Ventiquattresima domenica del Tempo Ordinario C Di p. Giorgio Bontempi c.m.

da | Set 8, 2016 | La Parola per la Chiesa | 0 commenti

Esodo 32,7-11.13-14;
Salmo 50;
1Timoteo 1,12-17;
Luca 15,1-32

Lectio

Mosè è l’immagine di Cristo che intercede per il suo popolo. Infatti, Israele fatica a seguire la volontà di Dio lungo il cammino che lo porterà alla terra promessa. Questo perché Israele doveva adorare un Dio che non si poteva rappresentare, mentre gli altri popoli avevano divinità che raffiguravano animali (il bue Api, per gli Egiziani) oppure gli dei dell’Olimpo per il Greci che si raffiguravano in persone umane. Inoltre, dover seguire il volere di un Dio che chiede agli ebrei fiducia, ma li fa vivere nell’insicurezza: in Egitto essi erano schiavi, ma non dovevano pensare al cibo, perché questo gli era elargito da Faraone; non dovevano pensare, ma soltanto lavorare. Essi non erano più avvezzi a pensare, ma a ripetere quello che tutti fanno e a dire quello che tutti dicono.
Ecco il contesto in cui va compreso il brano tratto dal libro dell’Esodo.

Ora, mentre nel racconto della vicenda d’Israele nel deserto è Mosè ad intercedere per il popolo affinché Dio muti la sua intenzione di sterminarlo nel deserto, nel vangelo scopriamo che quel Dio, che era stato dipinto dall’autore dell’Esodo non corrisponde all’immagine che emerge dalla predicazione di Gesù di Nazareth.
Infatti, Gesù mostra un Dio Padre che va a cercare colui che ha sbagliato e, quando lo trova non si vendica, ma lo conduce con amore nella sua casa.
Inoltre, il vangelo di questa domenica presenta la parabola del Padre misericordioso, in cui egli cerca di far comprendere ai figli il grande amore che ha per loro.
Il figlio minore capisce quanto sia amato dal Padre perché, ha fatto esperienza del male ed ha avuto il coraggio di chiedere pubblicamente perdono.
Il figlio maggiore, invece, non chiede perdono perché non si sente peccatore: ha sempre ragione, perché ha sempre compiuto il proprio dovere e quindi ritiene di dover essere duro con il figlio del Padre e con tutti coloro che sbagliano. Non si sente amato dal Padre.

Meditatio

Questa domenica ci vengono proposti due temi di meditazione: uno nella prima lettura e un altro nel vangelo.
Quello propostoci dalla prima lettura, porta il cristiano a riflettere: nella vita non dobbiamo adagiarci sul si è sempre fatto così, oppure su ciò che mi conviene di più, ma è necessario fare ogni giorno il cammino per cogliere quale sia la volontà del Padre. Si tratta di un cammino impegnativo, perché alle volte può essere molto rischioso……ma il cristiano dev’essere una persona coraggiosa, altrimenti è sale che non sala….
Il cristiano dev’essere una persona che riflette, perché lo Spirito, la storia della Chiesa lo insegna, spesso e volentieri si manifesta negli ultimi, negli umili (la vita di Gesù di Nazareth lo dimostra. Chi avrebbe mai detto, al tempo di Gesù, che egli fosse il Messia atteso? Il sapere comune diceva: da Nazareth non può venire nulla di buono!) Guai a noi se si procede per schemi fissi. Una persona umile non si deve intendere, come remissiva, senza il coraggio di esprimersi e di prendere le difese di coloro che non hanno voce. L’umile è proprio il contrario di questo tipo di persona. L’umile è colui che attribuisce tutto il bene che compie allo Spirito Santo. Troppe volte noi cristiani abbiamo coperto la nostra vigliaccheria con una falsa umiltà.
Il figlio minore della parabola riflette per necessità, ma riflette. Anche lui non aveva capito quale fosse la vera identità del Padre. Però si era reso conto del male che aveva commesso e chiese perdono. Il Padre avrebbe potuto comportarsi da duro: scaricare tutta la sua rabbia e la sua delusione, per quello che aveva fatto il figlio, che sicuramente aveva toccato anche l’onore della famiglia, e comminarli una severissima punizione e invece……..
Al Padre tutte queste cose non interessano. Egli gioisce perché il figlio si è reso conto del male compiuto ed ha chiesto perdono.
L’altro? L’altro pensa di aver compiuto sempre il proprio dovere, di essere stato sempre il migliore, per questo non accetta di essere messo in discussione, non accetta di sentirsi dire che potrebbe anche avere sbagliato e vomita la sua rabbia e, implicitamente, offende il Padre accusandolo di essere ingiusto. È il cristiano  osservante delle leggi, ma duro di cuore con gli altri, senza misericordia, che non si sente amato da Dio. Ma Dio ama anche lui di amore profondo.

