Ventitreesima domenica del Tempo Ordinario C Di p. Giorgio Bontempi c.m.

da | Set 4, 2016 | La Parola per la Chiesa | 0 commenti

Sapienza 9,13-18;
Salmo 89;
Filemone 1,9-10.12-17;
Luca 14,25-33

Lectio

Il Vangelo offre un panorama della vita cristiana. Infatti colui che, dopo aver celebrato il proprio battesimo, segue il Signore, questi dovrà regolare le scelte della propria vita secondo il Vangelo: il rapporto con le persone e con le cose.
In questo consiste la vera sapienza, di cui parla il brano tratto dal libro del Siracide, che ci è proposto come prima lettura.
Nella lettera a Filemone, invece, si nota come l’autore, inviti Filemone – cristiano – a riprendere Onesimo, che era suo schiavo ed era fuggito, come un fratello, secondo la logica del Vangelo e non della legge romana, che condannava a morte lo schiavo che veniva catturato dopo che era fuggito.
Notiamo anche come il cristianesimo abbia agito con cautela, riguardo alla schiavitù, ma l’abbia debellata con il tempo, quando la cultura dell’Impero romano divenne cristiana.

Meditatio

Ogni cristiano, in virtù del proprio battesimo e non della propria vocazione, si è impegnato con Cristo a vivere il Vangelo. Affermo questo perché constato come ci siano ancora persone che credono che il Vangelo e specialmente alcune sue parti, siano state redatte esclusivamente per i monaci, i frati, i preti, le monache e le suore.
Invece, quando furono redatti i quattro vangeli – tra il 65 e l’90 d.C. – queste categorie non esistevano ancora all’interno della Chiesa, ma c’erano soltanto la figura dell’apostolo e forse quella del diacono. Solo nel secolo seguente, il secondo secolo, il sacramento dell’Ordine si svilupperà come oggi lo conosciamo, in tre gradi, rispettivamente: diacono, prete, vescovo.
Quindi la sequela al Vangelo è propria dell’essere cristiani e non del l’aver ricevuto il sacramento dell’Ordine o di essere stati chiamati alla vita comunitaria, quella che impropriamente, ma abitualmente viene detta “vita consacrata”, perché di consacrazione ce n’è una sola: quella battesimale. A questo proposito è bene leggere la lettera agli Ebrei!
Allora, ciascuno, nella Chiesa, si è impegnato con Cristo, in virtù del proprio battesimo e per questo che ogni cristiano deve amare sopra ogni cosa il Signore Gesù prima con i fatti e poi con le parole. Con i fatti: in ogni persona c’è il Risorto presente. Così s’incontra il Signore, si fa l’esperienza che il Risorto vive. Questo è fondamentale nella vita cristiana, perché colui che ha incontrato il Risorto si espone, mette la sua faccia in difesa degli ultimi, di coloro che, siccome non contano, subiscono ogni genere di angherie. Invece chi non ha incontrato il Risorto rimane allo stadio della teoria, ha paura, non si esporrà mai perché teme di perdere qualcosa: la stima, il posto. Ha paura di gettare via la sua vita, ha paura della croce, ha paura dell’ultimo posto e quindi non è sicuro che la vita non è tolta, ma trasformata…..tutto questo lo nasconderà sotto i termini: bisogna essere prudenti, bisogna saper misurare le parole, bisogna aver carità ecc…tutti discorsi inutili, perché nei fatti noteremo che questi fratelli non onoreranno mai il Cristo negli ultimi ma….prenderanno generalmente le difese dei primi. Preghiamo il Signore perché ci faccia trovare i veri maestri che ci indichino come percorrere la via stretta del Vangelo, per fermarci sempre, costi quel che costi, sulla via che da Gerusalemme va a Gerico, per soccorrere chiunque soffra.

Buona domenica.

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