Commento al Vangelo della XXXIII domenica del tempo ordinario (Anno A) – di P. Erminio Antonello

da | Nov 18, 2017 | Per la meditazione | 0 commenti

Costruttori di storia nella quotidianità

PRIMA LETTURA (Pr 31,10-13.19-20.30-31)

Dal libro dei Proverbi

Una donna forte chi potrà trovarla?
Ben superiore alle perle è il suo valore.
In lei confida il cuore del marito
e non verrà a mancargli il profitto.
Gli dà felicità e non dispiacere
per tutti i giorni della sua vita.
Si procura lana e lino
e li lavora volentieri con le mani.
Stende la sua mano alla conocchia
e le sue dita tengono il fuso.
Apre le sue palme al misero,
stende la mano al povero.
Illusorio è il fascino e fugace la bellezza,
ma la donna che teme Dio è da lodare.
Siatele riconoscenti per il frutto delle sue mani
e le sue opere la lodino alle porte della città.

SALMO RESPONSORIALE (Sal 127)

Rit: Beato chi teme il Signore.

Beato chi teme il Signore
e cammina nelle sue vie.
Della fatica delle tue mani ti nutrirai,
sarai felice e avrai ogni bene.

La tua sposa come vite feconda
nell’intimità della tua casa;
i tuoi figli come virgulti d’ulivo
intorno alla tua mensa.

Ecco com’è benedetto
l’uomo che teme il Signore.
Ti benedica il Signore da Sion.
Possa tu vedere il bene di Gerusalemme
tutti i giorni della tua vita!

SECONDA LETTURA (1Ts 5,1-6)

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicési

Riguardo ai tempi e ai momenti, fratelli, non avete bisogno che ve ne scriva; infatti sapete bene che il giorno del Signore verrà come un ladro di notte. E quando la gente dirà: «C’è pace e sicurezza!», allora d’improvviso la rovina li colpirà, come le doglie una donna incinta; e non potranno sfuggire.
Ma voi, fratelli, non siete nelle tenebre, cosicché quel giorno possa sorprendervi come un ladro. Infatti siete tutti figli della luce e figli del giorno; noi non apparteniamo alla notte, né alle tenebre.
Non dormiamo dunque come gli altri, ma vigiliamo e siamo sobri.

Canto al Vangelo (Gv 15,4.5)
Alleluia, alleluia.
Rimanete in me e io in voi, dice il Signore,
chi rimane in me porta molto frutto.
Alleluia.

VANGELO (Mt 25,14-30)

+ Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola:
«Avverrà come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì.
Subito colui che aveva ricevuto cinque talenti andò a impiegarli, e ne guadagnò altri cinque. Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone.
Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro.
Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri cinque, dicendo: “Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”.
Si presentò poi colui che aveva ricevuto due talenti e disse: “Signore, mi hai consegnato due talenti; ecco, ne ho guadagnati altri due”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”.
Si presentò infine anche colui che aveva ricevuto un solo talento e disse: “Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso. Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra: ecco ciò che è tuo”.
Il padrone gli rispose: “Servo malvagio e pigro, tu sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse. Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. Perché a chiunque ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha, verrà tolto anche quello che ha. E il servo inutile gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”».

Commento

Tra i primi credenti di Tessalonica si era scatenata la febbre apocalittica del ritorno immediato di Gesù. Lo aspettavano. Qualcuno addirittura cominciava a non occuparsi più dei propri impegni quotidiani, perché, se era prossima la fine, che senso poteva avere impegnarsi in questo mondo? San Paolo allora li corregge e porta tra loro il giusto equilibrio dell’attesa: “Noi non siamo nelle tenebre. Quel giorno non ci sorprenderà come un ladro”. Insomma, noi credenti siamo vigili e non addormentati. Sappiamo che il Signore verrà e lo attendiamo, anche se verrà quando Lui vorrà. La sua venuta non spetta a noi deciderla. Però nel frattempo non possiamo sospendere l’attività quotidiana.

Nel nostro tempo avviene il contrario: abbiamo dissolto ogni forma di attesa dell’incontro con il Signore. Ci siamo talmente immersi nel nostro mondo che esso assorbe tutte le nostre energie senza più alcuna attesa di Lui. E’ un brutto segno: perché senza l’attesa dell’abbraccio con Colui che è il senso che riempie ogni cosa, anche il presente si appiattisce. L’invito della Liturgia allora è: “Non dormiamo come gli altri, ma vigiliamo” e manteniamo quest’attesa nella sobrietà, senza cioè aspettarci chissà che cosa, poiché il Signore è da riconoscere già nel presente e nelle piccole cose di ogni giorno, secondo la figura di una mamma di famiglia che si prende cura delle cose elementari della vita quotidiana.

L’insegnamento di Gesù nel Vangelo va in questa direzione e risuona come forte invito a far fruttare i doni con cui siamo stati immessi nella creazione. Ciascuno nella nascita ha ricevuto qualcosa che è “suo”, soltanto suo: può essere anche poco, ma quel poco ha senso, se fruttifica e costruisce storia. Ritirarci nella pigrizia è distruttivo di noi stessi. E tuttavia, per non disperdersi in una molteplicità di attività che alla fine lasciano l’amaro in bocca, siamo chiamati a costruire la storia sapendo che ha un futuro. Lui verrà, anzi già viene come nostro compagno nel costruire la storia. “Stare vicino a Dio – recita l’antifona alla Comunione – è il mio bene!”. E’ proprio così: possiamo costruire storia stando vicino al Signore.

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