Buona domenica.

Prima lettura
Es 32,7-11.13-14

Dal libro dell’Esodo
In quei giorni, il Signore disse a Mosè: «Va’, scendi, perché il tuo popolo, che hai fatto uscire dalla terra d’Egitto, si è pervertito. Non hanno tardato ad allontanarsi dalla via che io avevo loro indicato! Si sono fatti un vitello di metallo fuso, poi gli si sono prostrati dinanzi, gli hanno offerto sacrifici e hanno detto: “Ecco il tuo Dio, Israele, colui che ti ha fatto uscire dalla terra d’Egitto”».
Il Signore disse inoltre a Mosè: «Ho osservato questo popolo: ecco, è un popolo dalla dura cervìce. Ora lascia che la mia ira si accenda contro di loro e li divori. Di te invece farò una grande nazione».
Mosè allora supplicò il Signore, suo Dio, e disse: «Perché, Signore, si accenderà la tua ira contro il tuo popolo, che hai fatto uscire dalla terra d’Egitto con grande forza e con mano potente? Ricòrdati di Abramo, di Isacco, di Israele, tuoi servi, ai quali hai giurato per te stesso e hai detto: “Renderò la vostra posterità numerosa come le stelle del cielo, e tutta questa terra, di cui ho parlato, la darò ai tuoi discendenti e la possederanno per sempre”».
Il Signore si pentì del male che aveva minacciato di fare al suo popolo.

Salmo responsoriale
Sal 50

R.: Ricordati di me, Signore, nel tuo amore.

Pietà di me, o Dio, nel tuo amore;
nella tua grande misericordia
cancella la mia iniquità.
Lavami tutto dalla mia colpa,
dal mio peccato rendimi puro.

Crea in me, o Dio, un cuore puro,
rinnova in me uno spirito saldo.
Non scacciarmi dalla tua presenza
e non privarmi del tuo santo spirito.

Signore, apri le mie labbra
e la mia bocca proclami la tua lode.
Uno spirito contrito è sacrificio a Dio;
un cuore contrito e affranto tu, o Dio, non disprezzi.

Seconda lettura
1Tm 1,12-17

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo a Timòteo
Figlio mio, rendo grazie a colui che mi ha reso forte, Cristo Gesù Signore nostro, perché mi ha giudicato degno di fiducia mettendo al suo servizio me, che prima ero un bestemmiatore, un persecutore e un violento. Ma mi è stata usata misericordia, perché agivo per ignoranza, lontano dalla fede, e così la grazia del Signore nostro ha sovrabbondato insieme alla fede e alla carità che è in Cristo Gesù.
Questa parola è degna di fede e di essere accolta da tutti: Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori, il primo dei quali sono io. Ma appunto per questo ho ottenuto misericordia, perché Cristo Gesù ha voluto in me, per primo, dimostrare tutta quanta la sua magnanimità, e io fossi di esempio a quelli che avrebbero creduto in lui per avere la vita eterna.
Al Re dei secoli, incorruttibile, invisibile e unico Dio, onore e gloria nei secoli dei secoli. Amen.

Vangelo
Lc 15,1-32

Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro».
Ed egli disse loro questa parabola: «Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, va a casa, chiama gli amici e i vicini e dice loro: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta”. Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione.
Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto”. Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte».
Disse ancora: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre.
Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa.
Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».

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