociale, carattere, mentalità…
Il giorno di Pentecoste del 1623, che ha segnato la svolta della sua vita, Luisa ebbe durante la Messa una improvvisa illuminazione: “fui assicurata che dovevo stare tranquilla riguardo al mio Direttore e che Dio me ne avrebbe dato uno, che Egli mi
fece vedere, mi sembra, e ne provai ripugnanza ad accettarlo: però acconsentii, anche per il fatto che non dovevo ancora eseguire tale cambiamento”.
Ma quando, dopo circa due anni, lo incontrò, scattò la grazia di Dio, e aldilà delle reciproche resistenze nacque un grande amore. È una linea carismatica, importante da tener presente anche ai nostri giorni: il Regno di Dio non passa attraverso simpatie e omogeneità. Al contrario, risplende maggiormente nelle diversità e nella
pluralità. Occorre cercare la sintonia nelle categorie dello Spirito, non nelle categorie umane.
VITA RELIGIOSA ALLO SBARAGLIO
San Vincenzo e santa Luisa non hanno inventato la carità nelle comunità religiose, perchè essa ha accompagnato tutta la storia della vita cristiana e religiosa. Anche nelle comunità monastiche, nei monasteri benedettini si servivano i poveri: tuttavia non si trattava di comunità di servizio, bensì di comunità che vivevano come i poveri e con i poveri. Ai tempi di san Vincenzo e santa Luisa erano forme di povertà… di vivere una nuova forma di vita religiosa fuori dal grande utero protettivo del monastero. fiorite numerose comunità che si dedicavano a far del bene, specialmente nel campo dell’istruzione: tuttavia il loro servizio lo realizzavano all’interno della struttura… La novità delle Figlie della Carità è di andare dappertutto… di interessarsi di tutte le È una rivoluzione! Non soltanto perchè nasce
nella Chiesa qualcosa di nuovo, non ancora previsto dal Diritto Canonico… Ma perchè una comunità di questo genere esige fiducia nella donna (mentre la clausura può essere segno di sfiducia); e la convinzione di potersi santificare nel mondo, di lasciare Dio per Dio quando si lascia il convento per andare dai poveri. La chiesa parrocchiale che sostituisce quella del monastero è segno di una concezione
nuova di chiesa, che vuole essere soprattutto di presenza e d’incarnazione.
Luisa e Vincenzo ci insegnano a ricercare anche oggi vie nuove che vadano incontro alle esigenze e alle sensibilità diverse della gente, specialmente dei giovani. La crisi delle vocazioni è legata pure a certi nostri ritardi nel capire e nel cambiare…
LA CARITÀ DEL CUORE
Aldilà dell’assistenza, Luisa cerca due cose:
1) la promozione del povero mediante l’istruzione e il lavoro;
2) la faccia del povero.
Luisa sa che un uomo può diventare persona solo se è amato. Per questo cerca la faccia del povero, il rapporto personale con lui. Pur fornendo prova di efficienza e di grande capacità organizzativa, Luisa vuole il “cuore a cuore” coi poveri, perchè
ha imparato – alla scuola di san Vincenzo – che soltanto con l’amore ci si può far perdonare ciò che si fa per loro. Lezione estremamente importante per tutti gli
operatori di carità, che privilegiano talvolta l’organizzazione e l’efficientismo sulla persona. Gesù non è venuto a portare delle cose, ma a stanare l’uomo dalla sua solitudine ed estraneità, e ad offrirgli la sua vita. Così dovrebbero sempre operare i suoi discepoli.
LA SPIRITUALITÀ DI LUISA
Anche in questo campo Luisa ci stupisce per la novità, l’attualità, l’essenzialità. La sua non è mai una spiritualità devozionistica, ma costantemente riferita al dogma trinitario, cristologico e mariologico. Al centro della sua preghiera e della sua riflessione sta il mistero del Dio uno e trino. La comunione tra le tre Persone Divine deve essere il grande modello dei rapporti di carità fraterna e di condivisione
tra tutti i membri della Comunità: “Ho chiesto a Dio – dice – d’essere Lui e Lui solo il dolce e forte vincolo dei cuori di tutte le sorelle della Compagnia, perché onorino così l’unione delle tre Divine Persone”. Partendo dal mistero trinitario, l’attenzione e la riflessione di Luisa si concentravano in particolare sull’incarnazione del Verbo. L’umanità, la persona umana di Gesù, la sua vita su questa terra erano
costantemente presenti agli occhi di Luisa: “Aderire all’umanità santissima di Cristo, questo è quanto mi prefiggo; e con la sua grazia voglio prendere questa perfetta umanità come unico modello della mia vita”.
Dove la spiritualità di santa Luisa assume una caratteristica tutta particolare – e anche originale rispetto agli altri santi di questo periodo – è nella
devozione alla terza Persona della SS. Trinità: Lo Spirito Santo.
Ogni giorno, prima di ricevere l’Eucaristia, invocava lo Spirito Santo con una preghiera da lei stessa composta: “Santissimo Spirito, amore del Padre
e del Figlio, venite a purificare e abbellire l’anima mia, affinché sia gradita al mio Salvatore e io lo riceva per la sua gloria e per la mia salvezza”. Secondo lei tutta la realizzazione della vita cristiana dipende dalla disponibilità o meno in cui ci
si pone di fronte all’azione dello Spirito e dei suoi doni: soprattutto la fedeltà alla Volontà di Dio che ella sentiva come guida della sua storia personale, della sua comunità e del mondo intero. Veramente, come Vincenzo de Paoli, una santa di ieri per il presente della Famiglia Vincenziana!
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