Cara redazione, sono finita in carcere per la prima (ed unica) volta a quarantacinque anni perché mio fratello mi ha coinvolto in una storia di riciclaggio di denaro. Inutile dire che non sapevo da dove venivano quei soldi però potevo immaginarlo ed ho accettato lo stesso, senza fare domande.
Mi sono limitata a dire di sì, come ho fatto quasi sempre nella mia vita. Io e mio marito abbiamo un banco al mercato e quando ero in libertà mi alzavo alle quattro di mattina. Il pomeriggio invece mi dedicavo alla casa e ai miei figli che quando sono stata arrestata avevano dagli undici ai sedici anni. In carcere ho cercato come ho potuto di ingannare il tempo pensando che la mia vita sarebbe tornata ad avere un senso solo con il mio ritorno a casa.
A poco a poco mi sono adattata: oggi lavoro in cucina, frequento un corso di teatro, ho imparato a usare il computer e sono molto legata alla mia compagna di cella. Sabato scorso, dopo quattro anni, ho finalmente avuto un permesso di due giorni agli arresti domiciliari. All’inizio tutto è stato come un sogno: il pranzo pronto, i parenti venuti a trovarmi, i regali.
Ma poi i miei figli sono usciti, mio marito si è messo a guardare la partita, a letto mi ha ignorato e la mattina dopo è andato a lavorare al banco (dove ora lo aiuta una ragazza straniera). Io sono restata a casa sola, tra piatti e panni da lavare, cibi da cucinare e congelare per nutrire marito e figli fino al mio fine pena. Ho mollato tutto e sono tornata in taxi in carcere, tre ore prima del rientro, contenta di ritrovare la mia stanza e Martina, sconvolta dall’avere capito quanto sono cambiata, ma anche da una domanda: quante possibilità ha di cambiare vita una donna a cinquant’anni e pure” pregiudicata”?
Michela
Fonte: www.innocentievasioni.net, 20 ottobre 2009
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